Un altro anno di Formula 2 è andato in archivio. Il primo per molti, l’ultimo per altrettanti. Un anno pieno di emozioni contrastanti, lacrime di gioia e lacrime di dolore. Un anno che vorremmo chiudere con un pensiero ad Anthoine Hubert.
Ventiquattro gare, dodici Paesi, venti piloti, un vincitore. Andiamo dunque a dare i voti ai protagonisti del campionato. Per ottenere un giudizio il più possibile oggettivo, verranno presi in esame solo i piloti che hanno preso parte alla maggior parte della stagione con, alla sinistra del nome, la posizione finale in campionato.
1- NYCK DE VRIES: 10. Chiudendo un occhio sull’ultimo anonimo appuntamento di Abu Dhabi, l’Olandese è riuscito a porre rimedio al tallone d’achille che lo perseguitava sin dai tempi della GP3: la costanza. Sempre veloce, ora anche lontano dai numerosi errori del passato. Nel 2019 abbiamo assistito alla forgiatura di De Vries come pilota completo e la vittoria iridata funge da controprova. Si ritrova sfortunatamente campione in un anno in cui i sedili in Formula 1 risultano stagnanti, perdendo così il proprio treno e dirigendosi verso la categoria elettrica. Peccato, perché in F1 non avrebbe affatto sfigurato.
2- NICHOLAS LATIFI: 8. Finalmente anche il Canadese riesce a mettere in piedi una stagione solida. Dopo un avvio di campionato al fulmicotone perde un po’ la verve in corso d’opera, permettendo così a De Vries di rientrare, superarlo e allungare in ottica iridata. Latifi comunque è quasi sempre presente nelle posizioni che contano, garantendosi così il secondo posto in campionato e i punti della superlicenza necessari per fare il grande salto in Formula 1.
3- LUCA GHIOTTO: 7,5. In quello che doveva essere il suo anno, si vede costretto ad ‘accontentarsi’ del terzo posto iridato. In pista si presenta sempre tra i più veloci, se non proprio il più veloce, ma i weekend sono fin troppo spesso avari di risultati. Oggettive ed innumerevoli sfortune lo privano dello slancio di inizio campionato facendogli perdere di vista De Vries, ma errori come quelli di Baku e Monza pesano -anche mentalmente- come macigni. Quando è in giornata non lo si fermerebbe neanche con un cacciatorpediniere, ma al contempo soffre troppo i periodi negativi, come da lui stesso ammesso. Ora l’importante sarà fare bene in GT, per proseguire una carriera con ancora mille e più porte aperte davanti.
4- SERGIO SETTE CAMARA: 7. Discorso simile a quello affrontato per Latifi, Camara si ritrova per la maggior parte della stagione a portare a casa punti importanti ma senza brillare particolarmente. Ne sono una riprova gli otto podi conquistati nei quali ‘solo’ per due volte è salito sul gradino più alto. Dal pilota ‘velocissimo ma imprevedibile’ che era al debutto in categoria nel 2017, Camara quest’anno si è trasformato in ‘veloce e costante’. Ma ancora non basta. Si parla di Indycar per lui, un ulteriore ottimo banco di prova per il giovane Brasiliano.
5- JACK AITKEN: 6,5. Alterna alcuni weekend di altissimo livello con troppe prestazioni a dir poco anonime. Aitken prende egregiamente il via alla stagione, tanto da poter essere, al tempo, annoverabile tra i contendenti al titolo. A causa anche di una Campos indecifrabile, termina il campionato in quinta posizione, con Matsushita e Zhou, non lontani alle proprie spalle.
6- NOBUHARU MATSUSHITA: 5,5. Viene spontaneo chiedersi se la vera Carlin fosse il top team nelle mani di Lando Norris e Sergio Sette Camara la passata stagione, o una squadra di fascia media come apparso quest’anno. La verità sta probabilmente nel mezzo, ma due vittorie e altri tre podi non soddisfano completamente quando si ha in esame un pilota con l’esperienza di Matsushita.
7- GUANYU ZHOU: 8. Una pole e cinque terzi posti: la stagione d’esordio del giovane pilota cinese convince assai. Quasi mai il più veloce in pista, ma incredibilmente costante per essere un debuttante. Non sbaglia mai e viene ripagato con 139 punti iridati. Primo nella classifica rookie, Zhou sarà uno di quelli da tenere d’occhio nei prossimi anni -anche visti i possibili investimenti cinesi.
8- LOUIS DELETRAZ: 5. Solo tre podi in saccoccia per il secondo alfiere Carlin. Nulla di particolare messo in mostra, anzi verosimilmente un passo indietro rispetto alla discreta stagione 2018.
9- JORDAN KING: 5,5. Stagione complicata da valutare quella del pilota inglese: avendo come riferimento interno al box Mahaveer Raghunathan le effettive potenzialità della macchina risultano difficilmente decifrabili. King trascorre la maggior parte dell’anno a bazzicare nelle ultime posizioni valevoli punti, prima di avere una flessione negativa nell’ultima parte di campionato.
10- ANTHOINE HUBERT: 9,5. E non per smancerie o tributi alla giovane vita spezzata tra i cordoli di Spa, ma un voto oggettivo e sincero, alla luce dei risultati che il pilota francese stava portando in pista. Senza ombra di dubbio il miglior rookie dell’anno, Hubert spinge per ben due volte sul gradino più alto del podio una Arden tutt’altro che competitiva. Fin da subito non commette mai errori pur viaggiando con ritmi impressionanti, tanto che termina comunque il campionato nella top 10; il tutto ricordando nuovamente che era alla stagione d’esordio. Oltre ad una grande persona, il motorsport ha perso anche un talento cristallino.
11- CALLUM ILOTT: 6,5. L’Inglese del Sauber Jr Team chiude il ‘podio esordienti’, in una stagione convincente, ma fino ad un certo punto. Ilott porta spesso in pista una grande velocità, ma la lettura delle gomme è ancora materia oscura per lui. Volendo spezzare una lancia a suo favore si può citare un altro rookie che ha avuto anche la possibilità di prendere parte ai test in F1. Sto parlando di Mick Schumacher che in Germania ai nostri microfoni dichiarava: “le Pirelli in Formula 2 sono addirittura più complicate da interpretare rispetto a quelle in Formula 1”.
12- MICK SCHUMACHER: 6. Spogliandoci dei pregiudizi che troppi fan avevano ad inizio stagione, l’anno di debutto del giovane Tedesco è un po’… insipido. Esclusi gli appuntamenti di Austria e Ungheria, in cui Mick si era imposto tra i più veloci del lotto, la sua stagione risulta anonima. Considerando che il tempo gli è amico non se ne deve fare un dramma, ma anche in questo caso vale la stessa domanda rivolta a Carlin: la Prema è quella che De Vries ha issato fino al quarto posto nel 2018 o quella altalenante vista in pista quest’anno? Ai posteri l’ardua sentenza.
13- JUAN MANUEL CORREA: 5. Senza indorare la pillola -cosa che ritengo ancor di più mancanza di rispetto nei suoi confronti- Correa nella prima metà di stagione riesce a conquistare punti in quattro sole occasioni, due delle quali però sono secondi posti. Un voto molto difficile quindi da attribuire considerando tutti gli ‘zeri’ appuntati sul suo tabellone, ma con la speranza che il giovane Americano (che mentalmente si è dimostrato sovrumano nell’affrontare la disgrazia) si ripresenti in pista il prima possibile e mi costringa a farmi rimangiare il voto.
15- GIULIANO ALESI: 5,5. Essere rookie sulla vettura meno performante del lotto è estremamente complicato, ma per i primi trequarti di stagione Alesi non riesce a dimostrare nulla, con un solo punto conquistato in 16 gare. Negli ultimi tre appuntamenti Giuliano invece trova più velocità, portando a casa cinque piazzamenti a punti in sei gare. Da qui la quasi sufficienza del voto, che serva da sprono per l’anno a venire.
17- SEAN GELAEL: 4. Come ogni anno, anche nel 2019 l’Indonesiano corre senza pretese e viene annichilito dal compagno di squadra. Qualche sporadico posizionamento a punti qua e là, ma nulla che significhi ‘riscatto’ dopo tante stagioni assolutamente trascurabili.
18- NIKITA MAZEPIN: 3. Il debuttante russo assiste inerme al compagno di scuderia che domina il campionato. Dal suo lato del box, invece, poco o nulla. A più riprese addirittura scorretto in pista, Mazepin non riesce decisamente a riconfermare la discreta stagione in GP3 del 2018.
19- RALPH BOSCHUNG: 4. Un voto in più rispetto ai punti conquistati nel corso della stagione. Il pilota elvetico prende il via a sedici gare senza mai concludere oltre il nono posto. Trident, lo ripetiamo, è ben distante dall’essere competitiva ma Boschung sembra non riuscire a metterci mai una toppa.
20- MAHAVEER RAGHUNATHAN: 1. Come il punto conquistato a Monza. Il momento che tutti aspettavate è arrivato, ma non sarò goliardico a valutare l’Indiano. Senza ombra di dubbio il peggior pilota che abbia mai impugnato il volante di una Formula 2, Raghunathan comincia la stagione pagano fino a sette secondi al giro dal colleghi, per terminare mediamente a tre e mezzo. Mezzo pieno -forse- il bicchiere, ma di sicuro bucato sul fondo. La colpa più grande tuttavia è il suo ‘mandare tutto in caciara’: resosi conto di non riuscire a tenere il passo degli altri nemmeno per un giro, Raghunathan comincia a prendere il tutto come un gioco tagliando curve, passando due volte sotto la bandiera a scacchi, non rispettando le procedure FIA fino a rovinare persino le gare di alcuni top driver. Questo gli costa 24 punti dalla patente, vale a dire due licenze strappate, dal momento che una contiene 12 punti. Non penso serva aggiungere altro.
22- TATIANA CALDERON: 2. Prende bene il via in Bahrain, dove resta attaccata al pacchetto di mischia, poi mai più pervenuta per l’intero anno. Lei stessa vede improbabile un ritorno in categoria per il 2020, ma sicuramente si aspettava di meglio da se stessa. Per avere una donna competitiva in griglia bisognerà probabilmente sperare nell’ingresso di Jamie Chadwick.