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La IndyCar è finita: ecco le Pagelle di fine stagione, dal 1° al 38°!





Dopo un anno pieno d’insidie e una stagione dalla classifica adrenalinica, è tempo di tirare le somme di questo 2017 a stelle e strisce. Un anno avaro di gare movimentate ma al tempo stesso capace di anticipare le grandi lotte che animeranno le corse del 2018: con molti astri nascenti in ascesa e parecchi assi scoppiettanti al tramonto, la nuova generazione di automobili ci mostrerà gare interessanti. Ma restiamo ancora un po’ sul presente e guardiamo, uno per uno, le prestazioni dei piloti che hanno corso per tutta questa stagione (o per diverse gare).

© Michael L. Levitt/LAT for Chevy Racing)
© Michael L. Levitt/LAT for Chevy Racing)

JOSEF NEWGARDEN – 9. Dopo aver passato la prima parte di stagione a nascondersi, vincere il titolo iridato è stato un colpo da maestro. Ha rovesciato la leadership di Scott Dixon grazie a una striscia di vittorie estive che lo ha eletto miglior giovane dell’anno. Dopo Detroit è diventato l’uomo da battere e non si è lasciato trarre in inganno dal colpo basso ricevuto al Glen: ha dimostrato che Roger Penske ci aveva visto giusto ed è riuscito a dare tutte le conferme che ci si aspettava da lui.

SIMON PAGENAUD – 7. I doppi punti di Sonoma gli consegnano l’alloro di vice-campione che avrebbe conquistato con difficoltà altrimenti. Il pilota francese quest’anno è apparso spento, con la parte centrale della stagione inferiore alle attese. Aveva cominciato bene, con la vittoria a Phoenix e i podi iniziali. Il 2018 si apre per lui con qualche dubbio ma rimane senz’altro una delle stelle della serie americana. Sperando che l’anno prossimo brilli più lucentemente.

SCOTT DIXON – 8. Il neozelandese stava riuscendo nell’impresa di portare un motore Honda alla vittoria. Dopo un buon avvio di stagione però paga un dazio molto pesante in estate, quando non riesce a chiudere in Top 5 nemmeno una volta tra l’Iowa e Pocono. È vero che la vettura non l’ha aiutato, ma è vero che da lui ci si aspettava un po’ di più. Perde il mondiale per poco più di 20 punti, che non doveva lasciare per strada da luglio e agosto. L’anno prossimo lo candidiamo come favorito per il titolo, grazie alla nuova generazione di vetture che chiuderà il gap tra Chevy e Honda.

HELIO CASTRONEVES – 7,5. Helio Tentenna, sempre incerto se ritirarsi o meno, gioca anche quest’anno una buona stagione e arriva a giocarsi il titolo all’ultima gara per l’ennesima volta in carriera. Anche quest’anno però non lo vince. Peccato, perché la sua costanza aveva fatto immaginare che sarebbe stato in grado di puntare a qualcosa di più della medaglia di legno in classifica generale. Anche se ormai non sembra più avere i guizzi e i lampi della gioventù.

WILL POWER – 7. L’australiano è forse la più grande delusione del Team Penske di quest’anno, anche più di Simon Pagenaud. Il #12 ha corso una stagione troppo altalenante per i suoi standard e deve urgentemente rimettersi in riga. Ha però avuto i suoi momenti d’oro, come le due vittorie (una in più di Castroneves). L’anno prossimo è chiamato al riscatto.

GRAHAM RAHAL – 8,5. Una seconda parte di stagione molto costante e la solidissima doppia vittoria a Detroit consegnano al figlio d’arte una sesta piazza in graduatoria che vale oro massiccio. Non arriva a giocarsi il titolo come gli era capitato in passato, ma conferma il suo grande talento. L’anno prossimo avrà più occasioni e sarà aiutato dalla seconda vettura che il team allineerà in griglia: in altre parole, va messo sotto una lente d’ingrandimento.

ALEXANDER ROSSI – 8. L’americano che ha corso in Marussia ha dimostrato una grande crescita quest’anno e soprattutto una costanza di risultati che promette bene. Al punto che Chip Ganassi ha provato a strapparlo ad Andretti per sostituire Chilton, ma il boss Michael ha deciso di blindargli il contratto. Ottimi segnali di miglioramento per il vincitore della 500 Indy 2016.

TAKUMA SATO – 6,5. Un buon inizio di stagione controbilanciato da una pessima seconda parte dell’anno: questa la sintesi per il pilota giapponese, che dovrà abbandonare il volante da Andretti per cederlo a Zach Veach. La vittoria alla 500 miglia sembra più un coronamento di fine carriera che il rilancio di un pilota ormai spompato.

RYAN HUNTER-REAY – 7. Stagione amarissima per il campione 2012, che però ha dimostrato di essere combattivo e di certo il più preparato del team Andretti. Se la sfortuna e le noie meccaniche non l’avessero penalizzato, di certo avrebbe potuto giocarsi qualcosa d’importante.

TONY KANAAN – 6. Il numero due del Chip Ganassi Racing quest’anno non ha fatto altro che alimentare i dubbi sul perché, tra i due brasiliani della IndyCar, dovesse essere Castroneves a ritirarsi. Incostante, pasticcione, nella seconda parte dell’anno eccessivamente invaghito dei muretti, il carioca chiude il 2017 con un bilancio pessimo (nonostante il 2° posto in Texas) e deve ritornare ai fasti di un tempo se vuole mantenere il sedile nel 2019.

MAX CHILTON – 5. L’anno scorso puntava alla vittoria e il suo compagno Dixon ha dimostrato che era possibile. Dopo anni di preparazione e una leggera curva di miglioramento a fine 2016, Chilton quest’anno ha deluso molto. Al punto che Ganassi voleva sostituirlo con Alexander Rossi.

MARCO ANDRETTI – 5,5. Pochi spunti velocistici, una tendenziale mediocrità, ma anche una vettura meno competitiva degli Chevy e una squadra che ha dimostrato problemi a rendere le proprie macchine affidabili. Il 2017 di Andretti si chiude nel dubbio: di chi è la colpa?

JAMES HINCHCLIFFE – 6. Lo Schmitt Peterson ha preparato vetture meno competitive degli altri anni e ha subito la concorrenza delle Honda. Nonostante ciò, il Sindaco di Hinchtown ha portato a casa una vittoria e due podi. Troppo poco per cancellare il resto dell’anno, ma comunque qualcosa.

ED JONES – 7. Nella corsa contro se stesso vince il titolo di Rookie of the Year, ma soprattutto va a podio nella 500 miglia di Indianapolis. Per lui è stato un debutto difficile per via degli avvicendamenti sulla macchina di Bourdais: promette bene per la capacità di reazione (e accelerazione).

JR HILDEBRAND – 4,5. Il quarto posto a Phoenix aveva illuso Carpenter di aver trovato il sostituto giusto per Newgarden: ma Hildebrand si è rivelato una scelta perdente e soprattutto fuori dagli ovali è stato davvero lento. Troppo, per un veterano come lui. E infatti il sedile scotta…

CARLOS MUNOZ – 6. L’AJ Foyt Enterprises è una piccola squadra che ha operato un reset a fine 2016: la stagione di Munoz merita quindi la sufficienza nonostante la mancanza di acuti, grazie alle sei Top Ten e alla vittoria interna contro il compagno Conor Daly.

CHARLIE KIMBALL – 4. Il nettissimo peggioramento rispetto al nono posto finale del 2016 deve essere punito. È vero che l’#83 ha pagato anche una dose di sfortuna, e che aveva impostato la pole position in Texas, ma un’annata così negativa risalta contro le buone prestazioni dei suoi compagni.

CONOR DALY – 5. Chiamato a fare il salto di qualità, perde anzitutto la sfida col compagno più esperto Munoz ma soprattuto regala un unico picco in tutta la stagione: la 5^ piazza di Gateway. Nel 2018 dovrà essere più veloce: ma la seconda parte del 2017 (in miglioramento) fa ben sperare.

MIKHAIL ALESHIN – 4. Su di lui pesano molte incognite e soprattutto il Russiagate, ma non può giustificare l’intenso amore per l’autodistruzione che ha dimostrato quest’anno. Era il russo guardato con ammirazione da tutto il paddock, si è fatto mettere alla porta da un team di seconda fascia.

SPENCER PIGOT – 6. Senza infamia e senza lode la stagione part-time del campione IndyLights 2015. Un po’ altalenante ma con un bel piede, pare si stia giocando il passaggio full-time sulla seconda vettura Carpenter. Deve crescere, ma può crescere molto bene.

SEBASTIEN BOURDAIS – s.v. Invalutabile la stagione del pilota francese, che ha dimostrato però grande determinazione e che attendiamo al varco l’anno prossimo.

ED CARPENTER – 4,5. Sarà stata anche la sfortuna, ma per uno specialista degli ovali è oltraggioso prendere a malapena un arrivo in Top Ten. Che sia giunta l’ora del ritiro?

ESTEBAN GUTIERREZ – 5. Forse meriterebbe meno, ma non ce la sentiamo di infierire su un pilota che è balzato a stagione in corso su un’auto sconosciuta. Di certo non merita una seconda occasione.

SEBASTIAN SAAVEDRA – 4. Ormai presenza ingombrante, jolly senza speranza di squadre che vogliono tappare i buchi, Saavedra quest’anno conferma una cronica mancanza di competitività.

ORIOL SERVIA, PIPPA MANN, JAY HOWARD, SAGE KARAM, JAMES DAVIDSON, TRISTAN VAUTIER, BUDDY LAUZIER – s.v. Hanno corso solo la 500 miglia di Indianapolis.

JACK HARVEY, ZACHARY CLAMAN DE MELO, ZACH VEACH – 7+. Un voto collettivo di incoraggiamento per le prime apparizioni dei giovanotti sulla scena americana. Non a caso Veach ha firmato con Andretti: la IndyLights conferma d’essere un’ottima palestra e la IndyCar un mondo capace di valutare e apprezzare i giovani talenti alla guida.

FERNANDO ALONSO – MENZIONE SPECIALE. Il pilota spagnolo ha corso una splendida 500 miglia di Indianapolis e dimostrato di essere tra i migliori piloti del mondo. È un vero peccato che non abbia deciso di fare il salto definitivo oltre l’Atlantico nel 2018, visto che poteva ambire a sedili  in squadre di calibro come Ganassi e Andretti. Crediamo sarebbe stato un protagonista nella lotta per il titolo, e ci auguriamo di rivederlo assieme agli assi a stelle e strisce.





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Marco Di Geronimo

The author Marco Di Geronimo

Nato a Potenza nel 1997, sono appassionato di motori fin da bambino, ma guido soltanto macchinine giocattolo e una Fiat 600 ormai sgangherata. Scrivo da quando ho realizzato che so disegnare solo scarabocchi. Su Fuori Traiettoria mi occupo, ogni tanto, di qualcosa.