Ritirarsi da una corsa non è piacevole. Ritirarsi da una 24 Ore di Le Mans, nel caso specifico, non è bello. Farlo per via di un guasto rende sicuramente la cosa peggiore. Ma farlo per via di un guasto generato da un’incomprensione, da un equivoco, da un gesto frainteso di una persona che si credeva fosse qualcun altro, è un qualcosa che, sportivamente parlando, è tremendo al di là di ogni immaginazione.
Decima ora della 24 Ore di Le Mans 2017. La Toyota TS050 Hybrid – Hybrid #7, quella che con Kamui Kobayashi ha frantumato il record sul giro in prova con l’attuale configurazione del circuito de La Sarthe grazie a quel suo 3’14″791, è saldamente al comando della corsa. Ha imposto il proprio ritmo sin dalle primissime fasi della gara, e se la seconda posizione della vettura #8 era stata già messa in discussione dai guasti e dagli attacchi della Porsche 919 Hybrid #1, la sua leadership della corsa era apparsa incontrastata. Alla curva Indianapolis finisce lunga, nella ghiaia della via di fuga, la Ford GT #66 di Oliver Pla. Il posto è piuttosto pericoloso, ed i commissari di gara per dare agli steward la possibilità di rimettere in pista in sicurezza la vettura di GTE-Pro, espongono prima una bandiera gialla e poi indicono una Slow Zone. La GT dell’Ovale Blu viene rimessa in pista, ma è stracolma di ghiaia. Pla allora, nel tentativo di rimuoverne il più possibile prima di arrivare ai box, inizia a zigzagare lungo il rettilineo successivo, spargendo pericolosamente la ghiaia per tutta la sede stradale. Serve ripulire la pista, e quindi i commissari chiamano in causa la Safety Car.
A Le Mans, a differenza di quanto accade in F1, c’è più di una Pace Car. Questo è dovuto al fatto che il circuito de La Sarthe è enormemente più lungo di quelli del Circus, e sarebbe impossibile pretendere che una sola SC sia in grado di far ricompattare in fretta un gruppo di oltre 60 auto sparse lungo oltre 12 km di pista. Ne vengono quindi chiamate in causa tre, mentre le prime auto approfittano del ritmo di gara rallentato per rientrare ai box e perdere così meno tempo nella propria sosta. Tra queste vetture che decidono di rientrare ai box c’è la TS050 #7 che è in testa alla corsa e che, con Kobayashi al volante, è riuscita a costruire un vantaggio di circa 1′ sulla 919 H #1. La sosta viene effettuata senza alcun problema e la LMP1 nipponica riparte per fermarsi all’uscita della Pit Lane, in attesa che la Safety Car più vicina passi e le permetta di accodarsi alla parte del gruppone di auto raccolta dietro di lei. Il tempo di rientrare in pista e di percorrere pochi km, però, e la TS050 #7 inizia a singhiozzare. Si muove lentamente, si muove facendo affidamento sul solo motore elettrico, soffre. E poco dopo l’Hunaudieres si ammutolisce definitivamente. Il verdetto definitivo parla di una rottura delle frizione. Gara e sogni di rivalsa infranti, appena prima del dramma della #9 che, per via di una foratura, vede distruggersi in rapidissima sequenza tanto l’ERS quanto il sistema di raffreddamento dell’olio.
Ma torniamo alla nostra #7. Una rottura della frizione, dicevamo. Dovuta al caso, si pensava inizialmente. A quegli Dei pagani di Le Mans che non permettono sia tu a poter scegliere di vincere la 24 Ore, ma che al massimo consentono alla 24 Ore di scegliere di far vincere te. E invece, a quanto pare, non è stato nulla di tutto ciò. C’è qualcosa di ben più umano alla base del guasto che ha infranto i sogni di gloria del trio formato da Kobayashi, Sarrazin e Conway. Un qualcosa di ben più umano e di clamorosamente assurdo.
Riavvolgiamo indietro il nastro della corsa e posizioniamoci in Pit Lane con la TS050 #7. Dopo la sosta effettuata, quando la LMP1 nipponica era ferma all’uscita dei box in attesa che transitasse la Safety Car. Al prototipo giapponese si avvicina, nella non troppa luce della notte di Le Mans, una figura vestita di arancione e con un casco in testa. “Un commissario di pista”, avrà pensato Kobayashi vista la somiglianza cromatica della tuta indossata dalla suddetta figura con quella degli steward del circuito francese. Il pilota giapponese, preso dalla trance agonistica della 24 Ore, vede quella figura fargli con il pollice il gesto di “Ok”. Pensa che sia il segnale di via libera per tornare in pista, e allora stacca la frizione per far muovere la sua TS050. Ma dai Box arriva perentorio l’ordine di fermarsi: la SC è ancora lontana, e rientrare in pista così vorrebbe dire buscare sicuramente una pesante penalità che permetterebbe alla 919 H #1 di balzare in testa alla corsa. Kobayashi ripreme quindi la frizione, facendo arrestare la sua Toyota. Ma quella figura continua a mostrargli il pollice alzato in segno di “Ok”. E il pilota giapponese, di nuovo, crede che sia un segnale di via libera: stacca di nuovo la frizione e ricomincia a far muovere la TS050. E dal muretto box, ignaro del motivo che sta rendendo così apparentemente indisciplinato il pilota giapponese, arriva subito l’ordine di fermarsi. Kobayashi obbedisce di nuovo, preme la frizione e ferma la sua Toyota. Ma ormai il danno è fatto. La frizione della TS050 Hybrid – Hybrid è fatta per gestire i quasi 1000 CV di potenza in corsa, non in condizioni di “Start & Stop” da traffico urbano. Le temperature salgono vertiginosamente e la componente cede, rimandando in pista Kobayashi – ora sì al momento giusto – con una frizione sostanzialmente già bruciata, che cederà definitivamente pochi km dopo. Il tutto, dunque, perché Kobayashi ha creduto di avere davanti a sé, nella Pit Lane, un commissario di pista. E non si è invece reso conto che quella figura vestita con una tuta arancione e nera aveva un casco integrale ed un collare HANS al collo. Perché quell’uomo non era uno steward, ma Vincent Capillaire, pilota dell’equipaggio della Ligier #45 dell’Algarve Pro Racing. Che probabilmente, in uno slancio di entusiasmo e di spirito di cameratismo tra piloti, con quel pollice alzato stava semplicemente facendo i complimenti a Kobayashi per la grande gara fino a quel momento disputata.
#7 is out. Words cannot express… pic.twitter.com/CZbdK5pdZq
— TOYOTA GAZOO Racing WEC (@Toyota_Hybrid) June 17, 2017
Una ricostruzione che ha dell’incredibile, ma che è suffragata sia dalla foto di copertina dell’articolo, che mostra evidentemente l’accaduto, sia dalle dichiarazioni di Pascal Vasselon. “Qualcuno gli ha fatto capire a gesti (e lo abbiamo nel video) ‘Vai, vai, vai!’“ – ha spiegato il direttore tecnico del Toyota Gazoo a Sportscar365.com – “E i nostri piloti sono abituati a dare un certo significato ad alcuni gesti in pista. Ovviamente noi, da parte nostra, gli abbiamo detto di fermare la macchina perché la Safety Car stava arrivando, e non era quindi possibile rientrare in pista prima di lei“. “C’è stata quindi, come potrete immaginare, una fase di grande confusione: parti, fermati, parti, fermati“ – ha proseguito Vasselon – “Quindi Kamui è ripartito diverse volte con la frizione ed il motore termico, ed ha bruciato la frizione perché è stata utilizzata in un modo non previsto e per il quale non era stata progettata. Poi il resto l’avete visto anche voi…”.
Sì Pascal, il resto l’abbiamo decisamente visto anche noi. E se già ieri faticavamo a credere a quello che avevamo visto, ora siamo semplicemente allibiti. Perché lo sapevamo che la 24 Ore di Le Mans era una corsa spietata, una corsa insensibile. Ma probabilmente non la credevamo crudele fino a questo punto.