Quello della telecronaca è un mondo che personalmente mi ha sempre affascinato fin da che ho memoria. Da piccolo, circondato da frotte di macchinine, ero sempre alle prese con la cronaca delle gare clandestine che imbastivo sul pavimento della mia cameretta mentre facevo sì che fosse sempre la mia preferita – una Jaguar XJ220 – a tagliare per prima il traguardo immaginario della corsa.
Le mie telecronache erano ricche di fantasia (come poteva una vettura stradale sconfiggere la pletora di F1 iscritte all’esclusivo GP del Parquet?) ma prive di un elemento che ho poi scoperto essere fondamentale nel mondo della cronaca: ai miei racconti mancava una seconda voce, un commentatore tecnico. La mancanza di un simile ruolo nelle mie garette casalinghe non ha minimamente intaccato la mia spensieratezza di allora, non c’è dubbio, ma il passare del tempo e l’essermi avvicinato sempre più e sempre più spesso a corse reali trasmesse in TV mi hanno ben presto fatto capire quanto la presenza di una seconda persona all’interno della telecronaca fosse importante. Ma cosa serve per diventare un commentatore tecnico? E qual è il suo compito, quali sono i suoi obiettivi? È per rispondere a questo domande che ho chiesto a Marco Gabriele Nesi, commentatore tecnico del GT World Challenge Europe e di alcune gare della stagione 2023 del FIA WEC su Sky Sport, di raccontarmi qualcosa di più su di sé, sulla sua carriera e, soprattutto, sul suo mestiere.
Fuori Traiettoria: Allora Marco, io e te ci conosciamo ormai da un po’. Devo dire però che alcune delle domande che sto per farti non ho mai avuto occasione di portele in prima persona. Per esempio mi chiedo: com’è la tua passione per i motori?
Marco Nesi: Sai che non so risponderti in maniera precisa a questa domanda? Ti direi che non è mai nata ma che ci sia sempre stata: come tutti gli appassionati – anzi, come gran parte degli appassionati – derivo da una famiglia che è sempre stata abituata ad essere in mezzo ai motori. Da che ho memoria ho sempre vissuto Formula 1, campionato italiano o turismo: parliamo degli anni ’90, per dare una collocazione temporale al tutto. Ricordo dov’ero quando è morto Ayrton Senna: avevo quattro anni, ma quella giornata me la ricordo. Mio padre a casa ha chiamato mia madre, e quando le ha detto quello che era successo eravamo al parco Suardi a Bergamo. Da quel momento – chiamala coincidenza, fatalità o quello che vuoi – in quel parco non ci sono mai più ritornato. C’è sempre stata la passione per i motori, una passione che ho avuto poi modo di sviluppare in maniera più diretta e in prima persona grazie al Simracing. Il Simracing, davvero, è una porta che avvicina e avvicinerà sempre di più le persone al motorsport. E non lo dico solo io, lo dice anche chi sta dominando la F1 in questi ultimi anni.
FT: Hai citato il Simracing, hai parlato di una passione per i motori che c’è sempre stata, però poi io ti ritrovo – e ti conosco anzi – come telecronista, come seconda voce, come commento tecnico. Come ti sei avvicinato al mondo della telecronaca?
MN: Questo passaggio è piuttosto curioso. Nasce tutto grazie al Simracing, perché ho iniziato a commentare proprio sui simulatori. Poi ho avuto l’opportunità – anche grazie a Ivan Nesta – di andare a Imola per fare il commento tecnico di Gara 1 del Fanatec GT World Challenge nel 2022: è stato un momento davvero molto emozionante. Però tutto parte dal 2020, in pieno periodo COVID, quando ACI ha organizzato e aperto la divisione Esport iniziando a organizzare i primi campionati. Ho vinto il primo campionato ACI Esport – un campionato al quale hanno partecipato anche Drudi, Marciello e Giovinazzi – con una Formula 3, ma subito dopo ho deciso che non avrei partecipato ad altri campionati in veste di pilota. Mi sono proposto agli organizzatori del campionato dicendo loro che se avessero voluto avrei potuto supportarli nella telecronaca spiegando al pubblico cosa fa un pilota Simracing in determinate circostanze, e da cosa è nata cosa. Le telecronache sono state apprezzate, ho iniziato a collaborare con Ivan nel mondo del Simracing finché lui per l’appunto non mi ha invitato ad andare a Imola in occasione del GT World Challenge. Potremmo dire che io come telecronista sono letteralmente nato dal Simracing, così come ad esempio è successo a un altro telecronista come Matteo Pittaccio.
FT: C’è un consiglio che daresti a un ragazzo che vuole intraprendere questa carriera?
MN: In questa particolare fase storica penso che il Simracing sia un’ottima vetrina per tutto. Non trovo differenze tra una telecronaca Simracing e una telecronaca del mondo reale: le dinamiche di gara sono praticamente le stesse. A mancare nel Simracing è sicuramente l’elemento “paura”, che sicuramente aumenta la tensione negli eventi reali, ma d’altra parte il mondo virtuale esige un impegno economico infinitamente minore: nelle corse vere mettere una macchina a muro vuol dire dover tirare fuori “i sghei”. Tutto questo in un certo senso genera una differenza tra Simracing e competizioni reali, ma l’atto della gara, della competizione, la tensione che precede lo spegnimento dei semafori, sono elementi molto simili tra i due mondi. Me l’hanno confermato anche diversi piloti con i quali ho a che fare costantemente nel paddock, non sono solo io a dirlo. Il Simracing aiuta tantissimo, ti permette di iniziare ad avere a che fare con la gara, di scaldare le corte vocali, di trovare un ritmo dietro a un microfono. Il mio ruolo nello specifico è diverso, dato che mi occupo di analisi tecnica, e posso dirti che per quanto mi riguarda ho sempre reputato fondamentali passione, conoscenza storica, preparazione tecnica e la capacità di sapersi confrontare con i tanti altri attori che popolano il paddock. È da questi ultimi che puoi avere informazioni in grado di tornarti molto utili in cronaca: possono darti risposte, spiegarti il perché accadano determinate cose, aiutarti a capire tutto il mondo che agisce dietro le quinte del Motorsport. Nel momento in cui entri in pista il lavoro è sostanzialmente finito: è prima che bisogna compiere una serie di attività importantissime. La preparazione del weekend, il lavoro di squadra, la sensibilità tecnica dell’ingegnere e quella umana del pilota nel trasmettere le informazioni al team… sono tutti aspetti fondamentali.
FT: In che modo ti prepari per una telecronaca?
MN: A me piace molto leggere. Adoro la storia dei motori e amo in modo particolare la storia dei circuiti: quando so di dover commentare una gara in un determinato tracciato mi piace informarmi sulla storia di quella pista, è un qualcosa che faccio veramente con enorme piacere. Ho trovato sempre molto utile il conoscere i nomi delle curve: poter dire “È successo questo, con X che attacca Y alla curva Z” è molto importante, perché il dover controllare ogni volta il numero delle curve – mentre oltretutto sei in diretta – ti renderebbe poco piacevole o comunque poco fruibile. In più, per esperienza posso dirti che ho notato come una grande pista in un buon 90% dei casi faccia venire fuori una grande gara. Parlando poi di commento tecnico mi preparo andando a conoscere quali siano i rapporti di forza in un determinato circuito: nel mio caso è fondamentale sapere che Valencia sia una pista Audi e che lì Mercedes o BMW potrebbero invece fare fatica, così come è importantissimo sapere invece che Spa sia una pista che sorride in modo particolare a Mercedes e BMW per via dei curvoni lunghi che la caratterizzano. Poi devi ovviamente conoscere i team. Arriva Manthey EMA nel GT World Challenge, non correndo l’intero campionato ma disputando solamente la 24 Ore di Spa? È fondamentale andare a studiare che team sia Manthey, quale sia la sua storia, quanto sia legato al brand automobilistico che le fornisce le auto, quali siano i suoi risultati precedenti e dunque quante probabilità ci siano che faccia bene. Nell’ordine direi che è quindi fondamentale conoscere piste, vetture e piloti, senza dimenticare poi quanto sia importante dialogare con i team. Le squadra possono dirti se sono a posto dal punto di vista del set up o se invece gli manchi ancora qualcosa, se una certa pista o il BoP gli siano favorevoli oppure no… tutti aspetti che possono fare la differenza quando il tuo obiettivo è offrire una telecronaca tecnica di qualità. Quando faccio una telecronaca cerco sempre di dare allo spettatore degli elementi di lettura che possano permettergli di comprendere la gara e di conseguenza apprezzarla al meglio.
FT: Hai parlato dell’importanza del rapporto con i team. Ma loro ti dicono tutto quello che chiedi?
MN: Dipende dal grado di fiducia che il team ripone in te. Io a conti fatti non sono propriamente un giornalista, essendo un commentatore tecnico ho un ruolo che è differente. Questa diversità fa sì che io non sia alla ricerca dello scoop, non chieda le cose per dare la notizia eclatante. Mi piace relazionarmi con i team in modo pacato, prima di tutto perché so bene di dovermi rapportare con persone che stanno lavorando e in secondo luogo perché, in un certo senso, sto andando a fargli le pulci in casa loro. Infine, devi sempre tenere a mente che non puoi e non devi mettere qualcuno di loro in una situazione di svantaggio andando a rivelare in telecronaca un’informazione che potrebbe essere d’aiuto a eventuali avversari che stanno ascoltando ciò che dici. A fare da fil rouge è sempre il rispetto per le persone, un qualcosa in cui credo davvero fermamente. Se riesco a trasmettere questo mio modo di essere anche all’altra parte allora c’è la possibilità di creare dei legami onesti, veri e intellettualmente corretti. Nel momento in cui direttori sportivi, team manager, team owner o ingegneri hanno una sorta di fiducia nei tuoi confronti sono anche disposti a darti le informazioni che stai cercando. Poi saranno loro ad avere l’accortezza di segnalarti cosa puoi – o non puoi – dire di quello che ti hanno appena rivelato, lasciando che sia tu a capire come bilanciare la necessità di informare il pubblico a casa con il loro diritto ad avere una certa riservatezza.
FT: In quello che hai appena detto rivedo anche un po’ di quello che ha detto Vladimir Rys, quando parlava di una linea rossa da non oltrepassare nei rapporti con le persone che lavorano nel mondo dei motori…
MN: È verissimo. Hai a che fare con persone appassionate di quel settore, e da questo punto di vista aiuta il sapere parlare la loro stessa… “lingua”, perché si rendono conto di avere di fronte una persona competente che non parla tanto per dare aria alla bocca.
FT: Torniamo quindi all’importanza dello studio di cui parlavamo poco fa…
MN: Assolutamente sì. Non è un caso che l’anno scorso abbia deciso di portare a termine un Master in Race Engineering, sia per essere ancora più sicuro delle informazioni che do agli spettatori sia per permettermi di relazionarmi ancora meglio con piloti e team. Ti racconto un aneddoto. Eravamo a Valencia per l’ultima gara sprint GT World Challenge, ed ero andato a trovare Giacomo Altoè che correva quella gara con il team Emil Frey. Parlando inizia a dirmi che non si trova particolarmente bene con la macchina, che la sente scivolare, e mentre racconta mi mima il gesto del sottosterzo. Gli chiedo qualche info in più, mi sento rispondere che la macchina scivola sulle quattro gomme dopo pochissimi giri e a quel punto gli faccio: “Jack, dì al tuo ingegnere di ammorbidirti la vettura perché un simile comportamento lo hai quando le gomme non stanno lavorando a causa di un assetto troppo rigido”. Così ha fatto, perché effettivamente la macchina era troppo rigida.
FT: Ti ha ringraziato?
MN: Sì, sì. Quando l’ho rivisto mi ha detto, con un accento veneto che non so imitare, che avevo ragione. Giacomo è uno dei piloti con cui ho un ottimo rapporto, si sente tranquillo a condividere con me determinate informazioni.
FT: Ci sono dei modelli a cui ti sei ispirato?
MN: Ti rispondo rimanendo nell’ambito della Formula 1 per non divagare troppo. A me piace tantissimo lo stile di Ivan Capelli perché è sempre misurato, preciso e puntuale. In più, lo apprezzo anche per il modo in cui si relaziona con le persone. Mi piace molto anche Matteo Bobbi, perché dà delle informazioni interessanti in modo estremamente comprensibile. Questo è un aspetto importantissimo per la seconda voce: non solo deve dare delle informazioni, me deve renderle comprensibili al pubblico. Sono tutti bravi a parlarti di tecnicismi, sono tutti bravi a dire chi è sceso in pista con un camber a 3.6 al posto del 3.5, mentre è più difficile spiegare perché la macchina si comporti in un certo modo o abbia bisogno di un certo tipo di regolazioni. È in questo ambito che deve andare la seconda voce, la voce tecnica, perché quell’aspetto ti permette di leggere una gara in un determinato modo. Il fatto che a Spa si debba andare con un certo camber è un qualcosa che tutti gli addetti ai lavori sanno, ma che magari sfugge a qualcuno che o si sta avvicinando a questo mondo o non è mai stato interessato ad approfondire l’aspetto tecnico delle corse. Se a queste persone fornisci la giusta chiave di lettura – che non si limita al dato numerico – e spieghi che per una serie di variabili a Spa di anno in anno possono esserci degli accorgimenti per limitare il consumo delle gomme, aggiungendo magari qualcosa per sottolineare come l’usura eccessiva degli pneumatici vada a influenzare negativamente la performance, hai raggiunto l’obiettivo. La voce tecnica deve indurti a fare riflessione. So che può sortire un po’ l’”effetto maestrino”, ma è innegabile che spiegazioni simili possano aiutarti a comprendere meglio quella che è l’economia di gara.
FT: Ci sono però altri ambiti o altre attività che ti hanno aiutato sul fronte della telecronaca? Anche magari completamente estranee al mondo dei motori?
MN: Anche qui ritorna il grande aiuto che mi ha fornito il Simracing. Come ti dicevo prima, essere un Simracer a un buon livello mi ha permesso di capire il modo in cui certe dinamiche vengano messe in pista dai piloti veri. Io non ho la presunzione di dire che grazie al Simracing se domani salissi in macchina andrei fortissimo, però a me – che sono una persona che fa attenzione a determinati dettagli – l’esperienza virtuale ha dato modo di cogliere più rapidamente questi stessi dettagli anche nella vita reale. Mi ha poi chiaramente aiutato anche il lavoro che faccio come Race Engineer per Porsche Auto Orlando, così come molto importante è stato per me il curare l’aspetto comunicativo: lavoro anche per Fanatec, e per loro ho a che fare col pubblico tutti i giorni. Questo è un aspetto molto importante, perché ti permette di capire cosa puoi dire e cosa invece non puoi dire, ti consente di orientare il tuo stile comunicativo nella direzione di ciò che vuole il pubblico. La tecnica della vettura in fondo è quella, al netto del fatto che anche il set up e la conoscenza dell’auto siano una sorte di arte, ma la cosa più difficile quando si è telecronisti è non solo comunicare, ma anche comunicare bene. Io ho il mio stile, che definirei neutro, perché se è vero che non sono io quello che porta enfasi nella telecronaca è altrettanto vero che se parlassi in modo troppo lento o asettico farei scappare via tutti gli spettatori dopo pochi secondi.
FT: Credi che chi faccia la telecronaca abbia una sorta di missione?
MN: Assolutamente sì. Nel mio caso, la missione è quella di permettere alle persone che seguono una gara di non limitarsi a osservare la bellezze di auto o sorpassi, ma di riuscire a comprendere a 360° ciò che succede in pista. Mi ha fatto piacere essere fermato in alcuni circuiti da persone che mi dicevano di essersi appassionati a una certa cosa dopo avere ascoltato una mia telecronaca: è bellissimo, perché lì capisci di essere riuscito a dare qualcosa e di avere lavorato bene. Una cosa che cerco di tenere il più possibile a mente è che, come mi hanno detto anche commentatori più maturi ed esperti di me, il protagonista è la gara, non tu commentatore. Essendo una seconda voce non spetta a me dare il ritmo alla cronaca e dunque questo mi risulta mediamente più facile, ma è comunque un qualcosa a cui faccio sempre attenzione.
FT: C’è una gara che secondo te è più difficile da commentare?
MN: Le gare in cui ci sono pochi sorpassi, senza dubbio. Sono difficilissime. La gara adrenalinica già da sola ti offre spunti di dialogo e di approfondimento, mentre il discorso cambia radicalmente quando in una gara lunga – come una 3 Ore o una 6 Ore – succede poco. Lì il lavoro si complica, perché devi letteralmente attingere a tutto il tuo arsenale di aneddoti, che sono un qualcosa che per fortuna al pubblico che segue il GTWC interessa non poco dato che è mediamente molto appassionato di motori e corse a tutto tondo. Le gare difficili sono quelle dove c’è meno lotta, dove devi davvero tirare fuori quella nozione in più per fare un approfondimento in più senza però risultare ripetitivo: devi portare informazioni che possano essere interessanti e che possano essere contestualizzate.
FT: Quindi la difficoltà nel commentare una gara non è direttamente proporzionale alla durata della stessa: una 24 Ore divertente è più semplice da raccontare rispetto a una 3 Ore noiosa, giusto?
MN: Giusto. Ho commentato la 24 Ore di Spa per due anni, e più che difficile la definirei stancante, estremamente stancante. Si arriva il martedì, mercoledì c’è la parata dei piloti che parte da La Source e si va fino alla cittadina di Spa, al cui interno c’è un teatro dove si tiene il Drivers’ Briefing dato che di piloti a quella 24 Ore ce ne sono veramente tantissimi. È molto bello, perché la parata si svolge in 15 km di strada aperta al pubblico. C’è tantissima gente con birra, sedie, ancora birra, macchine fotografiche e altra birra a guardare le macchine che passano. In più, i piloti fanno del gran cinema durante la parata: il pubblico chiede burnout in continuazione e loro non è che si tirino indietro, anzi. La 24 Ore è un mondo a sé, un evento a sé. Ti distrugge fisicamente, ma è una gara che ti permette di avere moltissime interazioni con la chat e che ti fa realizzare di essere parte di un evento importantissimo. Da un certo punto di vista quest’ultimo aspetto è come se ti imponesse l’obbligo morale di essere sempre ad alto livello, di dare costantemente il massimo. Avverti la grandezza dell’evento ed è anche per questo che nonostante le 24 ore di durata non hai proprio il tempo per annoiarti.
FT: C’è una gara che ti è piaciuto di più commentare rispetto alle altre?
MN: Ti darò una risposta sicuramente inaspettata. Dal mio punto di vista, mi sono piaciute tantissimo le prove libere dell’ultimo round stagionale della serie Endurance che si è corso a Barcellona. La chat (il GTWC viene trasmesso in diretta streaming su YouTube, ndr) era molto attiva, estremamente interessata, e in quelle prove libere si è aperto una sorta di dialogo costante tra me e gli spettatori su vari aspetti della gara. Questo fa capire che ormai non raggiungi più solamente l’appassionato che vuole vedere i sorpassi, perché se sei lì a seguire le prove libere è perché vuoi comprendere come vadano quelle vetture. Si è parlato di tutto: di settaggi generici, di set up specifici per una pista come Barcellona, dei punti critici del tracciato… È stata una sessione che è letteralmente volata via proprio grazie a questa continua interazione, ed è stato davvero bellissimo.
FT: Hai ragione, mi hai sorpreso completamente. Mi domandavo: in un fine settimana di gara immagino che ci siano molti momenti… morti dal punto di vista della telecronaca. Riesci a sfruttarli ai fini della telecronaca?
MN: Io dico sempre che il mio lavoro finisce quando vado dietro al microfono. In quanto seconda voce devi impegnarti a raccogliere il maggior numero di informazioni possibili per aumentare la qualità della tua telecronaca. Non è più solamente una questione di competenze, ma anche di conoscenze e testimonianze. Io quando non sono in cronaca giro per il paddock a mo’ di trottola, bevo il caffè con questo pilota, vado a scambiare due parole con quel Team Manager, incontro altri piloti e con tutti loro faccio due chiacchiere chiedendo come vada… Raccolgo tutta una serie di informazioni, chiedo cosa posso divulgare e cosa invece è meglio che tenga per me e poi porto tutto questo bagaglio di nozioni in cabina di commento. Vado anche a parlare con la Direzione Gara per capire se ci sono state penalizzazioni o se per esempio è cambiato il BoP. Durante la 24 Ore di Spa quando non ero al commento ero in giro nei box, anche alle tre del mattino.
FT: Hai modo di vedere le macchine in pista da un punto che non sia la cabina? Suppongo che anche quello possa aiutare…
MN: Assolutamente sì, soprattutto al venerdì e specialmente nelle gare dove non siamo in diretta già dalle prove libere: nelle Endurance le live iniziano sin dalle FP, mentre nelle Sprint questo non accade. Nelle Endurance, però, riesco comunque ad andare in pista per seguire i Bronze Test, le sessioni aggiuntive che precedono le prove libere e che permettono ai piloti Bronze dei vari equipaggi di iniziare a familiarizzare con la pista. In quelle occasioni vado in pista, mi piazzo in determinati punti chiave, e da lì capisco per esempio quale macchina sia a posto e quali linee facciano i vari piloti. Sono tutti elementi che è bene osservare, perché contribuiscono a comporre il quadro delle informazioni che devi raccogliere prima di andare in cabina di commento. Confesso che questa parte del lavoro ha a volte anche dei contro, dato che a Magny-Cours nel 2022 mi è praticamente arrivata una McLaren in faccia. Mentre ero con il monopattino su una delle stradine di servizio a bordo pista per raggiungere il tornantino, una McLaren finendo in ghiaia ha perso il controllo e ha puntato dritto verso di me. Sarà andata a circa 150 km/h-160 km/h quando ha colpito le barriere, e quando l’ho vista arrivare – dato che comunque c’erano pochi metri e qualche fila di gomme – ho letteralmente lanciato il monopattino e mi sono sdraiato a terra dietro il guardrail per evitare eventuali pezzi che fossero arrivati oltre le barriere. Io avevo la sabbia in testa, la McLaren aveva preso fuoco ma sai cosa ho pensato quando ho visto che i Marshall stavano arrivando e che quindi la situazione era sotto controllo? “Beh, ora do un passaggio fino ai box al pilota con il monopattino”.
FT: Oltre a evitare macchine che colpiscono barriere, hai altre routine nel corso di un weekend di gara?
MN: Oltre a quelle di cui ti ho parlato poco fa posso aggiungere il check che effettui per verificare che funzioni tutta l’apparecchiatura che ti serve per commentare. Hai il test dell’audio, quello della ricezione, quello del monitor, quello dei feed della diretta… insomma, tutti controlli tecnici che peraltro SRO stessa schedula e che quindi sono sempre necessari. Aggiungo anche il Commentators’ Meeting, un incontro di mezz’ora in cui Mike Scott, che è il direttore di SRO TV, ti mette al corrente di eventuali novità o info rilevanti: il posizionamento particolare di una telecamera, oppure per esempio il fatto che i team radio vengano trasmessi o meno. Queste due sono routine obbligatorie, proprie del nostro lavoro, ma a loro aggiungo anche il Drivers’ Briefing perché è lì che il Direttore di Gara riunisce tutti i piloti per dar loro info importanti come i track limits, un qualcosa che poi torna molto utile anche a te che sei in telecronaca.
FT: Qual è secondo te l’aspetto più importante di una telecronaca?
MN: La passsione.
FT: Prima ancora della competenza?
MN: Se tu hai passione, generi competenza. Anzi, non la generi: vai tu stesso a cercarla, andando a svolgere tutte quelle attività di cui abbiamo parlato finora. Non mettendoci la giusta passione la gente con cui parli nel paddock, che è per forza di cose appassionata come se non addirittura più di te, non ti considererebbe e non ti darebbe confidenza. La passione è tutto, e la si percepisce anche da casa. La passione genera curiosità, la curiosità dà vita alla competenza. Sono degli step che è naturale e doveroso fare: non puoi offrire una telecronaca di qualità se non hai la passione, se non sei appassionato di ciò che stai raccontando.
FT: Rispolvero un grande classico delle interviste di Fuori Traiettoria: c’è un qualcosa legato al tuo lavoro che avresti sempre voluto dire, ma che nessuno ti ha mai chiesto?
MN: Ragazzi, è difficile andare in bagno durante una telecronaca! Sembra una baggianata detta tanto per dire ma nelle Endurance, dove siamo in diretta su YouTube senza stacchi pubblicitari, è davvero complicato. In più devi mangiare sempre – e tanto! – prima di una telecronaca, perché è un qualcosa di lungo e impegnativo: se inizi ad avere fame diventa più difficile rimanere concentrati, cosa che per chi fa la seconda voce è fondamentale perché devi riuscire a cogliere ogni minima sfumatura di quello che sta succedendo in pista. Oltre a ciò devi chiaramente ascoltare anche quello che dice la prima voce, perché se ti pone una domanda devi intervenire subito per evitare di fare la figura di quello che non sta ascoltando e che ha dato una risposta campata per aria. È simile a quello che succedeva a scuola, quando rimanendo concentrato sulle lezioni finivi le cinque ore con un senso di spossatezza generale dovuto allo sforzo mentale che avevi mantenuto. Qualora doveste decidere di darvi alla telecronaca, il mio consiglio è quello di mangiare tanto e andare in bagno… prima che la telecronaca cominci!