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Poche Case Costruttrici al mondo possono vantare veramente un marchio di fabbrica, una tecnologia che trascende il dato empirico e si sublima in sinonimo stesso della Casa. Una di queste è Ducati, che ha assunto come suo sinonimo la distribuzione desmodromica. Una soluzione estremamente efficiente, più di tutte, ma allo stesso modo molto più costosa da progettare e realizzare rispetto al tradizionale controllo tramite valvole. Le persone hanno immedesimato questa sofisticata soluzione con la nascita stessa della Ducati, ma non è cosi. C’è stato un prima e un dopo, oggi vi voglio raccontare qual è stato quel punto di non ritorno. La Ducati 125GP Desmo “trialbero”, la prima motocicletta di Borgo Panigale dotata di distribuzione Desmodromica.

Desmodromico è un termine derivato dal greco, dalla combinazione di due termini: δεσμός (desmos), ovvero controllo o vincolo, e δρόμος (dromos), corsa. Dal punto di vista tecnico la distribuzione desmodromica, o desmo, consiste in un preciso sistema di controllo meccanico dell’apertura e chiusura delle valvole di aspirazione e scarico, che si contrappone sia al tradizionale sistema di richiamo valvola a molle, sia al molto più  recente sistema pneumatico, dove la molla è sostituita da aria. Il sistema desmo trae la sua origine dalla Seconda Rivoluzione Industriale, nella seconda metà del 19° secolo, impiegato nei macchinari tessili. L’inglese Arnott-Jap fu la prima casa automobilistica ad impiegarlo nel 1910, ma il primo brevetto motociclistico è della Norton nel 1922. In seguito altre case che applicarono questo sistema nel secondo, tra le altre spiccano FIATPeugeot. Questo sistema finì però nel dimenticatoio, finché nel secondo dopoguerra fu rispolverato dalla Daimler-Benz che realizzò la Mercedes-Benz W196, con la quale stravinse i Campionati del Mondo di F1 del ’54 e ’55, e la 300 SLR, ambedue dotate di un 8 cilindri in linea dotato di distribuzione a cascata d’ingranaggi a comando desmodromico e compressore volumetrico. Ed è qui che arriva Fabio Taglioni. Ma prima parliamo un po’ di tecnica.

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Il funzionamento di un sistema desmodromico è abbastanza semplice. La molla che fa rientrare la valvola chiudendo l’apertura del cilindro viene tolta e viene usato un complesso meccanismo con due bilancieri collegati all’albero a camme. Nella testata oltre alla solita camma è presente una camma complementare, che comanda la valvola sia in apertura che in chiusura. Il sistema attuale utilizza anche una molla che agisce sul bilanciere che chiude la valvola, in modo da garantire la perfetta chiusura delle valvole. Con questo sistema si riescono ad ottenere dei vantaggi estremamente interessanti:

-Regimi di rotazione più elevati, rispetto ai motori con molle o con il più complesso e molto costoso sistema a valvole pneumatiche. Questo perché il richiamo della valvola è preciso ed evita che ci sia un urto tra il pistone e la valvola, mentre con gli altri sistemi si è limitati a rispettare la velocità di richiamo della valvola, dato che ad elevati regimi di rotazione si manifestano fenomeni di sfarfallamento (irregolare chiusura delle valvole) ed annosi fuorigiri

-Consumi ridotti, anche se in misura estremamente modesta, poiché per azionare tale sistema si impiega meno energia, che andrebbe altrimenti assorbita dalla continua compressione delle molle

-Prestazioni superiori e minori attriti rispetto ad un equivalente motore con richiamo tradizionale delle valvole, per il fatto che le valvole si aprono e chiudono più rapidamente, e anche grazie ai regimi di rotazione più elevati che si possono raggiungere permette di utilizzare camme dal profilo ancora più spinto. L’assorbimento dato dagli attriti tra gli elementi risulta inoltre essere proporzionale al numero di giri del motore, cosa che permette minori perdite ai bassi e medi regimi.

Ci sono però anche degli svantaggi, ovvero:

– Maggior costo di progettazione e realizzazione, rispetto ad un comune sistema di richiamo a molla

– Chiusura imperfetta rispetto al normale sistema di richiamo mediante molle, problematica data sia dalle dilatazioni termiche che dai giochi di produzione. Questa problematica è stata risolta utilizzando una molla con costante elastica esigua che migliora la chiusura della valvola, sollevando il bilanciere inferiore. Con questa soluzione sì è riusciti a limitare l’unico limite di questo sistema senza intaccarne i punti forti.

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Fabio Taglioni è una figura mitologica per tutti i Ducatisti. Nato in provincia di Ravenna, e laureatosi in ingegneria durante la Seconda Guerra Mondiale, entra a far parte della Ducati nel 1954. Per gli affezionati di Borgo Panigale Taglioni è quasi una divinità in quanto fu lui a dotare le Ducati di quelle che sono le loro caratteristiche uniche e fondamentali: è di Taglioni il progetto del “Pompone, il bicilindrico ad L Desmo che con le dovute e continue evoluzioni è arrivato ai giorni nostri con la 1198 e la 1199 Panigale, e sempre di Taglioni è la distribuzione Ducati Desmodromica, impiegata per la prima volta sulla Ducati 125GP Desmo del 1956. Quello di Taglioni per il desmo è un amore viscerale: la sua tesi di laurea è il progetto di un motore da competizione 250 cc quattro cilindri a V di 90° sovralimentato tramite compressore e distribuzione desmodromica. Piccola curiosità: Taglioni ha progettato nella sua vita più di 1’000 motori, tra i quali un 8 cilindri da F1 di 1.500 cc raffreddato ad aria, naturalmente desmodromico, che fu anche realizzato.

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La soluzione desmodromica studiata e brevettata da Taglioni per la casa di Borgo Panigale, ed impiegata per prima dalla Ducati 125GP Desmo, è pero diversa da quelle precedenti. Per comandare positivamente le valvole, senza utilizzare le molle, accoppia un monoalbero, che chiude le valvole, ad un bialbero, che ha la funzione di aprirle: progetta così un trialbero. Questo schema è molto complesso, ma offre molti vantaggi e col tempo verrà evoluto concentrando sia le funzioni di apertura che di chiusura in un singolo albero. L’idiosincrasia di Taglioni per le molle era però un sentimento abbastanza diffuso tra i tecnici dell’epoca. In quell’epoca le molle erano infatti davvero inaffidabili, e con i materiali dell’epoca già a 12’000 giri andavano in risonanza causando sfarfallamenti, costringendo a tenersi ben lontani da quel regime di rotazione.

Ducati 125GP Desmo: the first of a race

I frutti del progetto di Taglioni furono un motore monocilindrico 4t in lega leggera di 124,6 cc (alesaggio x corsa 55,25×52 mm), con rapporto di compressione a 11,8 e due valvole in testa comandate da un trialbero desmodromico, azionato da coppie coniche ed ingranaggi. Ad alimentarlo ci pensava un carburatore Dellorto da 30 mm, ed arrivava a sprigionare 20 cv a circa 13’500 giri/min. Il vanto di questo motore risiedeva nell’allungo. Infatti dai 10’000 ai 14’000 giri/min il motore aveva una variazione inferiore ad un cavallo vapore, e di ciò papà Fabio ne era estremante orgoglioso. Sbalorditivi erano per qui tempi il regime di potenza massima a circa 13’500 giri, e soprattutto il limitatore, posto a 15’000. La frizione era a dischi multipli in bagno d’olio, mentre il cambio era un’unità a 5 o 6 rapporti, a seconda del circuito.

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Il telaio della Ducati 125GP Desmo era un monoculla sdoppiata in tubi di acciaio al cromo-molibdeno, collegato alle ruote tramite una forcella teleidraulica all’anteriore ed un forcellone oscillante con ammortizzatori teleidraulici side-by-side al posteriore. I freni, a tamburo centrale, avevano un diametro di 200mm per l’anteriore e di 190mm per il posteriore. Ne risultava una moto con un interasse di 1320mm ed un peso di 94 kg, equamente distribuiti tra i due assi. Molto interessante la velocità massima che sfiorava i 190 km/h. Il dato è interessante perché dal 1957 furono bandite le carenature a campana, il ché fece perdere 15-20 km/h alle concorrenti. Ma la Ducati non sembrò minimamente patire l’utilizzo di una carenatura parziale ed attillata, riuscendo anzi a raggiungere velocità massime solo di poco inferiori a quelle precedenti.

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La 125GP Desmo esordisce il 17 giugno 1956 a Cesena, giungendo sesta lamentando una scarsa messa a punto. Ma già un mese più tardi arriva la prima vittoria al Gran Premio di Svezia, gara però che non valida per il Campionato del Mondo 1956. Quest’esordio dà molti stimoli a tecnici e meccanici, che proseguono nell’affinamento del mezzo. Il 1957 vede una netta supremazia nelle competizioni tricolori, un’anticipazione della fantastica stagione seguente. La superiorità della Ducati nella stagione 1958, complice anche il Patto di Astensione, è indiscussa: addirittura al Gran Premio delle Nazioni (Monza) le prime 5 posizioni sono occupate da 5 Ducati 125GP e dalla sesta posizione in giù finiscono tutti doppiati. La Casa di Borgo Panigale però arrivò solo a sfiorare il titolo quell’anno, con Alberto Gandossi e Luigi Taveri che si classificarono secondo e terzo alle spalle di Carlo Ubbiali su MV Agusta. Titolo che la Ducati arriverà a vincere 49 anni più tardi con Casey Stoner, nella moderna classe MotoGP ma sempre col desmo a regolarne il cuore.

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La stagione seguente (1959) la Ducati chiude in terza posizione, con alla guida un giovanissimo Mike “the Bike” Hailwood. Ma durante la stagione il processo di sviluppo della 125GP subisce un rallentamento, a causa di problemi economici. Nel 1960 la Ducati non presenta nessuna 125GP Desmo al via di alcun Gran Premio iridato, ma nonostante ciò Hailwood vince ben 15 Gran Premi Mondiali non iridati. Nel 1961 la storia di questa moto ha termine, accompagnata all’uscio dalle MZ due tempi e dalle Honda bicilindriche (con cui correrà Hailwood). Nel frattempo Taglioni continua a sviluppare il sistema Ducati Desmo. Riesce a semplificarlo e compattarlo, arrivando ad una soluzione più compatta ed economica: è il sistema monoalbero a due valvole in testa. Dal sistema a monoalbero, nel 1986 nacque il sistema Desmoquattro, con 2 alberi a camme in testa e 4 valvole evolutosi poi in Testastretta e Superquadro.

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Ed ecco, con questa GIF animata potete vedere perfettamente il funzionamento del più moderno sistema di distribuzione desmodromico Ducati.

 

 





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Filippo Gardin

The author Filippo Gardin

Padovano classe 1993, ho iniziato a 2 anni a guidare, in quel caso una mini-replica della moto di Mick Doohan e da lì non mi sono più fermato. 2 e 4 ruote, entro e fuori strada e anche pista: cambiano le forme ma sono tutti frutti della stessa passione. Vi racconterò il Motomondiale, con la testa e con il cuore.