Abbiamo avuto modo di fare una chiacchierata con Lucio Cecchinello, Team Principal del team LCR Honda. Fra aneddoti del passato e lo sguardo verso l’innovazione e il futuro, sempre con la stessa passione per le due ruote: ecco cosa ci ha raccontato.
FUORI TRAIETTORIA: Lucio, cosa ti portò nel ‘95 a fondare il tuo team per correre? E quanto hanno aiutato in questo percorso i tuoi trascorsi da meccanico?
LUCIO CECCHINELLO: Mi piace molto rispondere a queste domande! Dopo due anni nel Mondiale, nel ‘93 e nel ‘94 rispettivamente con Gazzaniga e con una Honda privata, nel ’95 torna al Campionato Europeo, corsi col team Pileri e lo vinsi grazie all’esperienza e a una moto competitiva. A fine anno mi misi di nuovo sul mercato del Mondiale e mi resi conto che i team buoni e competitivi erano tutti già pieni e non avevano posto per me. Io, tra l’altro, all’epoca avevo 26 anni e quindi ero già abbastanza vecchio, anche se a quell’epoca non era come adesso e 26 anni eri ancora relativamente giovane per correre con la 125cc. Mi ricordo che la svolta fu un incontro che ebbi con Carlo Pernat alla fiera di Milano in cui mi disse chiaramente le loro intenzioni per le moto ufficiali, tra cui che l’allora terzo classificato del Campionato Europeo: Valentino Rossi. Era giovanissimo, ma aveva già tutte le carte in regola per diventare un grande. Quando capii che non c’erano né una Honda ufficiale né un’Aprilia ufficiale disponibile per me, provai ancora a fare un po’ di forza con il team Krona-Aprilia nel quale correva Sakata, ma nemmeno lì riuscii a rientrare.
Allora pensai che invece di tornare pilota di un team privato portando dei soldi, avrei potuto fare direttamente la mia squadra. Sono riuscito a fare il mio team e sono stato molto contento perché è stata la scelta giusta; proprio grazie alla mia esperienza di meccanico avevo capito quali erano i tecnici con cui lavorare e costruire qualcosa. Ed effettivamente così fu perché convocai Paolo Cordioli – che aveva esperienza in sport production nella Gran Prix a livello italiano – e il suo amico, che era ex pilota di moto, meccanico di biciclette e gran conoscitore delle corse. Siamo partiti con il Team LCR iscritto al campionato mondiale del ‘96, eravamo in tre e addirittura non si chiamava ancora Team LCR, ma Team Honda GP3… perché eravamo in tre! Abbiamo fatto un bellissimo anno raccogliendo diversi punti, poi due anni dopo, nel 1998, siamo riusciti a portare il team alla vittoria sia con il mio compagno di squadra Ueda [GP Malesia, n.d.r.], che con me [GP Madrid, n.d.r.].
FT: Quale è la parte del tuo lavoro che ti piace maggiormente?
LC: Non c’è una parte in particolare, mi appassiona tantissimo fare contenta la gente, intrattenere gli ospiti, farli divertire, far passare giornate memorabili quando ci sono le corse, raccontare loro le nostre storie e le nostre avventure. Mi appassionano fuori modo la tecnica e la tecnologia, la telemetria, l’analisi dei dati. Mi appassiona tantissimo anche sentire i tecnici dei piloti, visitare tutti gli anni i circuiti, nuovi e “vecchi”, farmi nuovi amici o rivedere vecchi amici in giro per il mondo. Maggiormente la parte tecnica posso dire che mi appassioni molto.
FT: C’è qualcosa che tornando indietro non rifaresti o faresti diversamente?
LC: Bella domanda! Ogni tanto ci penso, forse avrei dedicato più tempo all’allenamento, invece passavo molto tempo a cercare gli sponsor per far quadrare i conti. Devo dire che la ricerca e la gestione degli sponsor mi ha assorbito tante energie. Delle annate dal 1991 al 1994, quando ancora non avevo il team, quello che cercherei di cambiare è l’approccio all’allenamento, molto più intenso e maniacale. All’epoca, però, per varie ragioni non ne vedevo la necessità perché la 125 non era così tanto fisica e pensavo dovesse fare tutto la moto. Invece nel tempo mi sono reso conto che l’allenamento fisico e soprattutto psicologico mi avrebbero aiutato: ecco, forse rifarei un po’ più attenzione a questo aspetto qui.
FT: Quanto è complesso gestire, dal punto di vista del marketing e della comunicazione, un team che è “diviso in due” in quanto a sponsor?
LC: La complessità di gestire un team dal punto di vista marketing e comunicazione in maniera divisa, che è una cosa atipica, mi ha spaventato molto all’inizio; era quasi una missione impossibile avere due grossi clienti con degli interessi contrastanti. Però devo dire che siamo stati bravi, i miei collaboratori e io, a mettere delle regole che abbiamo presentato ad ogni cliente, e che ogni cliente ha poi accettato. Di fatto abbiamo tutta la comunicazione divisa: due presentazioni divise, due comunicati stampa divisi, ci sono gli eventi divisi. Facciamo qualche cosa in condivisione sui social, calibrati al 50%, e devo dire che non abbiamo mai avuto nessun tipo di problema. Il segreto è stato quello di unire molto il marchio al pilota, incentrando la comunicazione sul pilota. Ad esempio, Castrol ha incentrato tantissimo la comunicazione prima su Crutchlow, poi con Alex Marquez e ultimamente con Alex Rins, dove è il pilota che diventa il testimonial, il brand ambassador trainante: questo lascia un po’ meno lavoro e oneri al team, che di fatto è un nido di due marchi.
FT: I due anni di Covid hanno cambiato il vostro rapporto con fan e sponsor?
LC: Il Covid di fatto ci ha fatto capire quanto bello sia poter correre in condizioni normali, avere il pubblico, gli spettatori, avere un campionato vivo. E, secondo me, oggi apprezziamo di più il pubblico rispetto al passato e vi facciamo più attenzione, tant’è vero che la Dorna sta facendo proprio questo con le nuove regole e le nuove condizioni, volte a interagire sempre di più con il pubblico con azioni che prima magari non riteneva così fondamentali.
Con gli sponsor di base il rapporto non è cambiato, è sempre ottimo e devo dire che hanno capito alla grande la problematica, gestendo sempre tutto correttamente. Noi abbiamo lavorato con gli sponsor in maniera sempre molto professionale, non abbiamo mai avuto problematiche. Chiaro, abbiamo dovuto rivedere budget e investimenti, però direi che il rapporto con loro si è consolidato, nelle difficoltà possono arrivare dei momenti in cui ci si consolida e non ci si lascia andare.
FT: Secondo te, la Sprint potrebbe diventare l’evento più seguito e spettacolare del weekend, non dovendo piloti e team badare troppo all’usura di gomme e benzina?
LC: Secondo me la Sprint è una cosa esageratamente bella: è bella per lo spettacolo, è bella per i team, è bella per i piloti, è bella per i team manager che hanno un’opportunità in più da portare ai loro sponsor, inteso come opportunità di visibilità e contenuto mediatico. Onestamente ne ho sentito parlare molto male da parte di tanti media, ma io sono assolutamente d’accordo che invece possa portare tantissimo interesse verso la MotoGP. Come dicevo, ci sono più contenuti mediatici, più visibilità, più motivi per parlare perché una gara è sempre molto eccitante. Poi non dimentichiamoci che è un prodotto in più che offriamo ai nostri fan, al nostro pubblico che viene in circuito e che può emozionarsi ancora di più.
A livello di spettacolarità, secondo me la gara della domenica ha sempre il fascino maggiore perché è molto più complessa nella sua gestione, quindi anche la Dorna, le televisioni e i media daranno sempre più visibilità a questa. Per quanto riguarda la Sprint, sicuramente non essendoci il problema gomme e benzina è più combattuta, ma ci sono anche meno punti di domanda, quindi la gara principale della domenica è quella che ha maggior esito e seguito.
FT: Quanto impatterà la Sprint a livello umano nel team? Come gestirete il maggior stress?
LC: Bella domanda anche questa. A mio avviso, l’essere umano ha un’innata capacità di adattarsi alle situazioni: guardando la realtà, vediamo che l’umanità sta andando verso una situazione pressioni, impegni e stress sempre maggiori. Quindi, l’impegno aggiuntivo di queste Sprint alla fine terrà ancora più uniti i team e ne usciremo comunque alla grande e senza grossi problemi. Quello che mi preoccupa di più, forse è il fatto che potrebbero esserci più incidenti, quindi più difficoltà per i piloti a partecipare. Però a livello umano penso che tutti quanti la supereranno perché adattarsi fa parte della natura umana.
FT: Parlando, invece, di sostenibilità, quali sono le azioni intraprese dai team e Dorna su questo aspetto?
LC: È un percorso molto lungo, è una fase che non si sviluppa dall’oggi al domani, ma si costruisce passo dopo verso la riduzione dei consumi e dell’impatto ambientale che abbiamo con il nostro lavoro e le nostre attività. Dorna ha già attuato una visione che va in questa direzione, non solo per ragioni ambientali, ma anche per ragioni di costi. L’idea di limitare il numero di motori, pneumatici a disposizione, il numero di moto omologabili per un Gran Premio, i consumi delle moto con la capacità del serbatoio fissa: già tutto questo va nella direzione di una migliore sostenibilità ambientale. In più, è molto importante il nuovo regolamento che andrà in vigore l’anno prossimo riguardante i carburanti, i quali dovranno avere il 40% di materiali di origine non carbonfossile, quindi di origine biochimica
A questo si unisce la volontà della Dorna di cercare, per quanto possibile, di fare un calendario gare dove le trasferte sono ridotte il più possibile, seppur facendo anche tre GP di fila. Lo scorso anno il campionato è partito dal Qatar, siamo andati in Indonesia e poi in Argentina: quest’anno siamo partiti dal Portogallo, per andare poi in Argentina e Stati Uniti, poi tutte le gare extraeuropee in Asia si faranno in un giro unico. Questo è molto importante, tutti i trasporti sono stati ottimizzati, anche per i materiali. Io sono particolarmente positivo sul fatto che si continuerà ad andare in questa direzione.
Noi come team dobbiamo impegnarci di più a intraprendere quelle singole iniziative che stiamo già attuando. Per esempio, ridurre il consumo della carta, consumare pasti possibilmente utilizzando materiale compostabile, ottimizzare dove possibile la raccolta differenziata dei rifiuti. Una cosa che mi piacerebbe per il futuro, un’iniziativa da proporre, è cercare di ridurre quella che è l’energia che consumiamo per scaldare le gomme. Oggi scaldare le gomme significa riscaldare la superficie delle gomme, i cerchi e i raggi, tutto tramite dei “forni” che noi abbiamo creato tramite delle casse apposite. Credo che probabilmente dovremmo limitare questo tipo di riscaldamento ed economizzare centinaia di Kilowattora ad ogni GP. È possibile, si tratta solo di mettersi con la volontà e la voglia di farlo, e penso che questo accadrà nel prossimo futuro. Esistono delle idee, esistono dei progetti, esistono delle realtà già in uso e andiamo avanti così.
FT: Cosa ci puoi dire di questa esperienza nella MotoE?
LC: È qualcosa di bellissimo perché si tratta di preparare veicoli alternativi per il futuro. Dico alternativi perché non saranno veicoli sostitutivi, la tecnologia non è pronta a sostituire la combustione. Sono veicoli alternativi per una comunità di utenti ad uso urbano che hanno la possibilità di caricare facilmente i propri veicoli. Per noi, poter dare un nostro contributo allo sviluppo di questa tecnologia è qualcosa di veramente eccitante, emozionante, divertente e interessante. Un’esperienza assolutamente positiva.
FT: Da specialista della 125, ti piacerebbe avere un team anche in Moto3? O l’impegno in MotoGP e MotoE è totalizzante?
LC: Oltre l’impegno in MotoGP e MotoE, non ce la farei. Ho avuto nel 2007 l’esperienza di correre sia in 250 che in MotoGP e posso dire che è stato un anno molto interessante, ma che mi ha fatto rendere conto che sei vuoi fare bene una cosa devi darti anima e corpo. Avere altre categorie mi piacerebbe, ma realisticamente non è fattibile, quindi seguo la Moto3 da lontano con grande interesse e grande cuore, mi piacciono tantissimo le gare.
FT: Impossibile parlando con te non citare Stoner, è stato più difficile averlo come collega o come “dipendente”?
LC: Come dipendente! Come collega era ancora un ragazzino, era assolutamente più gestibile. Quando è diventato un professionista, soprattutto il primo anno in MotoGP, ha capito il suo vero potenziale, ha capito che poteva battere i migliori piloti del mondo: Valentino Rossi era il suo idolo ed era diventato il suo acerrimo nemico. Allo stesso tempo ha iniziato a tirare fuori un comportamento molto esigente nei confronti di tutta la squadra e nei confronti di tutti i fornitori e lì forse è stato più difficile da gestire. Ma non fraintendetemi, non è che non avesse ragione, aveva assolutamente ragione perché aveva capito il suo potenziale e, di conseguenza, pretendeva. Probabilmente noi non eravamo pronti, essendo quello il nostro primo anno in MotoGP, e forse non era pronta nemmeno Honda. Devo dire che alla fine comunque è stato un bellissimo capitolo della nostra esperienza.
FT: Sei sempre stato visionario nel mondo dei motori, cosa ti piacerebbe vedere in futuro?
LC: Mi piacerebbe vedere delle moto ibride. Mi piacerebbero delle moto 500/600 di cilindrata, sovralimentate con motori elettrici applicati ai moti delle alette, proprio per cercare di ottimizzare le prestazioni, ridurre i consumi e… preparare il futuro.