A mala pena un anno fa la Honda annunciava che avrebbe vinto il titolo IndyCar. No, non è vero: a dirlo era stato Ryan Hunter-Reay. La prima guida del team Andretti si era lasciato andare a proclami di questo tenore: «Possiamo vincere il titolo».
Se la Honda riuscirà a vincere il 2017 sarà però un risultato davvero clamoroso. La supremazia della Chevrolet negli ultimi anni è stata imbarazzante: le ultime 8 vittorie dei giapponesi hanno visto ben 24 sconfitte (e altrettanti allori per gli americani).
C’è poco da gioire, anche se un fattore è cambiato. Chip Ganassi ha divorziato con la Chevy per tornare tra le braccia della squadra nipponica. I top team ritornano quindi a essere più equilibrati: gli americani possono vantarsi di Roger Penske, mentre da Tokyo non ci sono occhi che per Chip.
Resta da capire quanto lo spostamento da un motorista all’altro possa giovare a tutti i team Honda nel loro insieme. Anche perché non è stato un movimento gratuito: i nipponici hanno dovuto rinunciare ad AJ Foyt, team in fuga che si è assicurato il miglior pacchetto in circolazione sposando la Chevrolet.
L’arrivo di Ganassi potrebbe mescolare le carte. Sia in bene sia in male. Perché il team di Chip dovrebbe sì essere abituato a cambiare motore (pochi anni fa fece il pellegrinaggio inverso), ma adesso dovrà imparare il comportamento dell’aero-kit giapponese. «Sì, in definitiva questo aggiunge complessità» ha ammesso Chris Simmons, ex ingegnere di Franchitti e Dixon.
Ma non ci si ferma mica qui. «Direi che il grosso sarà ri-conoscere la Honda come compagnia: ci sono stati un sacco di cambi nel personale da quando ce ne siamo andati e perciò dobbiamo capire con chi parlare, e di cosa».
Che il cambio sia azzeccato, i piloti lo dicono a chiare lettere. È notizia di qualche settimana che Max Chilton sprizza ottimismo da tutti i pori. Vi abbiamo riportato che il pilota inglese aspira al podio e alla vittoria quest’anno, e crede che coi motori Honda sarà tutto più semplice. E anche Kanaan ha espresso un parere positivo sulla Casa nipponica.
Ma in realtà ci crediamo poco. La Honda ha ottenuto gli unici risultati degni di nota sui super-speedway: cioè gli ovali più lunghi dell’anno, come Indianapolis, Texas e Pocono. Il che significa essenzialmente due cose: anzitutto, il motore è una bomba. In secundis, gli aero-kit continuano a pagare un forte gap nei confronti della Chevy, tra l’altro proprio sui circuiti (cittadini e stradali) per i quali la Honda era riuscita a strappare la deroga al congelamento sviluppo.
Se i giapponesi non erano riusciti a chiudere il distacco lo scorso anno che hanno ricevuto tutte queste agevolazioni, è difficile (quasi impossibile) che possano riuscirci quest’anno che gli sviluppi sono chiusi. Senz’ombra di dubbio il motore Honda è apparso migliore di quello Chevrolet ma l’aerodinamica gioca un ruolo molto importante sui circuiti più tortuosi. Che costituiscono i due terzi del calendario.
Tokyo ha una sola carta da giocarsi: il perfetto coordinamento delle proprie squadre. Se non riuscirà a far parlare tra di loro i vari ingegneri, propri e clienti, allora dovrà prepararsi a un altro anno di calvario. Il che è anche probabile, visto che Ganassi non ha la minima idea di cosa sia materialmente il progetto Honda. Ma non tutto il male viene per nuocere: con l’aero-kit universale 2018, nulla impedisce che i nipponici possano addirittura cominciare a dominare…