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Una cordiale intervista a Gianfranco Mazzoni, parte 3: “Non ho mai conosciuto la nonna di Barrichello”





Abbiamo raggiunto ai nostri microfoni, in esclusiva per Fuori Traiettoria, Gianfranco Mazzoni, giornalista RAI e telecronista della Formula 1 dal 1997 al 2018. Con lui abbiamo parlato del presente, del futuro e anche del passato, tra considerazioni personali e aneddoti. Ecco la terza e ultima parte della nostra lunghissima intervista.

Fuori Traiettoria: Quale pilota, secondo lei, cambiava atteggiamento a telecamere spente? Sia in positivo che in negativo.

Gianfranco Mazzoni: Forse proprio Barrichello. Era un bravo ragazzo, ma si vede che soffriva perché Schumacher gli era superiore. Ricordo, ad esempio, quando fece passare Schumacher in Austria (nel 2002 ndr): altri piloti avrebbero reagito in un’altra maniera, lui invece era sorridente, andava tutto bene, quindi secondo me se la teneva un po’ dentro. Poi ci sono altri piloti che si sono dimostrati grandi compagnoni fuori dal lavoro, gente che magari sembravano molto chiusi e poi magari erano molto alla mano. Fisichella e Liuzzi ad esempio. Ho anche un bel ricordo di Alboreto, con il quale ci divertivamo a fare delle imitazioni (ride ndr), a raccontare aneddoti, eccetera. Quindi voglio dire, c’era un rapporto anche umano che si sviluppava dopo il lavoro.

FT: Immagino che effettivamente viaggiare per sedici o diciassette gare all’anno, vedendo sempre le stesse facce, porti effettivamente a legare, soprattutto nei casi di Liuzzi, Fisichella e Alboreto, che lei ha citato, visto che si condivide anche la lingua.

GM: Sì infatti, e anzi, con alcuni, come Tarquini e Trulli, addirittura il dialetto. Proprio con Tarquini, ricordo che all’inizio viaggiavamo spesso insieme, e quindi quando faceva le vacanze mi portava con lui e con altri piloti. E magari qualcuno era un po’ sorpreso, si chiedevano perché si portasse un giornalista, che magari avrebbe potuto carpire le loro cose. E invece sono entrato benissimo in quell’ambiente grazie a Tarquini che mi ha introdotto. Ma anche perché sono sempre stato corretto, perché non ho mai riportato situazioni che non volevano che fossero riportate. Poi ecco, fino agli anni 90 c’era la possibilità di avere un buon rapporto, poi sempre meno fino a che non sono arrivati gli uffici stampa, che purtroppo hanno portato ad una chiusura.

FT: Cambiando argomento, volevo farle una domanda molto personale: io sono del 1999, e sono cresciuto sia sentendola in televisione con la F1, ma anche nei film della Pixar. Lei infatti ha avuto un’esperienza da doppiatore sia nei tre film di Cars che nei due film di Planes. Volevo quindi chiederle innanzitutto com’è stata questa esperienza, ma poi anche e soprattutto se c’è qualcosa che ha imparato facendo il doppiatore e che ha potuto usare nelle telecronache o viceversa?

GM: Sicuramente mi ha aiutato la familiarità con il microfono. Ricordo che quando andai la prima volta lo studio di registrazione venne prenotato per otto ore, come si fa di solito con quelli alla prima esperienza, perché pensavano che avrei avuto bisogno di tempo, ma invece dopo due ore avevo già finito. È stata una bellissima esperienza, anche perché il mio compenso è stato donato in beneficienza. Poi ricordo che quando uscì il primo film radunai tutti gli amici con i loro figli e andammo a vederlo al cinema, e fu bellissimo vedere questi bambini che ascoltavano la mia voce al cinema; quando poi uscimmo andammo a mangiare fuori e mi pregarono di recitare le battute (ride ndr), fu una cosa simpatica. Poi per quanto riguarda quello che mi ha dato per le telecronache, non mi ha dato grandi cose: mi ha fatto riflettere sul fatto che la telecronaca ogni tanto dovesse essere un po’ “sostenuta”, non come fanno gli americani o come fanno altri colleghi, ma deve essere comunque bella colorita, purché nei limiti della sobrietà, senza urlare o esagerare.

FT: Lei di recente ha commentato il Rally di Monza. Volevo chiederle a proposito come sia stata l’esperienza e poi quali sono le differenze con il commentare una gara su pista.

GM: La differenza è che non sbagli i piloti, visto che escono uno alla volta e sicuramente è più facile (ride ndr). In quell’occasione io sono arrivato molto aggiornato su ogni singolo pilota, sui risultati, ecc, però ho utilizzato tutte queste informazioni per una piccola percentuale per dare spazio al pilota che era con me (Andrea Nicoli ndr) affinché valutasse le prestazioni; perché lì è ancor di più fondamentale capire la guida, come il pilota ha preso una curva, ecc. Nonostante fossi molto preparato, quindi, ho dovuto “togliere” molto alla telecronaca per lasciare spazio al commento tecnico, perché credo che nel rally sia fondamentale. Infatti ho chiesto di spiegarmi come funziona il volante, come si azionano i pedali, il ruolo del navigatore, tutti questi dettagli tecnici, anche perché in RAI va pochissimo rally, quindi poteva anche essere l’occasione per spiegare e far vivere ai telespettatori pienamente questo evento. L’aiuto degli esperti è stato più fondamentale che in F1.

FT: Quindi in un certo senso si può dire che il suo ruolo di telecronista sia meno fondamentale nei rally.

GM: No, meno fondamentale no. Il ruolo del telecronista è sempre quello di disciplinare gli interventi, bisogna essere misurati. Io poi dico sempre che la locomotiva dev’essere l’evento, non bisogna perderlo di vista, non bisogna esagerare. Poi bisogna dare una cifra giornalistica alla telecronaca, perché se dici cose senza senso magari una volta può pure far piacere, però poi se devi fare venti telecronache di quel tipo diventi una macchietta, non sei credibile e si stufano di te. Una volta un mio collega disse che la sua non era una telecronaca, ma la colonna sonora dell’evento. Lì francamente mi sono cadute le braccia. Poi per carità, io non sono il Padreterno o l’inventore di questo lavoro, quindi ciò che dico va commisurato; però non sei tu telecronista il protagonista, ma è l’evento, che deve essere messo in risalto con sobrietà e ricchezza di vocabolario. Devi conoscere ciò che dici, devi sapere la materia, devi essere informato, non devi esagerare e non devi commettere errori, o almeno commetterne il meno possibile, per creare un prodotto che sia di qualità; ma non devi essere invadente. Non sei tu il protagonista, tutto qui.

ACI Rally Monza
© ASPhotography

FT: A questo punto la prossima domanda riguardava il modo di fare telecronaca attuale, ma mi ha già risposto.

GM: No ma io non giudico il modo di fare di altri, io dico quello che secondo me è il mio modo corretto. Anche perché c’è una cosa da dire: in RAI abbiamo sempre avuto una buona scuola di telecronisti. Io mi sono formato con Enrico Ameri, e poi ho lavorato con Poltronieri, con Zermiani (Ezio, ndr), quindi sento che c’è anche un modo di fare telecronaca tipico della RAI, ma anche tutti quelli che mi hanno preceduto o che lavorano in altri sport mi sembra siano della mia stessa linea. Poi se vengono seguite altre strade, se il marchio di altre televisioni è diverso non sto qui a criticare. Io però vengo fuori da una scuola, quella della RAI, che parte da Carosio (Nicolò, ndr) e che poi ha avuto grandi maestri, come Martellini (Nando), Pizzul (Bruno ndr), Ciotti (Sandro ndr), Ameri, che sono dei mostri sacri. Io non sono al loro livello, per carità, però l’insegnamento che hanno dato a noi è quello di sobrietà, di impegno, di professionalità, rispetto anche al pubblico che abbiamo sempre avuto, e credo che questi siano un po’ un nostro marchio di fabbrica. Altri sono liberi di fare quello che vogliono. Poi alla fine c’è il pubblico che valuta. Poi ripeto, la valutazione non viene fatta solo nel momento in cui finisce la telecronaca, ma anche a distanza di tempo.

FT: Le manca il mondo della Formula 1?

GM: Ma io la seguo ancora! Anche se non ci sono le trasferte io ci sono sempre dentro. Poi va beh, paradossalmente per quanto riguarda le trasferte di questi tempi è meglio non girare (ride ndr). Poi alla fine non si può mai sapere, quando facevo la radio io la RAI aveva perso le telecronache, le aveva Mediaset, poi è tornata alla RAI, poi è tornata, quindi chi lo sa? Io non sono un reduce, uno di quelli che dice “Ai miei tempi”, sono uno che vede il mondo attuale e agisce di conseguenza.

FT: Se la RAI tornasse lei sarebbe disposto a tornare o lascerebbe il posto a qualcun altro, potendo scegliere?

GM: Questa non è una decisione che spetta a me. Io faccio quello che mi chiedono. Sono a disposizione per altri cinque o sei anni, e quindi se mi dicono di farlo lo farò. È un bellissimo mestiere, quindi qualunque cosa si venga a creare uno va avanti.

FT: Quali sono secondo lei le prospettive per il futuro del giornalismo e quale crede sia il modo migliore affinché un giovane possa inserirsi nell’ambiente?

GM: Questo è un dramma che mi fa soffrire; io ho avuto delle opportunità e adesso queste opportunità non ci sono più. C’è una grande evoluzione, anche della stessa televisione. Molti editori però secondo me dovrebbero dare di più. A volte molti ragazzi mi chiedono come ho fatto e come possono fare loro, ma non so cosa rispondere. Spesso vedo dei curricula stupendi, di gente che parla quattro o cinque lingue, che ha delle capacità su internet e che magari non hanno delle opportunità. Mi fa molto soffrire. Forse sarà anche colpa di noi giornalisti, che abbiamo sempre accettato senza ribellarci, e questa è una critica non tanto al sindacato, ma quanto a noi stessi. È un momento difficile e delicato, ci sono poche opportunità, però credo anche che se uno ha i numeri qualche occasione la trova e può emergere. Poi bisogna vedere anche come valuteranno questi nuovi media: adesso basta un telefonino o una tastiera per fare il giornalista o per fare dei danni. Perché ad esempio la morta di Gheddafi fu filmata da un telefonino e fece il giro del mondo; ma è anche vero che magari qualcuno si alza la mattina, scrive che il Covid non esiste e la gente gli va dietro. Quindi è un momento molto delicato, che riguarda anche l’essenza stessa del nostro lavoro, non ci sono più punti di riferimento sicuri come una volta. E quindi ne risente anche la categoria.

FT: Quindi secondo lei è più difficile entrare nel “giornalismo tradizionale”, ma è più facile in generale iniziare a scrivere, con tutti i benefici e i problemi del caso.

GM: L’importante è puntare su sé stessi, studiare, valutare, crescere e poi sperare di avere delle opportunità. Sinceramente io non so cosa dire, perché è un problema grosso che riguarda tutta la nostra categoria e che riguarda il futuro. Una volta si diceva “L’ha detto la televisione” o “L’ho letto sul giornale”. Adesso però non si sa più da che parte arrivino le notizie, quali sono vere e quali sono false. Purtroppo si è pensato anche solamente al guadagno: molti editori non hanno saputo fronteggiare la situazione nuova che veniva fuori attraverso i nuovi media. È una situazione difficile, per non dire nera.

FT: Purtroppo sì, e ce ne rendiamo conto. L’ultima domanda che voglio farle è una tradizione di Fuori Traiettoria: c’è una risposta che avrebbe voluto dare ad una domanda che non le hanno mai fatto?

GM: La domanda è se ho mai conosciuto la nonna di Barrichello. La risposta è no (ride ndr).





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Alfredo Cirelli

The author Alfredo Cirelli

Classe 1999, sono cresciuto con la F1 commentata da Mazzoni, da cui ho assorbito un'enorme mole di statistiche non propriamente utili, che prima che Fuori Traiettoria mi desse la possibilità di tramutarle in articoli servivano soltanto per infastidire i miei amici non propriamente interessati. Per FT mi occupo di fornirvi aneddoti curiosi e dati statistici sul mondo della F1, ma copro anche la Formula E (categoria per cui sono accreditato FIA), la Formula 2, la Formula 3, talvolta anche la Indycar e, se ho tempo, anche tutte le varie formule minori in giro per il mondo.