Ultime settimane dell’anno. Pranzo di Natale della Scuderia Ferrari a Maranello. Sergio Marchionne che sostiene a gran voce che Alfa Romeo possa tornare in F1. No, tranquilli, non vi sto dando una notizia vecchia di un anno. Perché è vero che nel 2015 il presidente della Ferrari aveva dato una notizia simile. Ma è altrettanto vero che, dopo un anno, lo stesso presidente abbia ribadito il medesimo concetto.
“Lo spazio in Formula 1 per l’Alfa Romeo c’è, è un progetto che in qualche maniera deve trovare una sua collocazione”, ha detto infatti Sergio Marchionne in occasione del tradizionale pranzo di fine stagione della Scuderia di Maranello. Una frase forte, che ha subito trovato terreno fertile per propagarsi a macchia d’olio in tutti quei giornali un po’ troppo generalisti che non fanno altro che cavalcare l’onda dell’entusiasmo degli appassionati per guadagnare qualche lettore in più. Perché è vero, Marchionne quella frase l’ha detta, ma ha aggiunto anche degli incisi che non possono – e non devono – essere ignorati.
Facciamo un piccolo passo indietro, e torniamo al 2015. La “bomba” di un possibile ritorno di Alfa Romeo in F1 viene fatta esplodere da Marchionne proprio durante il pranzo di fine stagione della Ferrari, in un periodo dell’anno in cui l’attenzione mediatica del mondo della F1 – fermo da un mese e destinato a rimanere in stand-by per quasi altrettanto tempo – è catalizzata verso tutti questi eventi di contorno, all’interno dei quali qualsiasi dichiarazione importante in merito a progetti futuri è in grado di sollevare un vespaio immane. Marchionne, da uomo di marketing qual è, questo lo sa bene. E, per questo, dà la news: l’Alfa Romeo potrebbe addirittura pensare di rilevare l’indebitata Sauber nel 2016 – o al massimo nel 2017 – e riportare il marchio del Biscione in Formula 1 con un progetto parallelo ma indipendente da quello della Scuderia Ferrari.
E’ il caos totale. Testate che battono notizie di trattative di acquisto già in fase avanzata, testate che parlano di motore Ferrari sviluppato da Maranello in due versioni per poterne montare uno con soluzioni tecniche differenti sulle monoposto Alfa, testate…contro il muro, mi verrebbe da dire. Perché, ovviamente, si arrivò ad un nulla di fatto. Alfa Romeo era impegnata all’epoca nella definizione della campagna di lancio dell’auto simbolo della sua rinascita, la Giulia, allora in preda a dei ritardi nella produzione che stavano iniziando a preoccupare non poco, inseguiti com’erano da voci riguardanti possibili falliti crash-test. Figurarsi se un marchio che era in rampa di rilancio. con tutte le incognite del caso e dopo aver affrontato degli investimenti importanti per rendere la Giulia qualcosa di diverso rispetto alle dirette concorrenti tedesche, oltretutto pianificando delle strategie commerciali anche per gli anni futuri (ad esempio, con la creazione della Stelvio), si sarebbe mai sognato di sobbarcarsi i rischiosi investimenti monstre che una stagione di F1 comporta.
Ma il catalizzare l’attenzione dei riflettori dei media sulla F1 più che sulla Giulia, ha contribuito ad alleggerire la tensione circa la nuova nata di Arese, catalizzando l’attenzione mediatica su altri aspetti del marchio, che ha poi potuto completare la linea di produzione della propria vettura in maniera più…rilassata, visto che per diversi mesi il mondo dell’automotive sembrava essersi dimenticato della Giulia, in preda all’inseguimento sfrenato dei render di monoposto Alfa che piovevano da ogni dove. Di questo, Marchionne, se n’è accorto sicuramente, e conoscendo il talento strategico del presidente della Ferrari non mi stupirei affatto se fosse stato proprio quello il suo intento. E così, dopo un anno di silenzi e di trattative mai avvenute, torniamo al nostro pranzo di Natale 2016, dove l’ipotesi di un ritorno di Alfa Romeo in F1 torna a farsi insistente. Guarda caso, ancora una volta, in un momento cruciale – e di pressione – per il marchio, che è alle prese con la campagna di lancio vero e proprio della Giulia e con la preparazione del lancio della Stelvio, presentata appena qualche settimana fa.
E difatti, come dicevo poco più sopra quando parlavo di “incisi” pronunciati da Marchionne, vista la situazione attuale il presidente della Ferrari qualche frase che dovrebbe raffreddare gli animi – ormai già sovraeccitati – l’ha pronunciata. “Il problema è che in questo momento, a causa del lancio delle vetture stradali che usciranno prossimamente“ – ha detto Marchionne – “ci sono già parecchi impegni dal punto di vista finanziario. Con i lanci della Giulia e della Stelvio bisogna aspettare un attimo, ma spero di potercela riportare”. Perché, fondamentalmente, è questo il problema principale. Alfa Romeo può tornare sì in F1, ma dovrà farlo contando unicamente sulla propria forza commerciale e non attingendo a destra e a manca dalle casse degli altri marchi di FCA. E non potendo neppure godere dei bonus economici impressionanti che la Scuderia Ferrari, in quanto unico “marchio storico” della F1, consegue al termine di ogni stagione ed indipendentemente dai risultati economici conseguiti sulla base del famoso “Patto della Concordia” che le conferisce anche il diritto di veto.
E c’è da chiedersi come questa disponibilità economica possa essere trovata in tempi brevi, con in listino auto valide che hanno però la sfortuna di occupare settori di mercato in cui la concorrenza è spietata. Serie3, A4, Classe C per la Giulia e non sto nemmeno ad elencare tutti i SUV che sono pronti a mettere i bastoni tra le ruote alla Stelvio, o le avversarie di MiTo e Giulietta. L’idea di Marchionne, a quanto sembra, sarebbe quella di rendere il Team di F1 dell’Alfa Romeo una sorta di…Toro Rosso. Una Scuderia che viva sotto l’ala protettrice della Ferrari ma con dei progetti indipendenti, in grado di far crescere adeguatamente tecnici e piloti prima di portarli alla corte della Scuderia di Maranello. Un’idea decisamente apprezzabile, visto che ormai in un modo o nell’altro tutti i Top Team si stanno dotando di squadre satellite dove piazzare i giovani talenti (oltre a RedBull, vedi Mercedes con Manor e, perché no, Force India), mentre Ferrari si trova sempre nella situazione di dover mediare con le necessità degli sponsor in quelle Scuderie con le quali, in forza di accordi di fornitura di componenti come Haas o Sauber, potrebbe invece mettere qualche talento della FDA, Academy dai risultati finora piuttosto deludenti.
In conclusione, quindi, cosa c’è di concreto dietro le dichiarazioni di ieri di Sergio Marchionne? Poco o nulla. A livello concettuale invece? Ecco, lì sì che forse qualche passo avanti è stato fatto rispetto al 2015, quando il ritorno di Alfa in F1 era stato sbandierato ai quattro venti privandolo però di una parvenza di progetto. Ma la strada è parecchio lunga, prima di veder rientrare il Biscione dall’entrata principale del Motorsport, e dovrà anche fare i conti, un domani, con il resto delle Scuderie di F1, che non vedrebbero di buon grado l’ingresso di un altro Team su cui Ferrari, in un modo o nell’altro, potrebbe sperimentare delle soluzioni da portare poi sulle proprie monoposto. Riecheggia ancora infatti l’eco delle parole di Christian Horner, successive alle dichiarazioni di Marchionne del 2015, in cui sosteneva che sarebbe stato eccessivo permettere alla Ferrari di avere contatti ed informazioni dalla Haas – all’epoca era ancora vivo il fuoco della polemica sul presunto utilizzo, da parte di Maranello, dei dati provenienti dalla galleria del vento del Team statunitense – ed un proprio Team satellite, mostrando una certa ritrosia da parte del mondo RedBull nell’accettare l’ingresso del Biscione.
Problemi, questi, che non devono essere troppo sottovalutati e che però, qualora si presentassero, sarebbe un piacere affrontare perché vorrebbe dire che Alfa Romeo sta davvero per tornare in Formula 1. Ma questo, come le stesse parole – quelle poco pubblicizzate – di Marchionne confermano, se avverrà avverrà in un futuro, non si sa quanto prossimo. Forse, volendo fare ipotesi, dopo il 2020, quando scadrà il “Patto della Concordia” e si dovrà tornare al tavolo delle trattative per riscrivere accordi, commerciali e non. Di certo, però, non ora.