Capita spesso, durante i Gran Premi freddi e umidi, di veder comparire dei vortici in alcune zone della vettura, solitamente alle due estremità laterali dell’alettone posteriore. Questi si chiamano vortici d’estremità d’ala – o in gergo trecce di Berenice – perché si formano all’estremità delle ali, direbbe il maresciallo La Palice. Ma perché si formano e come mai si vedono solo in certi casi?
Partiamo dalle basi: i circuiti di F1 sono pieni di curve e una monoposto di F1, per essere competitiva, deve essere veloce in curva. Come raggiungere questo obiettivo? Le leggi della fisica ci dicono che la forza di attrito statico, ovvero quella che permette alle gomme di non scivolare lateralmente, è proporzionale al coefficiente di attrito statico moltiplicato per la componente della forza che agisce perpendicolarmente alla superficie su cui è poggiato lo pneumatico. Il coefficiente di attrito dipende dal tipo di gomma utilizzata e dal tipo di asfalto. Per esempio le gomme morbide hanno un’aderenza maggiore rispetto alle dure a parità di asfalto (quando lavorano in condizioni ottimali). Le squadre possono invece lavorare per aumentare quanto più possibile la forza verticale. Ecco che entra in gioco l’aerodinamica.
Per aumentare la spinta aerodinamica verso il basso è necessario che la differenza di pressione tra la zona inferiore e quella superiore della vettura sia la più grande possibile. Moltiplicando questa differenza di pressione per la superficie sulla quale agisce si ottiene la forza aerodinamica risultante. Questo delta di pressioni porta con sé degli effetti collaterali. La natura infatti tende all’equilibrio e i fluidi tendono a migrare dalle zone di alta pressione verso quella a bassa. Ecco che quindi, in corrispondenza delle estremità alari, l’aria passa dalla parte superiore dell’alettone (alta pressione) a quella inferiore (bassa pressione) creando un vortice. Questi vortici d’estremità d’ala sono tanto più intensi quanto più è grande la differenza di pressione. Secondo questi principi fisici si formano i vortici alle due estremità dell’alettone posteriore e il celeberrimo vortice y250 ai vertici dei flap dell’alettone anteriore.
Ma come mai si vedono solo quando il tempo fa schifo? Quando il fluido passa dalla zona di alta pressione alla zona di bassa pressione accelera. La struttura che si viene a creare, il vortice, è formata da un cuore in cui l’aria ruota ad alta velocità e, di conseguenza, ha una bassa pressione. Ora mettiamoci nelle condizioni atmosferiche del GP di Turchia: ha appena piovuto e l’umidità dell’aria è alta. La vita ci insegna che quando la temperatura scende al di sotto della temperatura di rugiada, il vapore in eccesso condensa e diventa visibile sotto forma di goccioline d’acqua. Come detto, all’interno di un vortice si ha un abbassamento di pressione: questo, di per sé, provoca un abbassamento della temperatura di rugiada e quindi renderebbe la condensazione più difficile. L’abbassamento di pressione del vortice porta con sé, però, anche un decremento di temperatura. Quest’ultimo è maggiore di quello della temperatura di rugiada e quindi l’acqua adesso può condensare. Adesso è possibile vedere la formazione vorticosa in tutto il suo splendore.
Di seguito riportiamo alcuni esempi di vortici d’estremità d’ala. Questo fenomeno fisico non è da attribuire all’accuratezza aerodinamica delle odierne F1: si potevano notare già molti anni fa. Storica è la battaglia tra Ayrton Senna e Nigel Mansell in cui si possono scorgere bene i vortici d’estremità.
La stessa cosa accade -come si può ben immaginare- in campo aeronautico, dove sempre in particolari condizioni atmosferiche possiamo notare i vortici all’estremità delle ali.
Ecco infine un disegno utile a capire quello che succede intorno ad un’ala di estensione finita. Gli alettoni di F1 funzionano allo stesso modo: l’unica differenza è che sono montati sottosopra. I vortici ruotano quindi in verso opposto rispetto a quello degli aerei.