Sono fuori l’ingresso, con in mano il mio Pass per il Paddock. Da appassionato di Formula 1, che ha immaginato questo momento sin dalla prima volta che da bambino ha visto un Gran Premio in televisione, è come se in quella mano stringessi un sogno. Un sogno che, grazie al Sahara Force India F1 Team, sta diventando improvvisamente realtà. Le mie mani tremano leggermente quando avvicino il pass al tornello elettronico, e ad un leggero “bip” sonoro fa seguito l’apertura del piccolo cancello. Finalmente ci sono, mi dico. Finalmente sono nel Paddock della F1.
Ma non mi trovo qui solamente per visitarlo in qualità di semplice ospite. Sono qui, infatti, per lavorare come membro effettivo del Team Force India per l’intera durata del week-end di gara. E se già l’entrare nel Paddock ha stampato sulla mia faccia un enorme sorriso, il solo pensare a ciò lo ha reso ancora più grande. Mentre cammino tra le lucide e luccicanti hospitality, quello che subito risalta ai miei occhi è come il mondo della F1 abbia la velocità insita nel proprio DNA. Anche il giovedì infatti, giornata che ad un osservatore esterno appare estremamente tranquilla fatte salve le conferenze stampa ufficiali, la F1 non riposa affatto. Giornalisti, addetti stampa dei vari team, meccanici, ingegneri, piloti: sono tutti concentrati sulla giornata di domenica, sono tutti già in “modalità gara”. E hanno tutti parecchie cose da fare.
Una delle prime e più importanti attività di questo giovedì è, infatti, la track-walk, un momento in cui la ricerca della perfezione congenita in questo sport viene fuori in una maniera impressionante. Entrambi i piloti, seguiti dai propri ingegneri, analizzano ogni possibile dettaglio della pista: i cordoli, come il grip cambia dall’asfalto alla linea bianca, l’inclinazione di ogni curva. Tutto viene fatto per prepararsi al meglio alle Qualifiche ed alla Gara, e lo si capisce anche dal fatto che sia Nico che Sergio, nel passeggiare lungo lo storico tracciato brianzolo, seguano le traiettorie e cerchino l’apice di ogni singola curva, come fossero già in macchina.
I quasi 6 km del circuito monzese, seppur percorsi a passo (molto) svelto, ci portano via quasi un’ora della mattinata. Al rientro dalla track-walk si passa attraverso la Pit Lane, e mi dirigo verso il garage della Force India, per fare il mio primo vero ingresso in un box di F1. Che, lasciatemelo dire, è un posto semplicemente fantastico. Le due VJM08 sono lì, in fase di assemblaggio, con cavi che ancora penzolano e paratie che sporgono: ma sono già bellissime. Trasmettono velocità persino così, smontate e piazzate sui martinetti idraulici. Sono vetture create per un unico scopo: andare incredibilmente veloce. Ed ogni singola forma, ogni singola linea delle F1 sembra gridarlo al cielo. L’assembramento di meccanici, che lavorano praticamente su ogni singolo dettaglio, è indice di quante cure queste vetture necessitino durante la loro vita. Vi assicuro che è davvero difficile, uno volta che ci si trova davanti una monoposto di F1, distogliere lo sguardo da quel disegno così perfettamente fluido nelle forme. Ma in F1 il tempo è tiranno non solo per i piloti. Se fai parte del team, indugiare sulle due VJM08 equivale a buttare via tempo. E le conferenze stampa di Nico e Sergio, assieme alle interviste per le varie testate giornalistiche internazionali, ci attendono.
Conferenze che portano via ciò che resta di questa prima mattinata di lavoro. Subito si corre nel Press Office per battere ciò che i due piloti hanno appena dichiarato, e la pausa pranzo tarda non poco ad arrivare. Dopo un breve break, mi preparo ad affrontare, dal punto di vista del team, uno dei momenti topici e tipici del weekend monzese: la Open Pit Lane. Nugoli di gente si assiepano sulle transenne poste proprio di fronte ai garage delle varie scuderie per scattare una foto, ricevere un autografo o anche solamente un sorriso dai propri piloti preferiti. I piloti si rivelano gentilissimi e disponibili con tutti, ma il tempo torna nuovamente a dettar legge nel Paddock: piloti di nuovo nel retrobox e via con le esercitazioni dei Pit Stop. Una manovra che, vista a pochi metri di distanza, impressiona per la sua rapidità: solamente lo slow-motion riesce a far apprezzare appieno ogni singolo attimo di questa operazione fondamentale nell’economia della gara, dove ogni decimo può fare la differenza. La sinergia che muove i meccanici è impressionante, e ci se ne rende ancor di più conto quando, grazie ad uno dei tecnici, divento improvvisamente l’”Uomo del Lollipop”. Paletta di fronte al pilota, “Brakes” quando la macchina si arresta, “Gear In” quando vanno via gli pneumatici e “Leccalecca” che scompare non appena i semafori diventano verdi. Mi ci vogliono un paio di tentativi per trovare il giusto timing, poi l’entusiasmo prende il sopravvento e mi sento ancora più parte di un team che mi accolto nella miglior maniera possibile.
Con le pacche dei meccanici sulle spalle, mi accorgo tuttavia che è arrivato il momento di assolvere il compito per cui sono stato chiamato dalla Force India, ovvero scrivere. E anche qui la F1 impone il proprio ritmo tambureggiante: l’articolo dev’essere scritto in massimo un’ora, prima che arrivi l’ora di cena, per metterlo online alle prime ore della sera (basandosi sull’orario della gara). Il tempo vola, e la sanguinosa luce di un tramonto mi fa accorgere di quanto in fretta se ne sia andata la mia prima giornata nel team. Una giornata che con ogni probabilità non dimenticherò mai.