Una nuova intervista ad un’altra campionessa nel mondo dei motori. Rimaniamo sempre sulle due ruote, ma questa volta passiamo dall’asfalto al fango, dalla Spagna all’Italia, per conoscere la sei volte campionessa mondiale di motocross Kiara Fontanesi.
Classe 1994, Kiara Fontanesi nasce a Parma, nel cuore della Motor Valley italiana. Potevano delle radici del genere non influenzare la sua vita fin dalla nascita? E, infatti, a tre anni riceve la sua prima moto, una Yamaha Pw 50: è colpo di fulmine e già a 6 anni vince la sua prima competizione.
La carriera sportiva di Kiara è in continua ascesa: nel 2007 vince il Loretta Lynn’s Vault negli Stati Uniti, prima italiana a riuscirci, ma nel 2008 passa dal minicross alle 125 vincendo immediatamente il Campionato Italiano Femminile. Debutta nel Mondiale nel 2009 e, a soli 15 anni, è la più giovane del paddock; vince il primo titolo nel 2012, per poi replicarsi altre cinque volte, nel 2103, 2014, 2015, 2017 e 2018. Si ferma nel 2019 e diventa mamma della piccola Skyler, ma ad inizio 2020 è di nuovo sul podio.
Grazie al suo palmarès viene spesso considerata la “Valentino Rossi del motocross” o la “Tony Cairoli del WMX”: forse è giunto il momento di conoscerla semplicemente come la campionessa che è, Kiara Fontanesi.
FUORITRAIETTORIA – Ciao Kiara! Conosciamo un po’ già il tuo passato, ma vorrei parlare del tuo presente. Ormai sei una veterana, anche in confronto alle tue avversarie, ma dopo tanti anni e sei Mondiali, cos’è che ti dà ancora la spinta per gareggiare ed arrivare spesso a podio?
KIARA FONTANESI – Ciao! Allora, quest’anno in particolare è stato l’arrivo di Skyler perché quello che volevo era diventare madre e la motivazione per tornare in moto è venuta sia dalla voglia di portare lei sul podio con me che dal tornare a vincere da mamma. Questa sicuramente è stata la motivazione di quest’anno. Per quanto riguarda gli anni scorsi, ogni stagione è sempre più difficile, quindi si cerca di guardare sempre a qualcosa di diverso. Per il quarto mondiale la motivazione era quella di fare qualcosa che non aveva fatto mai nessuno prima, ovvero vincerne quattro di seguito. Col successivo ovviamente volevo riconfermarmi e con l’ultimo c’era la possibilità di vincere il Titolo in Italia.
FT – Nel corso degli anni è diventato più difficile per motivazioni tue o per l’arrivo di avversarie decise a batterti?
KF – Ogni anno è più difficile per svariati motivi. Anche se sei la più veloce o la più forte, in due manche di venti minuti più due giri, puoi inciampare in tantissime variabili, anche solo una brutta partenza, una scivolata, un doppiato… Diciamo che la gara è sempre molto difficile. Ad esempio, io ho sempre fatto il primo tempo in qualifica, ma poi non ho vinto tutte le gare: è la prova che puoi anche essere la più veloce, ma poi in gara deve andare tutto bene!
FT – Tu a volte corri anche con i ragazzi, hai notato differenze? È vera la diceria che le donne siano molto più competitive?
KF – Credo che la competizione sia uguale: sia nel femminile che nel maschile tutti partiamo per vincere. La differenza è che gli uomini non sono come le donne, le ragazze hanno sempre un po’ più il dente avvelenato, ci sono un po’ più pettegolezzi… Io non sono così ed è il motivo per cui mi trovo molto meglio a rapportarmi con gli uomini.
FT – L’arrivo di Skyler, dal punto di vista sportivo, come ti ha fatta cambiare come atleta?
KF – All’inizio devo dire che era tutto abbastanza uguale, nel senso che mi era tornata tantissima voglia di risalire in moto, proprio quella voglia che mi stava andando via negli ultimi anni. La nascita di Skyler era, ovviamente, una cosa totalmente nuova per me, ma sto realizzando davvero solo in questo momento perché adesso tutto ruota intorno a lei. Prima era quasi un “bambolotto” e andavo in automatico con le cose da fare, ora invece ti chiama, vuole la tua attenzione e ti rendi sempre più conto della responsabilità che hai e dell’impegno che un figlio richiede. Però sono sempre riuscita ad allenarmi e fare tutto ciò che richiede il mio lavoro.
FT – Come hai detto, la tua gravidanza è stata voluta, ma se un’atleta dovesse avere una gravidanza improvvisa, come funzionerebbe a livello contrattuale? Avete qualche “clausola maternità”?
KF – Sì, la mia gravidanza è stata voluta, ma è come se fosse stata inaspettata. Nel senso, io non ho detto a tutte le persone che mi stanno vicine che volevo diventare mamma, la mia famiglia sapeva di questo desiderio, ma ovviamente non sapevano quando lo avrei realizzato… è una cosa così delicata che non sai quando e come condividere, anche perché i fattori coinvolti sono molti.
Quando abbiamo scoperto che ero incinta, abbiamo immediatamente dato la bella notizia alla famiglia, ma ci siamo fermati a ragionare sul come e quando condividerla con tutte le altre persone che avrebbero dovuto saperlo. A qualcuno è stato detto prima dei tre mesi, ad esempio Yamaha, mentre tutti gli altri lo hanno saputo dopo (ndr: i primi tre mesi di una gravidanza sono quelli più delicati e in cui il rischio di un aborto spontaneo è più elevato, per cui l’annuncio del lieto evento solitamente viene dato al compimento del primo trimestre). È andata bene perché avendo io dei problemi fisici, avevo comunque deciso che quell’anno non avrei corso, quindi avevamo anche questa carta da giocarci. Alcuni hanno mantenuto l’accordo che avevamo anche se non avessi corso, altri solo in parte, ma è stata presa molto bene in linea generale. Tutta la situazione è stata gestita alla pari di un infortunio. Noi alla fine corriamo 5-6 weekend per ogni stagione, quindi non è stato nulla di diverso… e forse grazie ai risultati che ho ottenuto prima, non ha pesato molto ai miei sponsor.
FT – Grazie mille per questa spiegazione! Di solito si pensa all’atleta nel mondo dei motori solo come uomo che, ovviamente, non avrà mai la possibilità di una gravidanza, quindi c’è ancora curiosità attorno all’argomento.
KF – Infatti è stata una cosa nuova anche per i miei sponsor! E, giustamente, hanno pensato “cavoli, questa clausola qua nei contratti bisogna aggiungerla!” perché magari non avevano considerato questa evenienza nel lavorare con una donna. Ha fatto pensare tanti, anche aziende grosse, perché io questa clausola nel contratto non la avevo.
FT – Un’ultima domanda. Come mai la scelta di aprire la KF8 Mx Training e quali sono gli obiettivi che avete?
KF – Innanzitutto volevamo creare una sorta di futuro a quelli che sono stati i miei risultati negli anni e, soprattutto, mettere a disposizione delle persone che vogliono praticare questo sport l’esperienza che abbiamo accumulato negli anni. Quando ho iniziato a correre in moto io seriamente, non c’era questa possibilità, quindi abbiamo voluto mettere a disposizione non solo l’esperienza accumulata negli anni e le capacità tecniche, ma anche un supporto a livello di fisioterapia e, ad esempio, cliniche private competenti nel nostro ambito.
L’obiettivo è quello di creare un gruppo ben formato, ma aperto a tutti, sia bambini piccoli che persone più adulte. Abbiamo aperto da poco l’Academy anche a sport che non siano motocross e l’obiettivo è, quindi, sicuramente quello di ampliare il raggio degli sport, ma anche quello di creare una base solida, un punto di riferimento per chi, invece, vuole avvicinarsi al motocross.