A guardarla così, dall’esterno e su due piedi, non so in quanti sarebbero in grado di sospettare cosa si nasconda sotto la carrozzeria. Le linee piuttosto particolari, dopotutto, riescono a camuffare egregiamente la sua vera identità, lasciando che siano semmai solamente le dimensioni tipicamente da segmento C a far affacciare nella mente di alcuni – o meglio, nella mente di pochi – qualche vago dubbio. Siate sinceri, con voi stessi ancor prima che con me: se non lo aveste saputo (o se non ve lo avessi detto io in questo momento), avreste mai pensato che sotto la carrozzeria dell’Infiniti Q30 si nasconde…una Mercedes Classe A?
La maggior parte di voi, probabilmente, affidandosi solamente alla propria vista non sarebbe mai riuscita a giungere a questa soluzione. Eppure è così, dato che la segmento C del brand di lusso del marchio Nissan nasce dallo stesso cordone ombelicale della Classe A W176 (quella pensionata pochi mesi fa, per intenderci), condividendone in questo modo piattaforma, meccanica ma non forme esteriori: perché quelle no, decisamente non sono in comune con la piccola di Casa Mercedes.
Per distinguersi dalla sua cugina teutonica, infatti, la Q30 si è affidata con anima e corpo al centro design del marchio nipponico, che l’ha plasmata con linee piuttosto rotonde, spigolosità limitate ai soli dettagli ed un aspetto che nel complesso riesce a risultare morbido ma allo stesso tempo affilato. Cromature sparse qua e là sulla carrozzeria impreziosiscono la sua silhouette, resa ben riconoscibile sia dalla forma ondulata assunta dal montante C sia dal suo peculiare design posteriore, caratterizzato dalle linee particolari del lunotto e – nel caso della versione che ho provato – dai due terminali di scarico sdoppiati, cromati e rettangolari che sono incastonati ai lati del paraurti.
Nel vastissimo panorama delle segmento C, e quantomeno per quel che riguarda il punto di vista del design, l’Infiniti Q30 riesce a dire la propria senza particolari patemi d’animo: definire “belle” o “brutte” le linee di quest’auto è un compito che verrà svolto dal gusto personale di ciascuno di noi, ma è innegabile che la piccola del marchio nipponico cerchi, si impegni, si sforzi di dire la propria a livello stilistico, assumendo senza remore i connotati tipici del proprio marchio e segnando un netto stacco rispetto a tutte le sue dirette avversarie. E’ vero, non bastano i cerchi da 19″ a regalare una spolverata di sportività ad un’auto che fa avvertire in maniera netta tutti i suoi 4,4 m di lunghezza, 2,0 m di larghezza ed 1,47 m di altezza, ma trattandosi Infiniti di un brand di lusso non mi sento sinceramente di colpevolizzare la piccola Q30 per questo.
Se dunque la segmento C del Sol Levante riesce a camuffare per benino la sua anima tedesca dal punto di vista degli esterni, lo stesso non può dirsi per quel che riguarda gli interni, il comparto in cui probabilmente la somiglianza – e in alcuni casi addirittura l’uguaglianza – di alcune componenti rende davvero difficile cogliere le differenze tra le due auto. Il volante, il quadro strumenti, i comandi dei sedili regolabili elettricamente, la consolle di controllo di finestrini e specchietti: è tutto tanto, troppo Mercedes, e devo davvero sforzarmi di fissare il logo Infiniti incastonato al centro del volante per ricordarmi di non essere al volante di un’auto della Stella a Tre Punte.
E’ ovvio, alla base di una simile scelta ci sono evidenti logiche ed esigenze di mercato, ma lasciatevi dire che a me è dispiaciuto che la Q30 peccasse un po’ d’identità in alcuni suoi – fondamentali – elementi. Anche perché la longa manus nipponica è arrivata in altri punti dell’abitacolo: la parte superiore della plancia è stata disegnata in modo tale da renderla coerente con le sinuose forme esteriori, e dunque mi fa storcere un po’ il naso il fatto che in Infiniti non abbiano potuto (o voluto) intervenire con maggiore convinzione e personalità per nascondere alcuni dei tanti pulsanti fisici – presenti nonostante lo schermo touch-screen da 7” del sistema InTouch – o per rendere più particolare la Q30. Un’auto che sì, come da copione presenta materiali di buona qualità e finiture di pregio, ma che per quel che riguarda gli interni fa fatica a lasciare su di me un ricordo indelebile.
Ricordo che, invece, resta ben vivido per quel che riguarda le sensazioni di guida. Che, nel caso specifico della Q30 da me avuta in prova, non sono state del tutto positive. Intendiamoci, la segmento C di Infiniti ha diverse frecce al suo arco. Il motore ad esempio, un turbo diesel da 2.200 cc in grado di erogare 170 CV a partire da 3.400 rpm e 350 Nm già a 1.400 rpm, sembra essere realizzato su misura per quest’auto: fluido nell’erogazione, spinge senza esitazione sin dai bassi regimi con la risposta tipica dei motori diesel – quella che sull’altare della coppia ha sacrificato ben volentieri i poderosi allunghi – e non mi ha mai dato la sensazione di avere a disposizione meno potenza di quanta me ne sarebbe servita. A supporto del 2.2 turbo diesel, che permette alla Q30 di coprire lo 0-100 km/h in 8″3 e di raggiungere i 220 km/h di velocità massima e di far registrare un consumo medio di circa 17 km/l, c’è poi il cambio automatico doppia frizione a 7 rapporti che si è andato pian piano affinando in anni di permanenza sulle auto della Stella a Tre Punte: con non troppi rapporti con cui gigioneggiare, il DCT – utilizzabile in modlità Eco, Normal o Sport – anche in Drive è fluido ed intelligente quel tanto che basta per innestare sempre la marcia giusta, lasciando poi alla modalità sequenziale il compito di farvi usare i piccoli paddle dietro al volante in modo tale da metterne in in luce anche una dignitosa rapidità, decisamente più che adeguata per la tipologia di automobile.
Le note parzialmente stonate, quando si guida l’Infiniti Q30, vengono fuori nel momento in cui si cerca di prendere ritmo nel misto. Se infatti in città il comfort assicurato dalla segmento C del Sol Levante è adeguato anche grazie ad una spalla non troppo esigua dei suoi pneumatici 235/45, e se nei curvoni autostradali le sospensioni Multilink al posteriore lavorano molto bene trasmettendovi una sensazione di grande stabilità, è proprio dove servono agilità e prontezza che la Q30 presta il fianco a più di una critica. Equipaggiata con una frizione multi-disco che permette di ripartire fino al 50% della coppia sull’asse posteriore e che garantisce tanta motricità anche in condizioni di asfalto viscido, la piccola di Casa Infiniti munita di trazione integrale mette in mostra piuttosto in fretta la sua massa importante, eccessiva per le dimensioni dell’auto e capace di influenzare fin troppo il comportamento dell’auto. Lo sterzo della Q30 è infatti piuttosto preciso e diretto, ma i suoi 1.598 kg a vuoto – un valore che nell’esemplare in prova era ancora più alto per via del tettuccio apribile in vetro – hanno troppo spesso la meglio sull’assetto e la trazione integrale della Infiniti, rendendola particolarmente sensibile ai trasferimenti di carico ed evidenziandone una tendenza al sottosterzo che avrebbe dovuto probabilmente rimanere più nascosta.
Il gran merito della Q30, quantomeno, è quello di risultare sincera nonostante i kg di troppo: l’impianto frenante mette sul piatto dischi ventilati da 320 mm all’anteriore e dischi da 295 mm al posteriore che gli permettono di assicurare sempre la giusta forza frenante, e la combinazione tra telaio ed assetto consente alla piccola Infiniti di non disunirsi né quando si forza un po’ in curva né quando si arriva leggermente scomposti in frenata. Certo, il concetto di sportività è lontano anni luce, ma come ho già accennato poche righe più sopra di certo alla Q30 non si può dare la colpa di non essere qualcosa che lei non voleva neppure lontanamente sembrare.
Semmai, alla segmento C di Infiniti, di responsabilità se ne può addossare un’altra: quella di non essere riuscita a giustificare la differenza di prezzo – circa 5.000 € – che c’è a quasi totale parità di allestimento tra lei e la Mercedes Classe A, l’auto con la quale condivide tanto (e in alcuni casi anche troppo). Perché da questo punto di vista sì che le si chiedeva di essere quello che con tanta sicurezza vuole esternamente sembrare.
Ecco il video della nostra prova: