Che sul futuro sudamericano della Dakar si stessero addensando cupi nuvoloni grigi lo si era capito da parecchi mesi. Sin da quando, verrebbe da dire, il solo Perù aveva confermato la propria disponibilità ad ospitare l’edizione 2019 del Rally Raid più famoso del mondo.
Il forfait dato da Bolivia ed Argentina a seguito della Dakar 2018, infatti, non era di certo stato un segno benaugurante per il prosieguo della permanenza della grande classica off-road nel continente americano. A questioni sportive – in molti hanno notato l’appeal calante di un’edizione percepita come meno “estrema” rispetto a quella degli anni passati – si sono poi aggiunte questioni economiche, con il solo Perù che in solitaria non sarebbe evidentemente riuscito ad assicurare la permanenza della Dakar sul proprio territorio per un altro anno. Ed a questo scenario poco ottimistico, come se non bastasse, si è poi unita la deludente e criticata edizione 2019 del Rally Raid, costellata da errori organizzativi, incertezze regolamentari e dalle tantissime polemiche che hanno accompagnato la carovana dei mezzi lungo tutti gli oltre 4.000 km di gara.
La Dakar, sin dal momento in cui aveva smesso di sventolare la bandiera a scacchi al traguardo di Lima, aveva capito di dover cambiare casa. E dunque, dopo una permanenza durata 30 anni in Africa ed 11 anni in America Latina, il Rally Raid più famoso del mondo si trasferisce di nuovo. Destinazione Arabia Saudita.
Sarà infatti il Medio Oriente ad ospitare l’edizione 2020 della Dakar, con la competizione che si presume scatterà da Riyadh e con un percorso che, ovviamente, è ancora tutto da definire. “Siamo felicissimi di poter ospitare la Dakar nella nostra regione” – ha commentato un entusiasta Nasser Al-Attiyah, vincitore della Dakar 2019 – “Amiamo il Sud America, le persone che vivono lì ed i loro meravigliosi paesaggi, ma se queste sono le decisioni degli organizzatori noi non possiamo far altro che rispettarle”. “Si sta verificando la stessa situazione che abbiamo avuto quando siamo passati dall’Africa al Sud America” – prosegue il qatariota – “Non eravamo felici inizialmente, volevamo continuare a correre lì, ma alla fine ci siamo adattati in fretta. Credo che la stessa cosa accadrà anche in Medio Oriente“.
“Al momento sembra che l’intera corsa si disputerà in Arabia Saudita, ma credo che si possa tentare di coinvolgere anche alcuni paesi confinanti come Egitto, Giordania ed Oman“, ha concluso l’alfiere del Toyota Gazoo Racing Team, in attesa come noi del 25 aprile nella speranza che vengano rilevati dettagli ed informazioni in più su una Dakar che pareva effettivamente aver bisogno di una boccata d’aria fresca. E chissà che la vicinanza con l’Europa non spinga anche un certo Fernando Alonso ad impegnarsi ancora più seriamente in quei test con la Toyota Hilux a cui ultimamente sta partecipando…