E’ stato Valtteri Bottas a trionfare nel round di apertura della Stagione 2019 di F1. Con una prova magistrale, il #77 ha rifilato 21″ netti ad un Hamilton rimasto mutilato per via di un danno al suo fondo scalinato, che lo ha costretto a correre più sulla difensiva con un sempre presente Max Verstappen che non ad andare all’attacco nei confronti del compagno di squadra. Se Bottas è stato dunque il migliore in pista, i suoi colleghi di lavoro come si sono comportati?
VALTTERI BOTTAS – 10. Letale in partenza, costante per tutta la gara, spregiudicato quel tanto che basta per ignorare l’ordine di Wolff di non cercare il giro più veloce: Valtteri Bottas, in Australia, è stato perfetto come non lo si vedeva da tempo. Se dovesse mostrare questa tenuta mentale per tutto l’arco della stagione potrebbe rivelarsi una spina – inaspettata – nel fianco di Lewis Hamilton.
LEWIS HAMILTON – 7. La Pole con cui regola tutti sembra far presagire una domenica all’insegna del monologo del #44, ma lo slittamento in partenza gli fa perdere la leadership a favore di Bottas e da quel momento le cose si complicano. Con il fondo rovinato per via di un passaggio troppo brusco su un cordolo non ne ha per stare con il #77, ma ha il merito di resistere con un’auto non perfetta ad un arrembante Max Verstappen.
MAX VERSTAPPEN – 8. Se non ci fosse stato Bottas l’MVP di giornata sarebbe probabilmente stato lui. Il motore Honda (finalmente) funziona, la Red Bull non mangia le gomme e lui, come sempre, ci mette del suo. Arcigna la gara, bello il sorpasso sulla Ferrari di Vettel, indemoniato e secondo solo al #77 il suo passo gara nella seconda metà del GP. Avrei voluto mettergli 9, ma quella sbavatura mentre era all’inseguimento di Hamilton ha un suo peso.
SEBASTIAN VETTEL – 6. Opaco, un po’ come la vernice della sua SF90. Dopo 8 giorni trascorsi avendo tra le mani una Ferrari reattiva, si ritrova all’Albert Park alle prese con una monoposto che forse non riconosce neppure, troppo brutta per essere vera. In crisi con le gomme (l’unico del lotto ad accusare un problema di tale entità), chiude il GP che aveva vinto per due anni consecutivi a 57″ di ritardo dal leader. E se alle sue spalle non ci fosse stato Leclerc non avrebbe neppure visto la 4^ posizione…
CHARLES LECLERC – 6. Numeri alla mano fa peggio di Vettel sia in qualifica che in gara, ma se non fosse intervenuto il muretto Ferrari il monegasco avrebbe tagliato il traguardo ben davanti al tedesco. Intelligente nel sacrificare la 4^ posizione appena guadagnata su Verstappen sull’altare dell’armonia in squadra – non oso pensare a cosa sarebbe successo se avesse colpito Vettel -, commette qualche sbavatura di troppo con una macchina che forse neanche lui riconosce. L’esordio non è certamente uno di quelli da incorniciare, ma grosse colpe lui non le ha.
KEVIN MAGNUSSEN – 8. Costante, veloce, come sempre ostico nelle difese: il danese porta a casa un ottimo 6° posto al termine di un weekend in cui sin dal venerdì la Haas aveva fatto capire di poter ambire con tranquillità alla Top Ten. Ora l’incognita è il prosieguo della stagione: anche nel GP d’Australia del 2018 il team statunitense era parso parecchio veloce, ma il resto dell’anno ha raccontato una storia ben diversa.
NICO HULKENBERG – 7,5. Fuori dalla Q3 in qualifica, in gara artiglia la Top Ten sfoderando un buon passo gara e gestendo al meglio le gomme. E’ però un esordio stagionale senza infamia e senza lode quello del #27 e della R.S. 19: le prime della classe sono ancora troppo lontane, e se l’Australia dovesse essere la cartina al tornasole dei valori di forza a centro gruppo neppure il rimanere 4^ forza del Mondiale potrebbe essere un’impresa così scontata.
KIMI RAIKKONEN – 7. A fine gara si rammarica di non aver potuto fare di più con un’Alfa Romeo che, a suo dire, è più veloce di quanto fatto vedere all’Albert Park. Centra bene la Top Ten, corre con un buon ritmo ma non riesce ad agganciarsi ad Hulkenberg che lo precede anche per via del tempo perso ai Box, quando i suoi meccanici devono spendere secondi preziosi per rimuovere un suo tear-off finito nella posteriore destra. Chissà se dal Bahrain Iceman inizierà a lasciare nell’abitacolo le pellicole tolte…
LANCE STROLL – 7,5. Fuori già nel Q1 per una manciata di millesimi, in gara il giovane canadese si riscatta alla grande correndo in maniera solida e veloce. Annichilisce un compagno di squadra esperto come Perez – che partiva addirittura dalla Top Ten -, dimostrando così che con una monoposto degna di questa nome anche lui può dire con costanza la sua.
DANIIL KVYAT – 8. Il russo si esibisce in un ritorno alle corse che, nel momento in cui con rabbia porta la sua STR14 davanti alla RB15 di Gasly, sa tanto di rivincita e voglia di riscattarsi. Supportato da una Toro Rosso solida e veloce, Kvyat artiglia un punticino iridato al termine di un weekend in cui la ruggine dovuta ad un anno e mezzo di inattività forzata è svanita nel giro di un Amen. Bentornato.
PIERRE GASLY – 5. Incredibilmente fuori già nella Q1 – con il team che però fa mea culpa -, la gara del francese è tutta in salita. All’Albert Park è difficile superare, ed il #10 se ne accorge sin dalla primissime fasi che lo vedono alle spalle di un nugolo di auto più lente senza che lui possa anche solo abbozzare un tentativo di sorpasso. E’ buono il suo lunghissimo stint iniziale che gli serve per risalire pian piano la china, ma una volta tornato in pista alle spalle di Kvyat con gomme più fresche era forse lecito aspettarsi un po’ di vivacità in più.
LANDO NORRIS – 6. Maestoso nelle qualifiche, impalpabile in gara. Il giovane inglese stupisce mezzo mondo andando a centrare una splendida 8^ posizione in griglia, dopodiché in gara svanisce pian piano nel gruppo di metà classifica senza che di lui se ne abbiano molte tracce. Il vero Lando qual è? Quello del sabato o quello della domenica? L’ardua sentenza la lasciamo al Bahrain.
SERGIO PEREZ – 4,5. 10° in griglia, 13° – e ben dietro al compagno di squadra – in gara. Penalizzato da una strategia non ottimale (Checo cambia le sue Soft troppo presto), si ritrova imbottigliato nel traffico e con le Hard non riesce più a trovare ritmo, chiudendo mestamente doppiato un weekend che forse dopo le qualifiche aveva immaginato diverso. Peccato, perché visto dov’è finito Stroll il potenziale per fare bene c’era.
ALEXANDER ALBON – 4,5. Davanti a Kvyat in qualifica, ampiamente alle spalle del russo e fuori dalla zona punti in gara. Anche lui paga una prima sosta eccessivamente anticipata, con le Medium di Pirelli che si rivelano improvvisamente poco adatte alla STR14 sull’asfalto di Melbourne, e non riesce più a trovare il bandolo della matassa per issarsi fuori dal limbo della seconda metà di classifica.
ANTONIO GIOVINAZZI – 5. 14° in maniera non troppo esaltante al termine delle qualifiche, in gara viene sfruttato dal muretto Box dell’Alfa Romeo per cercare di rallentare il ritmo del gruppetto formato da Magnussen & Co. nel tentativo – parzialmente riuscito – di far rientrare su di loro Kimi Raikkonen. In crisi evidente di gomme nella parte finale del suo primo stint (anche per merito di un’ala anteriore danneggiata da un detrito al via), cerca di difendersi come può finché ne ha, dopodiché è un lento scivolare indietro verso le parti basse della classifica.
GEORGE RUSSELL – 6. Solo e soltanto perché è costantemente davanti al suo più esperto compagno di squadra. La FW42 è la peggior macchina del lotto, ed il Campione del Mondo in carica della F2 non può far altro che girare in tondo nell’Albert Park nell’attesa che gli vengano sventolate le bandiere blu. Spero sinceramente che il team di Grove non lo bruci.
ROBERT KUBICA – 5,5. Solo e soltanto perché è costantemente dietro al suo più giovane compagno di squadra. Transita sotto la bandiera a scacchi con un giro di ritardo in più rispetto a Russell, ma a differenza del #63 la sua gara non è affatto lineare: un contatto fortuito con Gasly prima e la perdita dello specchietto poi costringono il polacco ad una sosta anticipata e ad una gara complicatissima nelle – purtroppo frequenti – operazioni di doppiaggio. Chissà se Robert il suo ritorno in F1 se l’aspettava così.
ROMAIN GROSJEAN – 7. Fino al famigerato Pit Stop australe la sua era stata anche una bella gara, una di quelle che lo avrebbero con ogni probabilità portato ampiamente nella zona punti. Peccato però che il dado della sua anteriore sinistra decida di abbandonarlo sul più bello, lasciandolo nella via di fuga senza possibilità di appello. Un vero peccato, visto e considerato dove sia arrivato Magnussen.
DANIEL RICCIARDO – 5,5. E’ stato un esordio davvero difficile, quello in vesti giallo-nere dell’australiano. Dietro ad Hulkenberg in qualifica, si complica la vita andando a disintegrare la sua ala anteriore su un canale di scolo nelle primissime fasi del GP, che da quel momento assume per lui i contorni di una via crucis. Troppo distante da chiunque lo precedesse per sperare di ottenere qualcosa, si ritira a metà gara per preservare le componenti della sua R.S. 19 proprio mentre la sua ex macchina acciuffa il 3° posto. Destino crudele.
CARLOS SAINZ – 4. Annichilito da Norris in qualifica, dopo neanche 15 giri è costretto a fermarsi all’ingresso della Pit Lane con il retrotreno della sua MCL34 lambito dalle fiamme partorite dal motore Renault. Se dovessero chiedermi di fare il nome di un pilota che non vede l’ora di atterrare in Bahrain e dimenticare in fretta l’Australia, quello del giovane spagnolo sarebbe il primo a venirmi in mente.