La vittoria di Toba in Moto3 e la continua crescita di Nakagami in MotoGp riportano lustro alla lunga tradizione di piloti giapponesi dopo anni di oblio. La nuova stagione sembra infatti essere partita all’insegna del Sol Levante.
L’ultima volta di un pilota giapponese campione del mondo fu nel 2009: Hiroshi Aoyama vinse a Valencia l’ultimo titolo della storia della 250 dopo una stagione combattuta fino all’ultima staccata con Marco Simoncelli. Era l’8 novembre. A partire da quella domenica di inizio autunno la nobile dinastia motoristica nipponica sembrò piano piano eclissarsi dopo decenni in cui aveva brillato nonostante le immani tragedie che avevano cercato senza successo di tarparle le ali. Non è un caso forse che l’anno seguente uno dei più cristallini talenti della neonata Moto2, Shoya Tomizawa, decise di lasciarci troppo presto sotto quel drammatico sole romagnolo di fine estate. Il motomondiale spietatamente chiedeva nuovamente pegno alla scuola motoristica del Sol Levante dopo aver già reclamato negli anni Ishikawa nel 1983, Wakai nel 1993 e Kato nel 2003. Indimenticabile anche il prezzo pagato da “Norifumi” Abe, idolo di Valentino Rossi e vittima di un incidente stradale nel 2007 dopo essersi ritirato dal circus già da alcuni anni. La morte di Tomizawa e la parabola discendente di Aoyama (si tralascia la carriera di Haga in Superbike) sembrarono porre fine ad una delle più durature e, non a caso, nobili dinastie del mondo delle due ruote. Fortunatamente da alcuni anni il trend sembra essersi invertito ed il 2019 potrebbe riservarci tante belle sorprese. Si è davvero davanti ad una nuova speranza? Il successo di Nakagami, Toba & Co. è solo frutto del talento? Oppure il loro talento è sì importante ma è affiancato spinto fortemente da “aziende” con obiettivi programmatici e di ampio respiro?
Takaaki Nakagami è senza dubbio il talento più in vista del nuovo corso giapponese. Classe 1992, la sua storia mostra quanto sia forte il suo legame con la sua terra d’origine e quanto quest’ultima abbia influito sulla sua crescita sportiva. Nel 2006 Taakaki entra nel giro della 125, ottenendo a fine 2007 una possibilità come wildcard per il Gran Premio di Valencia in cui però non arriva al traguardo. L’anno seguente corre stabilmente nel mondiale 125, classificandosi ventiquattresimo a fine stagione. Un pochino meglio va nel 2009, dove il ragazzo di Chiba si piazza sedicesimo in classifica finale. Gli anni della svolta per Nakagami sono due: il 2010 ed il 2013. Nel 2010 fa ritorno in Giappone nella classe Supersport, vincendo la prestigiosa 8 Ore di Suzuka assieme a Takui Takahashi ed al guru Ryuichi Kyionari. Sulla scia della vittoria a Suzuka nel 2011 vince il campionato nazionale J-GP2, guadagnandosi il ritorno nel mondiale come wildcard a Suzuka, dove non riesce a scendere in pista per problemi fisici. Dopo un 2012 di ambientamento, il 2013 è l’anno di Takaaki: col Team Italtrans sale cinque volte sul podio, classificandosi ottavo in campionato. Dal 2014 viene ingaggiato dalla Idemitsu Honda Asia Team: stessa squadra, guarda caso, di Kaito Toba.
Già, perchè il team Idemitsu, sponsorizzato fortemente da Honda, è stato fondamentale per questa rinascita. Dalla stagione 2014 accompagna Nakagami nella sua scalata all’olimpo delle due ruote: oltre ad averlo messo in condizione di ottenere la sua prima vittoria in Moto2 nel 2017 a Silverstone, Idemitsu gli ha permesso soprattutto di affacciarsi alla top class con il supporto di Honda in un team di tutto rispetto guidato dall’esperienza di Lucio Cecchinello. Parliamoci chiaro, Idemitsu è un vero e proprio colosso dell’industria petrolifera giapponese con un fatturato annuo di circa 40 miliardi di dollari. Nel raffinare e vendere petrolio è l’azienda di Tokyo è seconda solo a Nippon Oil. Tuttavia, come qualsiasi multinazionale moderna, Idemitsu è impegnata anche nel petrolchimico, nella lubrificazione e nel campo delle nuove energie rinnovabili. Idemitsu ha tanti soldi da investire e una vocazione aziendale affine al mondo delle corse (si pensi a Repsol, Castrol, LiquiMoly eccetera eccetera). Certo è che la partnership con Honda sembra sempre più assumere la fisionomia di un super colosso aziendale da miliardi e miliardi di fatturato e ben pochi ostacoli sulla propria strada. Senza eccessive pressioni Nakagami sta infatti avendo una crescita costante. L’ottavo posto in Qatar ne è l’ulteriore prova. Il numero #30 è solo la punta di diamante di un team estremamente organizzato e con le idee ben chiare: oltre alla MotoGP, alla Moto2 e alla Moto3, Idemitsu coltiva una potenziale schiera di talenti asiatici sponsorizzando la sempre più blasonata Asia Talent Cup, paragonabile al CEV spagnolo/europeo.
L’Asia Talent Cup guarda caso è un campionato monomarca Honda in cui quest’anno corrono 5 piloti giapponesi su 21. Nel 2018 i piloti giapponesi sono stati 6 su 21. Nel 2017 sono stati 8 su 22: tra i partecipanti all’edizione di quell’anno spiccano Suzuki, ; Yamanaka, wild card in Qatar per il team Estrella Galicia in sostituzione del non ancora sedicenne Garcia e, piccolo off topic, i fratelli Oncu al loro secondo anno di partecipazione. Stesso discorso per l’anno prima: 6 giapponesi su 21 con Yamanaka, Ogura (che ha corso in Qatar in Moto3 proprio con Idemitsu) e Masaki. Nel 2015 si ritrova anche Sasaki oltre ai tre giapponesi appena citati: in totale furono 8 portacolori nipponici su 20 partecipanti. Si arriva così al 2015, anno di lancio di questo campionato asiatico, alla cui edizione parteciparono 8 giapponesi su 22, oltre ai futuri talentini malesi Norrodin e all’indonesiano Atiratphuvapat. Un certo Kaito Toba vinse quel campionato. Lo stesso Toba fresco vincitore due domeniche fa.
Che Kaito Toba, vincitore in Qatar e primo campioncino della Idemitsu Asia Talent Cup, corra per il team Idemitsu Honda Asia Team affiancato proprio dal connazionale Ogura, ex partecipante del campionato asiatico, non è un caso. Come non è un caso il percorso affrontato assieme da Idemitsu, Nakagami e Honda. Probabilmente non è una coincidenza che l’attuale team manager di Idemitsu in Moto3 ed in Moto2 sia proprio Hiroshi Aoyama. Idemitsu e Honda ci hanno evidentemente visto lungo e hanno incasellato da quasi cinque anni un progetto ambizioso e di lungo periodo, che si ramifica non solo in tutte le categorie del motomondiale ma anche in un interessante e accessibile campionato propedeutico. Dal 2015 sono arrivati al mondiale solo talenti giapponesi passati per l’Asia Talent Cup sotto l’egida e l’occhio scrutatore di Idemitsu e, indirettamente, di Honda. Dopo anni di semina quest’anno il team sembra più che mai pronto a raccogliere i frutti di anni di lavoro e pianificazione.
Ci sono stati giorni bui nell’epoca recente del motociclismo giapponese. Il 5 settembre 2010 ci lasciava Shoya Tomizawa e la dinastia del Sol Levante sembrava destinata solo ai libri di storia motociclistica e ai racconti degli appassionati. Oggi, tuttavia, dopo quasi un decennio, il vento sembra cambiato: Nakagami, Toba, Nagashima, Suzuki, Masaki, Yamanaka, Ogura e Co. sono probabilmente l’inizio del nuovo corso motociclistico nipponico. Attenti anche ai talentini dell’Asia Talent Cup: tra Wakamatsu, Nishimura, Bando, Matsuyama e Igarashi potrebbe nascondersi qualche altro campioncino. Sarà poi compito della lungimirante Idemitsu e di Honda consegnarcelo negli anni futuri: le capacità e l’occhio per scovare talenti certamente non manca. Ben più difficile sarà farli crescere, maturare e vincere. Con Nakagami e Toba ci sono riusciti.