Spegnere il televisore increduli succede spesso, guardando la IndyCar. E la 500 miglia di Pocono (pardon, la ABC Supply 500) ha avuto questo effetto. Perché a nulla è valso l’impegno e la strategia di Scott Dixon per ribaltare le carte in tavola e azzerare le distanze da Newgarden. È bastata una bandiera gialla a stravolgere oltre 300 miglia di corsa impeccabile.
Il neozelandese del Chip Ganassi ha infatti navigato davanti a tutti per molto tempo. Questo l’ha indotto a consumare più benzina dei diretti inseguitori, che potevano usufruire della sua scia. Ma a Pocono il giro ai box non si perde. E valeva la pena allungare il più possibile. La strategia sembrava funzionare (con un punto interrogativo sul finale) ma una caution ha distrutto la sua corsa.
A vincere è stato Will Power, in difficoltà e inseguito dal compagno ruspante Newgarden. I due piloti del Team Penske hanno sfruttato una strategia diversa e le circostanze offerte dal caso per imporsi in una gara che aveva visto protagonisti solo e soltanto le Honda. In un superspeedway come Pocono era difficile che gli Chevy potessero chiudere con una doppietta. Ma ce l’hanno fatta.
Il #12 pagava un giro di svantaggio per ripetuti problemi all’alettone anteriore. Era spacciato: non aveva più chances, in coda al gruppo. Eppure è riuscito a sdoppiarsi grazie a un errore di Saavedra, e poi a riportarsi in testa quando Hinchcliffe e Hildebrand (che avevano condotto una corsa tutt’altro che anonima, col canadese a lungo nel gruppetto di battistrada) si sono cozzati l’uno contro l’altro. Il Sindaco di Hinchtown è stato troppo ottimista nel valutare la porticina lasciata aperta da JR, oppure è stato quest’ultimo a stringere troppo. Morale della favola, Power era di nuovo in corsa. Ma nessuno avrebbe scommesso un nichelino su di lui.
Power aveva troppa poca benzina e si pensava che Kanaan e Rossi sarebbero riusciti a riprenderlo. Dixon aveva tenuto dietro di sé il compagno di squadra, il vincitore della Indy 500 del 2016 e anche Hinchcliffe per ampie fasi di gara. Ma adesso che Dixon non c’era più, tutti credevano che Power avrebbe subito i due. Che non avevano fatto i conti con Newgarden, però.
E così il giovanissimo di Penske è riuscito a bere i due avversari. È iniziato un duello ravvicinato ma Power è un volpone, e cambiando traiettoria è riuscito allo stesso tempo a indovinare la migliore linea difensiva, e al tempo stesso togliere da sotto il naso al suo inseguitore l’effetto scia. Il che ha blindato la sua vittoria.
Le chances di Dixon e Castroneves sembrano evaporare come neve al sole. Un disastro per il primo, un peccato per il secondo. Se il neozelandese aveva dominato l’80% della gara, il brasiliano aveva cominciato una scalata dalle posizioni di rincalzo che solo la pace car aveva bloccato. Adesso però i 40 punti in classifica sembrano proiettare Josef dritto verso il titolo iridato. A quota 494 lunghezze, contro le 476 di Dixon e le 474 di Kanaan, ha abbastanza ossigeno per partire in pole position nello sprint per la vittoria finale.
La corsa ha dimostrato inoltre il talento di Alexander Rossi. L’americano è sbocciato quest’anno e sembra che Chip Ganassi sia intenzionato ad assumerlo. Probabilmente al posto di Max Chilton, che ha fallito la prova del nove su cui si basava il suo rinnovo. Anche Saavedra deve aver deluso lo staff dello Schmitt Peterson: dopo una misera gara alla guida della #7 (che apparteneva a Mikhail Aleshin, appiedato sia dalla tensione tra Washington e Mosca sia dai suoi crash compulsivi), verrà sostituito da Jack Harvey.