Dunque, dov’eravamo rimasti? Ah sì, all’inserimento della chiave a sinistra, rigorosamente in stile Porsche. A quel gesto semplice che permette però di diventare partecipi di una tradizione che ha attraversato le epoche dell’automobilismo fino a trasformarsi in un vero e proprio marchio di fabbrica.
Dopodiché, dopo averla accarezzata con lo sguardo per quello che è sembrato tanto, troppo tempo, la nuova Panamera si mette in moto. Nella fredda mattinata di Madonna di Campiglio, i nuovi motori che Porsche ha creato per questa versione della sua Gran Turismo animano tutte le auto presenti al Panamera Winter Test: persino la versione Diesel accenna un borbottio, che però è subito sovrastato dal ringhio pacato della 4S, a sua volta annichilito dal rombo rabbioso che proviene dalla Turbo. E’ un tripudio di CV, di cilindri e di NM che inebria lo spirito. E così, stringendo tra le mani quel magnifico volante di cui vi ho parlato, iniziamo a muoverci e la strada inizia a snodarsi davanti agli enormi pneumatici delle Porsche, pronte a macinare km.
Il primo approccio, come prudenza saggiamente consiglia quando si ha a che fare con determinate potenze, è con la modalità Normal della nuova Panamera, quella in cui emerge in maniera spiccata l’indole da “berlina” di lusso che la Casa di Stoccarda ha deciso di instillare nell’animo di questa vettura. L’auto, nonostante la spalla esigua degli pneumatici (che con i cerchi da 21″ sono proposti nelle misure 275/35 all’anteriore e 315/30 al posteriore) non fa avvertire in maniera eccessiva le asperità dell’asfalto, garantendo un comfort di alto livello. Le velleità sportive sono pressoché ridotte al minimo, con uno sterzo leggero ed una risposta dell’acceleratore adatta per gli spostamenti di tutti i giorni, resi peraltro ancora più facili dal nuovo cambio automatico PDK, per la prima volta proposto con 8 rapporti. In Normal, nella modalità Drive, la nuova trasmissione doppia frizione di Porsche si fa apprezzare per la fluidità delle cambiate e per l’assenza di ruvidità, anche a freddo e con temperature al di sotto dello 0. Si potrebbe parlare della rapidità nell’effettuare i kick-down, ma i motori della Panamera rendono praticamente superflua questa manovra tanta è la loro disponibilità di coppia a praticamente qualsiasi regime di rotazione.
Snoccioliamo qualche numero. La nuova Panamera è stata presentata con 3 nuove motorizzazioni: il V6 turbobenzina da 2.900 cc, in grado di erogare 440 CV a 5.650 rpm, 550 NM a partire da 1.750 rpm e capace di far raggiungere i 289 km/h di velocità massima alla Panamera 4S, che copre lo 0-100 km/h in 4″2; il V8 turbodiesel da 4.000 cc, in grado di erogare 422 CV a 5.000 rpm, ben 850 NM a partire da appena 1.000 rpm e capace di far toccare i 285 km/h alla Panamera 4S Diesel, che copre lo 0-100 km/h in 4″3, accaparrandosi così il titolo di berlina Diesel più veloce del mondo; ed infine il V8 turbobenzina da 4.000 cc, in grado di erogare 550 CV a 6.000 rpm, 770 NM a partire da 1.960 rpm e capace di spingere la Panamera Turbo fino alla soglia dei 306 km/h, facendole coprire lo 0-100 km/h in soli 3″6. Numeri che fanno girare la testa, soprattutto considerando il fatto che sono quelli di un’auto da 2 tonnellate di peso in ordine di marcia. Oltre alla potenza ed alla coppia aumentate in tutti i propulsori, comunque, c’è dell’altro. Riprendendo infatti un concetto già visto nel WEC con la 919 Hybrid, i motoristi di Stoccarda su tutti i nuovi motori della Panamera hanno optato per il Central Turbo Layout, ovvero per il posizionamento delle turbine (sia il V6 che i V8 sono infatti biturbo) tra le bancate dei cilindri, andando ad ottimizzarne il rendimento e miniaturizzando i motori, che tramite un alleggerimento del basamento pesano mediamente 9 kg in meno rispetto ai precedenti. In più, per ottimizzare i consumi, ognuno di questi propulsori ha a disposizione un proprio sistema per non dover lavorare sempre a pieno regime. Il V6 della 4S, ad esempio, ha le valvole di aspirazione a comando variabile: in situazioni nelle quali non è richiesto il massimo della potenza i nuovi V6 di Porsche hanno una fase di compressione abbreviata rispetto a quella di espansione. Il che, unito ad un rapporto di compressione superiore ed a tempi di immissione più brevi che riducono il riempimento della camera di combustione, aumenta il rendimento e, conseguentemente, migliora i consumi. Il V8 della 4S Diesel, invece, ha una turbina che entra in funzione solamente al di sopra dei 2.700 rpm, ed il V8 della Turbo, infine, disattiva nelle situazioni di carico parziale i cilindri 2, 3, 5 ed 8, facendo lavorare il motore come se fosse un 4 cilindri.
Parlare di “ottimizzazione dei consumi” però, quando si ha a che fare con delle Porsche, è sempre relativo. Le Panamera infatti, con quella mole da muovere e quelle potenze da scatenare, non eccellono per la loro percorrenza km/l: si va infatti dai circa 10 – 11 km/l per la 4S e la 4S Diesel (alternando andature blande a momenti in cui invece si pigia con decisione sull’acceleratore) ai circa 8,5 – 9,5 km/l della Turbo. Ma d’altronde, quando si è al volante di un’auto simile, come si può pensare ai consumi? Bastano infatti pochi km trascorsi nella modalità Normal per farmi rendere conto che è fin troppo…normal. La nuova Panamera è comodissima, assorbe bene le asperità e, nonostante le dimensioni imponenti si districa molto bene nel traffico anche grazie all’asse posteriore sterzante, che fino a 50 km/h ruota gli pneumatici posteriori – con un angolo massimo di 2,8° – in senso contrario all’asse anteriore, riducendo il raggio di sterzata. Ma alla guida di una Porsche si cerca, si anela, si desidera qualcosa di diverso, inutile girarci intorno. Ecco perché, lasciandomi dietro il centro abitato per affrontare i primi tornanti di un passo dolomitico, cedo alla tentazione e ruoto il manettino in modalità Sport, quella “intermedia” tra le tre pre-configurate da Porsche. E le cose cominciano a farsi decisamente più interessanti.
E’ come se avessi assistito ad una trasformazione. Avverto, distintamente, l’indurimento dello sterzo e la risposta più pronta dell’acceleratore, con il cambio PDK che anche in Drive inizia ad essere decisamente più pronto nei cambi marcia e nei kick-down. Non indugio oltre, invogliato da questa nuova anima tutta da scoprire della Panamera, e passo alla modalità sequenziale del doppia frizione di Porsche, aggrappandomi ai paddle e cominciando a capire un po’ più a fondo cosa significhi essere alla guida di un’auto di Stoccarda. La potenza dei nuovi propulsori è disarmante, soprattutto quando si hanno tra le mani la 4S Diesel e la Turbo: con la prima si ha una coppia sovrumana, che sin da 1.000 giri mi tiene letteralmente incollato al sedile e che dà la sensazione di non finire mai, mentre con la seconda si ha un’erogazione brutale, con una coppia comunque elevatissima ma soprattutto un allungo incredibile. Ed è dopo aver cominciato a spingere un po’ di più che mi rendo conto di quanto siano utili gli enormi freni della Panamera (la Turbo monta i carboceramici, con dischi da 410 mm e pinze a 6 pistoncini all’anteriore e da 380 mm e pinze a 4 pistoncini al posteriore), sui quali Porsche ha lavorato a lungo per limitare il più possibile fastidiosi fenomeni di fading: la nuova Gran Turismo di Stoccarda ha parecchio mordente in frenata, ed anche dalle alte velocità ho la sensazione di poter fermare l’auto in uno spazio di gran lunga inferiore rispetto a quello che le dimensioni dell’auto potrebbero far pensare. In caso non l’aveste ancora capito, in modalità Sport la Panamera stupisce per la facilità con cui riesca a fare determinate cose.
Sparato letteralmente fuori dalle curve grazie alla coppia immane dei nuovi motori mi dimentico in fretta del peso, della lunghezza, dell’altezza ed anche di quei lievi accenni di beccheggio e rollio che, con le sospensioni tarate in modalità Normal, si potevano percepire. Già, le sospensioni. E’ proprio a loro che va dato forse il merito maggiore di questa metamorfosi della Panamera. La nuova versione della Gran Turismo di Stoccarda è infatti equipaggiata con l’ultima generazione del PASM (Porsche Active Suspension Management, ndr), il sistema di sospensioni adattive che, collaborando con le numerosissime centraline della Panamera, adattano in pochissimi millisecondi la rigidità degli ammortizzatori, permettendo a tutte le ruote della Porsche di copiare pressoché alla perfezione l’asfalto e trasmettendo così un gran feeling a chi guida. Il nuovo PASM, rispetto al precedente, ha 3 camere d’aria per ammortizzatore in luogo delle 2 precedenti – con un volume d’aria disponibile aumentato del 60% – ed il risultato è eccezionale: l’innovativo Porsche 4D Chassis Control, il sistema che controlla i movimenti dinamici della Panamera, tara il PASM in base alla modalità di guida selezionata e in più, elaborando i dati che gli arrivano dal sistema di sospensioni, adatta in tempo reale la rigidità di tutti gli ammortizzatori per garantire in ogni momento la massima guidabilità e godibilità della vettura. La nuova creatura di Stoccarda, anche se “strapazzata”, non si scompone mai, e in più mantiene sempre un’elevata agilità grazie – di nuovo – all’asse posteriore sterzante, che sopra i 50 km/h inizia a far ruotare gli pneumatici posteriori nella stessa direzione di quelli anteriori. I tornanti si susseguono l’un l’altro, e mi ritrovo a pensare che sì, la nuova Panamera è un’auto eccezionale. Ma forse, mi dico, ci si aspetta ancora qualcosa di più da una creatura di Stoccarda. Ed ecco perché in Porsche hanno pensato di inserire anche la modalità Sport Plus sulla loro nuova Gran Turismo.
Lo sterzo si indurisce di nuovo, le sospensioni si irrigidiscono ulteriormente, la risposta del motore è ancora più rapida e brutale ed il PDK diventa quasi una proiezione del pensiero. La Panamera subisce un’altra trasformazione, forse ancora più stupefacente della precedente perché l’asticella, stavolta, era già stata clamorosamente spostata verso l’alto. Complice anche il Porsche Traction Management – la trazione integrale attiva con frizione a lamelle regolata elettronicamente che ripartisce la coppia motrice sugli assi a seconda delle necessità, di serie su tutte le nuove versioni -, la Panamera diventa precisissima tra le curve. Lo sterzo in Sport Plus è quasi chirurgico, e basta un minimo movimento per far reagire una Porsche che, grazie ad un assetto divenuto ancora più rigido, è praticamente una tavola sia nei lunghi curvoni in appoggio, sia nei tornanti e sia infine nel misto veloce. In queste ultime due situazioni le dimensioni e la mole sono sempre da tenere a mente, ma più per una questione di ingombri e traiettorie che non per difficoltà nel controllare l’auto, che in Sport Plus è ancora più agile e reattiva di quanto non lo fosse in Sport. I freni continuano a dare una grande mano, perché la Panamera va veramente forte: persino il Diesel agli alti regimi di rotazione inizia ad avere un suo timbro piuttosto riconoscibile, che sfuma però in un eco lontano non appena si è alle prese con il boato generato dal V8 della Turbo, con le prestazioni che sembrano anche aumentare in quei 20″ in cui si sprigiona l’effetto del comando Sport Response. In Sport Plus poi, oltre al Porsche Dynamic Chassis Control Sport – un controllo elettronico della rigidità delle barre antirollio – ed al Porsche Torque Vectoring Plus – un differenziale elettronico -, si fa apprezzare tantissimo il nuovo PDK, che in Sport Plus mette a disposizione solamente 6 rapporti per offrire il massimo della prestazione: i tempi di cambiata sono veramente ridotti al minimo, con la marcia selezionata che viene inserita non appena mi aggrappo ai paddle che ormai si muovono sempre più freneticamente tra le mani.
Sfumano rocce, alberi, segnali, e ci si ritrova proiettati in una dimensione differente del mondo dell’automobile. Si ha la netta sensazione, l’evidente percezione, di essere a bordo di un’auto di una categoria superiore rispetto alla media, di qualcosa che si muova davvero per il piacere di farlo e non solamente per portarti da un punto ad un altro. La Panamera mi ha disconnesso dalla realtà, mi ha fatto dimenticare dove stessi davvero andando: mi ha reso una parte di un tutt’uno fantastico tra la macchina e la strada, con tutti i sensi focalizzati solamente sull’immediato futuro della curva o del rettilineo successivi e non su un punto da raggiungere banalmente. E credo che una sensazione del genere, con un’intensità talmente forte da farmi ricordare ancora oggi tutti i dettagli – lo spessore del volante, il freddo dell’alluminio dei paddle, la resistenza dei pedali… – poche auto e pochi marchi riescano a farla provare così rapidamente. Certo, la Panamera non è stata, non è e forse non sarà mai la Porsche dei puristi. Ha un comportamento molto “piatto” – complice la trazione integrale e le miriadi di controlli elettronici -, senza tendenze al sottosterzo ed al sovrasterzo ed è anche relativamente facile da gestire, un qualcosa che di sicuro farà storcere il naso a chi ha stampate nella mente immagini di 911 messe di traverso a ruote fumanti. Ma questa diversità d’identità è dovuta al fatto che la Panamera, rispetto alla 911, è effettivamente un’auto differente, pensata per uno scopo diverso e per una clientela diversa. Quindi, valutandola per quello che davvero è, ovvero una macchina che riesce a fondere la comodità ed il lusso con delle prestazioni in grado di annichilire tante sportive o presunte tali, è impossibile negare che la nuova Panamera si pone ad un livello particolarmente elevato, difficile da raggiungere per la diretta concorrenza. Non sarà la 911 o le 718, è vero. Ma secondo me non si può condannare una macchina eccezionale come questa per il solo fatto di non assomigliare a qualcosa a cui neppure lontanamente aspirava a diventare.