Affidabilità sotto la lente di ingrandimento dopo questi primi mesi di LMDh. Le componenti standard, obbligatorie per regolamento e messe a disposizione da fornitori unici, hanno creato ritardi e rotture tra i test e la prima gara dell’IMSA.
Dopo i test privati in estate e la due giorni di prove IMSA a dicembre c’era un po’ di apprensione in vista della 24H di Daytona, da parte di tanti tra i protagonisti della stagione 2023 del campionato nordamericano. Purtroppo i timori avevano un fondamento, visti i diversi problemi che ci sono stati per le GTP nella 24H di una settimana fa. Perfino l’auto vincente, la Acura #60 di Meyer Shank Racing, ha accusato problemi al sistema ibrido stock, al cambio per essere precisi, riuscendo comunque ad arrivare al traguardo e vincere. Neanche Cadillac è stata esente da rotture, visto il ritardo accusato dalla V-LMDh #31 di Action Express, che nella mattinata di domenica è stata costretta a un lungo stop. Ma è andata decisamente peggio ai tedeschi, BMW e Porsche. I bavaresi avevano già dovuto annullare un test di 24H a Sebring due mesi fa, a causa della rottura di un cuscinetto del cambio. Il componente stock, fornito da X-Trac, fa parte del pacchetto Hybrid unico per tutti: insieme a esso ci sono la MGU Bosch integrata nello stesso cambio e, come accumulo energia, una batteria Williams con inverter e convertitore DC-DC. Un altro grosso problema all’ibrido, forse allo stesso componente, si è verificato sulla BMW M V8 Hybrid #25 proprio nelle prime ore della 24H di Daytona 2023, costringendo l’auto gestita in pista dal team RLL a un lunghissimo stop nei garage. Come se non bastasse, un cambio batteria che si è reso necessario durante la notte ha nuovamente bloccato l’auto. Alla fine 132 giri persi, un disastro assoluto.
È andata meglio all’auto gemella numero 24, che però nell’ultimo quarto di gara è stata rallentata da un difetto al sistema di recupero dell’energia che non le ha permesso di avvicinarsi alle prime posizioni. Bobby Rahal, boss del team, ha comunque cercato di vedere del positivo in questo esordio complicato. Ad Autosport.com ha dichiarato che “è stato un buon inizio per noi, devo dire che i test non sono stati facili, ma dopo il Roar ho iniziato a essere fiducioso, che ci potesse essere sia affidabilità che prestazione”. Diciamo che forse non è stato proprio l’esordio dei sogni, anzi la BMW è parsa proprio l’unica a non avere passo, però concordiamo su “è stato un peccato che abbiamo avuto problemi con la #25 all’inizio, la macchina ha corso molto forte per il resto della gara”. Sarà da rivalutare l’auto nei prossimi appuntamenti, anche magari con un BoP che possa dare una piccola mano finché la situazione tecnica non si stabilizzerà. Maurizio Leschiutta, il project manager di M Motorsport, ha parlato invece dei tempi di sviluppo e test, “siamo partiti da un foglio bianco 18 mesi fa, e siamo venuti a fare la prima gara, una 24 ore, dopo le difficoltà avute nei test. Conosciamo i nostri difetti, ci lavoreremo in vista della 12H di Sebring”. Il manager ha poi sottolineato come i lunghi tempi di intervento siano stati dovuti da una sostituzione integrale di tutti i componenti stock, per poter avere più tempo in pista possibile e rinviare le analisi al post gara.
La più grande delusione del weekend di Daytona però è sicuramente stata Porsche. C’erano grandissime aspettative, complici anche gli oltre 33.000km percorsi nei test, dallo shakedown a Weissach nel gennaio 2022 fino al completamento del Roar quindici giorni fa. Distanze mostruose, che gli avversari non hanno minimamente coperto. Ci si aspettava il solito esordio alla Porsche, subito a bastonare tutti e giocarsi la vittoria dal primo giorno. E invece no, macchine settima e ritirata alla 24H, nonostante l’aver preso la testa in alcuni frangenti di gara e aver mostrato un gran passo. Dopo i test i problemi continuano, e sono tutti causati dalle parti ibride stock! Urs Kuratle, boss Porsche, a Motorsport.com ai test in Florida aveva dichiarato: “non accuso Bosch, ma questo componente ha dato a noi, come agli altri costruttori, un sacco di grattacapi per un periodo dei test in estate. Questi problemi sono stati risolti, ma tutti ora stanno subendo ritardi di fornitura”. Neanche detto dei problemi risolti ed ecco che in quegli stessi giorni di test a dicembre Porsche è stata vittima di altri malfunzionamenti alle parti ibride stock, che si sono poi ripresentati tra Roar e 24H. Nelle prime ore di gara si è fermata in pista alcune volte la 963 #7, costretta a diversi “power cycle” per riprendere la corsa. Alla fine nella notte si è reso necessario pure un cambio di batteria, effettuato tra l’altro nel tempo record di 35 minuti. La gemella numero 6 invece si è ritirata perché ha rotto il cambio a poche ore dall’arrivo, problema che comunque non dovrebbe essere stato causato da una uscita di pista di Tandy. In fase di doppiaggio infatti il pilota inglese vincitore a Le Mans era uscito alla curva 4 “dogleg” sbattendo anteriore e posteriore e costringendo il team a un cambio componenti in pitlane.
Un altro grosso grattacapo per Porsche invece è dovuto ai ritardi di fornitura. I tedeschi hanno deciso di iniziare subito fortissimo col loro programma LMDh, partendo con tante macchine ufficiali e clienti in entrambi i campionati. L’idea è di arrivare addirittura a otto auto, quattro per parte, tra IMSA e WEC nel corso della stagione. Il problema è che tra telai Multimatic e, soprattutto, componenti hybrid non ci sono i numeri sufficienti ad accontentare tutti, e quindi la stagione dei clienti JDC Miller, Jota e Proton (x2) è a rischio. JDC in IMSA ha dovuto correre con una LMP3 la 24H di Daytona, schierata con un simpatico adesivo “la mia altra macchina è una Porsche”. In difficoltà anche Jota nel WEC, che non sa se portare in griglia un’altra LMP2 (oltre a quella che schiererà per difendere il titolo di classe) o rimanere ferma con un equipaggio. E c’è preoccupazione anche per Proton, con un’auto per campionato, che ancora senza auto per l’IMSA teme di dover rinunciare alla stagione Hypercar nel WEC se le auto non arrivassero prima di Le Mans. Per esserci alla superclassica francese ci vuole, causa BoP, un’auto presente nelle prime gare di campionato, al più tardi a Spa. La scappatoia per la famiglia Ried potrebbe essere dovuta alla 963 assolutamente identica a quelle di Penske, quindi “boppabile” alla stessa maniera. In ogni caso Proton vuole assolutamente avere l’auto “come minimo per dieci giorni interi di prove“ prima di andare in Francia, altrimenti non ci sarebbero le condizioni per presentarsi e fare un risultato dignitoso. Discorso ineccepibile.
E Acura? I campioni 2022 hanno vinto di nuovo, Meyer Shank Racing con la #60 raddoppia il successo della 24H dello scorso anno e da campione in carica si candida al bis per il titolo. Sarebbe nel caso il quarto campionato per Acura negli ultimi cinque anni. È necessario però predicare calma, la stagione è molto lunga e i problemi sono sempre dietro l’angolo, l’abbiamo visto in questa prima gara su quasi tutte le auto degli altri costruttori. In realtà anche in casa Acura qualche problemino c’è stato, nonostante la partenza da manuale della divisione USA di Honda. La ARX-06 #10 di Wayne Taylor Racing ha perso alcuni giri nella mattinata di domenica per risolvere diversi problemini non ben identificati, i classici “gremlins” come vengono definiti nei paesi anglofoni. E la #60 di MSR, vincente domenica pomeriggio, ha rischiato già dal sabato sera di ritirarsi dalla gara, visto che intorno al giro 200 (783 finali) le temperature del cambio sono andate alle stelle. Gli uomini guidati da Michael Shank hanno continuato a verificare i livelli e le temperature con gli adesivi termici, ripristinando molte volte il livello dell’olio cambio. Capiamo solo ora il nervosismo di Castroneves, inquadrato nelle ultime ore di gara, che ai colleghi di Autosport ha detto che “ho sentito dire che c’era qualcosa nel cambio, non ho voluto chiedere perché non volevo sapere la risposta e avere il pensiero fisso in testa. Quello che han fatto [riparazioni] è stato perfetto, in auto non ho sentito niente”. Nelle ultime ore inoltre la Acura #60 ha avuto un problema alla batteria, che a detta di Blomqvist “non permetteva di fermare l’auto in piazzola come volevamo, era necessario mantenere il motore acceso“. Nelle diverse ripartenze da safety car nel finale di gara le due Acura, nonostante i problemi, sono sempre riuscite a distanziare le Cadillac inseguitrici. Le auto di GM sono giunte sul traguardo con pochi secondi di distacco, senza perdere neppure un giro. Quindi nonostante i tanti problemi, quasi tutti dovuti all’ibrido, quattro auto hanno concluso la 24H con gli stessi 783 giri, in un grandioso spettacolo che ha visto la sua risoluzione solo negli ultimi minuti di gara.
La nuova formula LMDh, con telaio basato sulle LMP2 e sistema ibrido stock, sembra poter diventare un grande successo, sia come numero di auto e costruttori che come prestazioni, vista anche la pole position a 12 millesimi dalle DPi in questo primo weekend. E il futuro prossimo non può che essere ancora più radioso, con nuovi marchi all’orizzonte e tante auto in più con i team clienti. L’unico gigantesco dubbio è dato dall’affidabilità delle componenti ibride obbligatorie, che per il momento hanno deluso abbastanza ma soprattutto per qualche protagonista hanno deciso le sorti dell’inverno di test e della prima gara della stagione IMSA 2023. Questa parte dei nuovi regolamenti non va bene, questa costante ansia che un componente non tuo possa dal nulla esplodere è l’unico grande neo di queste macchine. Al momento la situazione non è ideale, ci sono stati tanti problemi e i ricambi sono anche molto limitati in numero. L’organizzatore e i fornitori unici devono cercare di risolvere la situazione. Indietro non si torna, il marketing purtroppo regna, e ripulirsi la coscienza facendo le belle pubblicità green con l’ibrido “che è quello studiato nelle corse” (ma che cazzo dite) è un qualcosa che alle case automobilistiche serve come l’ossigeno. Senza ibrido non vedremmo tutte queste auto in pista, mentre con l’ibrido a sviluppo libero non ci sarebbero tanti costruttori impegnati visti i costi proibitivi. Un motorino da 50 kW che non lavora quasi mai al massimo, accolto dentro un cambio X-Trac modificato, con batteria Williams uguale per tutti, sta salvando le sorti dell’Endurance mondiale, tanto in IMSA quanto nel WEC. Le LMP2 in certi frangenti sono un po’ vicine? Le macchine sono pesanti? I tempi sul giro non sono scesi anzi le DPi ad oggi se la giocherebbero? Sono tutte osservazioni giuste, il fatto è che non c’è una reale alternativa, non esiste più e la morte delle LMP1 lo insegna. Non è più quel tempo storico, non lo sarà mai più! Ma quello che ACO e IMSA sono riusciti a creare va bene lo stesso, va decisamente benissimo. Quando vedremo più di venti Hypercar/GTP/LMDh a Le Mans l’anno prossimo ce ne renderemo conto.
E saranno le ultime occasioni di sentire certe musiche dagli scarichi, di annusare profumi che ricorderemo per sempre. È il canto del cigno ragazzi, godiamocelo. Anche se queste LMDh in partenza sembrano la vostra lavatrice di casa.