Tra i tanti momenti memorabili della storia del GP del Belgio, vi riportiamo all’edizione del 1985, l’unica gara della storia della F1 ad essere cancellata e spostata a weekend in corso.
Sabato 1 giugno 1985. Sul circuito belga di Spa-Francorchamps, ridotto di quasi la metà rispetto alla sua lunghezza originaria, si stanno disputando le prove del quinto appuntamento stagionale di F1. Il tracciato, che era già tornato nel 1983 nel circus iridato dopo una lunga pausa di tredici anni (era dal 1970, quando ad imporsi fu Pedro Rodriguez su BRM, che non si correva nella foresta delle Ardenne), presentava degli ammodernamenti rilevanti in fatto di sicurezza, in primis la riasfaltatura completa dei quasi sette km che componevano il bellissimo e impegnativo saliscendi belga. Proprio questo aspetto giocò un ruolo rilevante nel bilanciamento delle forze iridate. Ma ci ritorneremo tra poco. Leader delle classifiche in quel momento erano, a sorpresa, Elio De Angelis tra i piloti e la sua Lotus tra le squadre, che si erano imposti a Imola grazie alla squalifica di Alain Prost, anche se tuttavia come favoriti per la corsa al titolo erano indicati Michele Alboreto e la Ferrari. Coppia che nelle qualifiche del venerdì (all’epoca vi erano due sessioni, una appunto al venerdì e una al sabato) aveva fatto registrare la pole position provvisoria, oltre che essersi dimostrata imprendibile sul passo gara. Sembrava preannunciarsi una marcia trionfale per il pilota milanese, che già dodici mesi prima si era imposto in Belgio, ma a Zolder. Ma così non fu.
Come detto, infatti, la riasfaltatura dell’asfalto giocò un ruolo determinante per l’esito del GP e, col senno di poi, forse anche del Mondiale. Infatti, i lavori, terminati solo il giovedì precedente la corsa, erano stati fatti malissimo, e addirittura l’asfalto si staccava al passaggio delle vetture. La situazione era ovviamente insostenibile sul fronte della sicurezza. Per questo venne indetta una riunione dei piloti, che decisero, con 24 voti a favore su 26, di non correre. L’atmosfera era paradossale, mai nella storia della F1 si era arrivati a tanto, e mai più accadrà una cosa del genere. Gli organizzatori, umiliati, furono costretti a cedere alle pressioni di team e piloti, rinviando la gara al 15 settembre, tra i GP d’Italia a Monza e quello d’Europa a Brands Hatch. Ovviamente il weekend sarebbe ripartito da capo, e Alboreto si vide togliere una pole position quasi certa e una probabile vittoria.
In quei tre mesi però, accadde di tutto. La Ferrari sembrava davvero proiettata verso la ripetizione dell’era Ascari, quando un altro pilota italiano (sempre milanese come Michele) era riuscito ad imporsi sulla Rossa di Maranello. Tuttavia, dopo le vittorie al Nurburgring e Montreal e i piazzamenti a podio a Detroit, Silverstone e Zeltweg, dal GP d’Italia, complice un errato sviluppo della vettura e alcuni cambi di fornitori, le macchine italiane improvvisamente svilupparono una fragilità quasi imbarazzante, e iniziarono a rompersi anche solo a guardarle. Di questo ne giovò il principale antagonista all’iride di Michele, Prost, che macinando punti in maniera costante riuscì a prendere il largo in classifica. Quando si ritornò a Spa alla fine dell’estate, le monoposto di Maranello parevano le copie sbiadite di quelle che solo tre mesi prima sembravano dominare. In qualifica fu il Professore a realizzare il miglior tempo, con Alboreto e il suo compagno, lo svedese Johansson, che non riuscirono ad andare oltre la quarta e la quinta piazza, mentre in gara andò addirittura peggio, con entrambi i piloti fuori già al settimo giro per problemi d’affidabilità, mentre Prost, autore di una gara tranquilla, concluse placidamente al terzo posto dietro Senna e Mansell, portando il suo vantaggio in classifica a sedici lunghezze sull’italiano: un divario che gli avrebbero consentito di vincere il titolo già nella successiva gara inglese. Cosa che effettivamente fece, grazie ad un quarto posto che pose fine ai sogni tutti tricolori di quell’estate. Quello che resta di quella gara è quindi la consapevolezza di una ghiotta occasione sfumata da parte della Ferrari per colpa dell’inadempienza degli organizzatori del GP, mentre da parte della McLaren una manna dal cielo, che però non deve togliere meriti a quella che fu la loro conquista del titolo.