È il 29 Agosto 2009. Nubi grigie si accavallano nei cieli del Belgio, come se anche esse volessero assistere in prima fila allo spettacolo che teneva tesi i nervi di milioni di persone in giro per il mondo. I rigogliosi paesaggi, che cinquant’anni prima erano stati impotenti protagonisti dell’orrore della guerra, stanno per ospitare un’altra battaglia. Pacifica stavolta, ma non per questo meno spietata. Il silenzio del bosco che assedia rigoglioso Stavelot sta per essere squarciato dal grido dei V8 montati sulle monoposto di F1, pronte per scendere in pista per le qualifiche del GP del Belgio. Probabilmente l’abate di Solignac, quando nel 648 fondò l’abbazia attorno a cui sorse la città , non si sarebbe mai immaginato che il vero miracolo in quella zona sarebbe avvenuto quasi 1400 anni più tardi.
Per tutte le tre sessioni di prove libere una Toyota sull’orlo del fallimento riesce sempre a posizionare almeno una vettura nella top 3, ma anche all’interno del garage stesso ingegneri e piloti non si illudono, consci che i top team, nelle FP, sono conservativi nelle prestazioni. Dall’altra parte della Pit Lane, durante le prove libere del sabato mattina, Giancarlo Fisichella rientra nel suo box con un evidente danno all’ala anteriore della sua Force India, frutto di un incidente con un impavido coniglio. Terminata la sessione, un meccanico inglese gli si avvicina dicendogli: “Sai, da noi avere a che fare con un coniglio porta fortuna!“. “Sì, ‘avere a che fare con un coniglio’, non dilaniarlo…“ avrà pensato il pilota romano mentre si allontanava accennando un mezzo sorriso.
Passano le ore, riavvolgiamo il nastro e proiettiamoci di nuovo verso l’inizio della sessione di qualifiche. Nulla di particolare avviene durante la Q1, nonostante le evidenti difficoltà di molti dei top driver nel trovare grip sull’asfalto freddo di SPA-Francorchamps. Persino l’incidente di Luca Badoer a Les Combes e la sua conseguente partenza dall’ultima piazza già non sorprendono più: nonostante sia passato solo un mese dal terribile incidente ungherese di Felipe Massa (ricordato dai vari striscioni “We miss you Felipe” esposti su tutte le tribune), ormai è già assodato che il pilota trevigiano non abbia l’esperienza per capire e domare, in gara e in qualifica, la sua F60.
Giù la visiera e su i motori per la seconda manche, quella che deciderà i posti dall’11° al 15°. Ed è qui che avviene qualcosa che lascia pietrificati tutti: muretti, piloti spettatori. Le stelle cadono, inesorabilmente, una ad una. La McLaren perde entrambi i suoi alfieri, Heikki Kovalainen ed il Campione del Mondo in carica Lewis Hamilton. Fernando Alonso non riesce a spingere la sua Renault oltre il 13° posto. Il leader della Classifica Jenson Button viene relegato alle spalle dell’asturiano dal posteriore inspiegabilmente selvaggio della sua Brawn GP.
Chissà se a quel punto Giancarlo ha ripensato alle parole del meccanico…Probabilmente non lo sapremo mai, ma l’unica cosa certa è che per il Q3 la sua Force India imbarca poca benzina e si lancia per l’out lap con un solo obiettivo: conquistare la pole position.
Quel giorno sembrava quasi che, aleggiante sull’asfalto di SPA-Francorchamps, in quel 29 Agosto 2009, ci fosse un’energia misteriosa che voleva regalare ai fan un evento più unico che raro. I top driver faticano a trovare il passo: ripetono giri su giri tra i vertiginosi dislivelli che accompagnano i sette chilometri del ‘nastro d’asfalto’ delle Ardenne, ma non c’è niente da fare. Oggi il sole va ad illuminare i garage di due team di fascia media, due Cenerentole del campionato, mentre nuvole grigie si pongono sopra le teste dei vari contendenti al titolo.
Un’occasione irripetibile. Fisichella, motivato dalla speranza di un sedile in Ferrari, e Trulli, animato dalla voglia di salvare il suo team, spingono il loro piede destro il più in giù possibile.
Trulli è il primo dei due a fare segnare il miglior tempo: un 1’46″511 che demolisce il crono dell’anno precedente, mentre Giancarlo, come un leone che punta un’ignara gazzella, percorre Blanchimont preparandosi a sferrare il suo attacco al momento del passaggio sul traguardo. 1’46″308. E’ davanti. Ma la tensione rimane altissima: ci sono ancora nove tra i piloti più forti del mondo che possono far segnare un ulteriore crono e rubargli il sogno. Kimi Raikkonen passa sul traguardo appena mezzo secondo dopo la bandiera a scacchi, virtualmente terzo. Heidfeld, subito dietro, si interpone tra i due italiani. Passa indenne anche Robert Kubica, ora la prossima minaccia è proprio Jarno. Un battito di ciglia, un battito d’ali di mosca: otto centesimi di secondo. Questo è il distacco che pone l’abruzzese in seconda piazza. Giancarlo può sognare. Webber ha una piccola correzione, Barrichello resta dietro, così come tutti gli altri gladiatori che si arrendono tornando ai pit. Oggi non c’è niente da fare. Oggi è un giorno tricolore.
Cade la Red Bull, con Sebastian Vettel e Mark Webber che si accasciano rispettivamente in 8^ e 9^ posizione. L’altra auto di Maranello guidata con difficoltà da Kimi Raikkonen si arena 6^, e persino il secondo gioiellino di Ross Brawn, l’ultimo rimasto in lizza per la pole, ferma Rubens Barrichello al 4° posto. Si battono i pugni sul muretto dalla felicità in casa Force India, mentre quello di Fisico è sollevato in aria per festeggiare un qualcosa che, fino ad un’ora prima, sembrava null’altro che una favola per bambini. “Giancorlo Fisichella, for Force India, is on pole position… I feel like I have to say it again, I can’t quite believe it!”, esclama stupefatto Martin Brundle.
E Brundle i suoi buoni motivi per meravigliarsi li ha tutti. Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli, 71 anni in due, sono lì, a guidare i migliori piloti del pianeta.
Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli, 71 anni in due, sono lì, in prima fila nel GP del Belgio.
Una prima fila tutta italiana non è certo una novità. Proprio questi due ragazzi, pochi anni prima, erano già partiti appaiati davanti a tutti nella gara inaugurale della stagione 2005, a Melbourne. Ma stavolta è diverso: Fisico non guida una velocissima Renault ma una quasi neonata Force India, e Jarno non aveva più una Toyota competitiva come allora.
Quel giorno, semplicemente, l’Italia si è posta di prepotenza sul tetto del mondo per quello che, con il senno di poi, è sembrato un canto del cigno. Un canto che è però servito a zittire chi credeva che i piloti italiani non fossero altro che brutti anatroccoli.