Chissà se a Valencia, al termine di quei test pre-stagionali risalenti all’ormai lontano 2011, Robert Kubica si sarebbe mai aspettato di dover attendere ben 2.315 giorni prima di potersi calare in un abitacolo di F1. Con ogni probabilità, la risposta è un secco “no”. Il polacco infatti di certo non avrebbe mai immaginato il colpo gobbo che il destino, sotto forma di un guardrail posizionato in uscita di una curva di una PS del Rally di Andora, stava per tirargli.
Se l’è vista davvero brutta il buon Robert, uno che solamente 4 anni prima era uscito illeso da una terrificante carambola avvenuta durante il GP del Canada del 2007. Quel guardrail nel Rally di Andora, a detta di chiunque abbia visto com’era ridotta la sua Skoda Fabia – trapassata brutalmente da parte a parte dal freddo metallo -, avrebbe potuto fare molti più danni di quelli effettivamente causati, con il polacco che ha comunque rischiato di perdere la mano destra vedendo così bruscamente interrotta una carriera parecchio promettente. Carriera che Robert ha però deciso di proseguire proprio in quell’ambiente che tanto gli aveva tolto, quello dei rally. Il WRC però, una disciplina che non sollecita gli arti con la stessa intensità della F1, fa fatica ad entrare nel DNA di Kubica, uno di quei piloti nati per la pista. Il polacco nei rally è veloce, a volte anche velocissimo, ma manca della costanza di rendimento tipica dei campioni di una corsa a tappe come il World Rally Championship.
Di fronte quindi alla prospettiva di un’altra stagione trascorsa nelle vesti di sostanziale comprimario – anche per via di un materiale tecnico non all’altezza di quello dei primi della classe, visto che nei suoi anni migliori c’erano piloti equipaggiati con la Polo R WRC -, Kubica decide di svestire i panni del pilota rallystico a tempo pieno, per dar vita ad un vagabondare itinerante tra diversi campionati. Lo abbiamo visto al volante di una F.3000, di una Alpine R.S. 01 e di una Mercedes AMG GT3, ma sempre per delle apparizioni troppo fugaci per far sperare in un concreto rientro nel mondo delle corse. Mondo delle corse che, oggi come allora, per Robert Kubica ha uno ed un solo centro nevralgico: la Formula 1.
I languidi e malinconici messaggi lanciati dal polacco nei confronti di quell’ambiente che lui aveva tanto amato e che soprattutto aveva mostrato di saper ampiamente meritare suonavano però come una resa, un mesto trascinarsi sulle spalle un sacco di ricordi di ciò che avrebbe potuto essere e che invece non sarebbe stato mai. Poi però, all’improvviso, si sente accostare il nome di Kubica a quello del team ByKolles, in possesso dell’unica LMP1 non ibrida dello schieramento del WEC. “Ok, non sarà una F1“ – si pensa – “però è un’auto con un certo carico aerodinamico che sollecita non poco il fisico. Vediamo come se la cava“. Lui, nei pochi test effettuati, bene. L’auto del team ByKolles, nei pochi test effettuati, male. Robert capisce sin dal Prologo del Mondiale Endurance tenutosi a Monza – nel corso del quale la sua LMP1 avrà forse girato per circa 20 minuti – che non è quella l’auto per provare a vincere qualcosa, per provare a tornare in pista e togliersi delle soddisfazioni.
Ma le reazioni positive del suo fisico nel corso di quei test, a quanto pare, non passano del tutto inosservate. Ecco perché Renault, il suo vecchio team, totalmente a sorpresa, decide di riportare Robert Kubica al volante di una vettura di F1. Per farlo, il team di Enstone riesuma dalla naftalina la Renault E20 – quella che nel 2012 ha corso con i colori della Lotus – e prenota per un giorno proprio quel circuito, proprio il “Ricardo Tormo” di Valencia sul cui asfalto il polacco era sceso in pista per l’ultima volta al volante di una vettura di Formula 1. E se non possiamo trarre alcun segnale dai riferimenti cronometrici, tenuti nel massimo riserbo, qualcosa si può dire su quella che è stata la tenuta fisica di Robert Kubica. Che, in una sola sessione di test e dopo i suddetti 2.315 giorni di assenza a bordo di una F1, ha messo insieme ben 115 passaggi, percorrendo una distanza complessiva di 460 km. Oltre 100 in più di quelli necessari per completare un GP.
E da questo dato, ovviamente, sono partite le prime speculazioni. “Perché la Renault avrebbe speso tempo e denaro per far tornare a bordo di una F1 Robert Kubica, se non per valutare le sue condizioni in vista di un ipotetico rientro nel Circus?“, si chiedono in molti. Ed è in effetti una bella domanda, rispondo io. Che il 2017 di Palmer sia oltremodo deludente è sotto gli occhi di tutti, e nel paddock circolano sempre più insistenti le voci che vorrebbero una Renault già alla ricerca di un sostituto per il driver inglese. Sembrerebbe quindi profilarsi uno scenario perfetto: il team francese che libera un sedile ed il pilota polacco che è pronto ad occuparlo. Peccato però che, secondo altre voci che circolano, la cosa non sia esattamente così semplice, e non solo perché potrebbe anche darsi che ad una buona tenuta fisica non sia corrisposta una buona prestazione cronometrica.
Tuesday 6th June 2017. Robert #Kubica. Our #E20. Enjoy ???? pic.twitter.com/boMsCARuWJ
— Renault Sport F1 (@RenaultSportF1) June 6, 2017
Il primo problema risponde infatti al nome di Sergej Sirotkin, che ha corso in GP2 con il team Rapax e che è attualmente in forze proprio al team Renault nelle vesti di terzo pilota e tester in alcune FP della stagione. Il russo è più giovane del polacco, ha più prospettiva – ma forse un po’ meno talento -, ed inoltre ha dietro di sé sponsor munifici. Tutti elementi che, nella F1 attuale, non è proprio semplice sottovalutare.
Il secondo problema risponde invece al nome di Carlos Sainz, che non credo abbia bisogno di alcun tipo di presentazione. Il giovane spagnolo scalpita ormai tra le fila della Toro Rosso, e brama una vettura che possa permettergli di lottare per le posizioni che contano. E se il tasso di crescita di Renault nei prossimi anni sarà quantomeno simile a quello mostrato tra il 2016 ed il 2017, probabilmente le posizioni che contano saranno raggiunte piuttosto in fretta.
Il terzo ed ultimo problema risponde infine al nome di Fernando Alonso. L’asturiano, ormai stufo di gigioneggiare nelle ultime posizioni in preda alla scarsa potenza – o peggio alle rotture – dei propulsori Honda e con un contratto in scadenza a fine 2017, si sta cominciando a guardare intorno. E, con i sedili di Ferrari, RedBull e Mercedes verosimilmente occupati, pare che i suoi occhi si siano posati sulla futura R.S. 18, la monoposto di uno dei pochi team del Circus non in balia di ristrettezze economiche e quindi in grado di migliorare anche sulla lunga distanza – oltre che di pagare l’ingaggio monstre di Nando.
Come vedete dunque i problemi non sono esattamente di facile risoluzione. Solo il tempo, qualche altro test e magari qualche sessione di FP1 con le F1 attuali, sapranno dirci cosa ne sarà davvero del futuro di Robert Kubica. Un bravo ragazzo, ancor prima che un ottimo pilota, che forse meriterebbe di avere una chance in più.