Il giro veloce ottenuto nel GP di Singapore di F1 da Daniel Ricciardo, realizzato per togliere un punto a Lando Norris, ha suscitato una serie di polemiche. E la colpa, alla fine, è tutta della regola, scritta dalla FIA in contraddizione con la stessa FIA.
Nel 2019 la FIA, nel tentativo di rimescolare le carte (come sempre), reintrodusse in Formula 1 la possibilità di ottenere un punto aggiuntivo per chi facesse segnare in gara il giro più veloce. “Reintrodusse” perché la regola era già presente nelle prime dieci stagioni della storia della categoria, dal 1950 al 1959, e in verità fu anche decisiva per l’assegnazione del titolo iridato nel 1958, quando Mike Hawthorn riuscì a battere Stirling Moss di un solo punto, nonostante il minor numero di vittorie, proprio grazie a cinque giri veloci in undici gare.
Esattamente come negli anni 50, la regola attuale non specifica niente riguardo alla possibilità che due o più piloti stabiliscano lo stesso tempo. Sebbene sia adesso più difficile rispetto ad allora, poiché prima i cronometrici si prendevano fino al decimo di secondo, è comunque uno scenario plausibile, e mentre per quanto riguarda la pole position è ben specificato che è ottenuta da chi fa segnare il tempo per primo, nulla è scritto sul giro veloce, e ciò potrebbe portare verosimilmente ad uno scenario in cui due o più piloti possano dividersi il punto. Cosa in verità già accaduta, tanto che nel GP di Gran Bretagna 1954 ben sette (7!) piloti si divisero il punticino, per un totale di 0.14 punti a testa.
Rispetto agli anni 50, è tuttavia stata introdotta una differenza: il punto può essere ottenuto soltanto da chi finisca la gara (o che comunque venga classificato, per aver completato il 90% del GP) all’interno delle prime 10 posizioni, mentre in passato non solo chiunque poteva farlo, ma anche chi si ritirava. E con una vittoria che valeva soli 8 punti, ottenerne uno extra pesava tantissimo in ottica mondiale.
Questa scelta è maturata grazie a quanto visto in altre categorie, soprattutto propedeutiche alla Formula 1, in cui il punto per il giro veloce è stato assegnato: in queste serie spesso succedeva che, piloti a fondo gruppo avessero tattiche apposite per ottenere il punto extra, o con pit stop molto ritardati (dove previsto, come in GP2/F2) o con cambi gomme non previsti, così da muovere la classifica. Uno scenario possibile in categorie dove il regolamento prevede un regime di monomarca, e in cui la differenza delle vetture è molto più marcata. Nel 2016 in Formula E avvenne uno scenario paradossale quando, nella seconda gara dell’E-Prix di Londra, l’ultima della stagione, i due contendenti al titolo Lucas Di Grassi e Sebastien Buemi vennero a contatto in curva 1. I due tornarono subito al box per prendere la seconda vettura (all’epoca c’era ancora il cambio macchina), e trasformarono la gara in una sorta di qualifica, entrando e uscendo dai box dopo giri lanciati allo scopo di far segnare il giro veloce. Alla fine a vincere fu Buemi, ma inutile dire che la regola fu cambiata l’anno seguente.
La F1, in linea di massima, segue questo principio. Tuttavia, a differenza della F2, della F3 e della Formula E, le altre serie FIA che adottano questa regola, la F1 ha una sottile differenza, venuta a galla nella scorsa gara di Singapore: il punto si assegna solo se il giro veloce viene effettuato da un pilota all’interno della top 10, mentre nel caso a farlo dovesse essere un pilota fuori dai primi dieci, semplicemente il punto non viene assegnato; diverso nelle altre categorie sopracitate, dove invece se il giro veloce viene stabilito da un pilota fuori dalla top 10, il punto viene comunque assegnato, ma a chiunque avesse fatto il giro più veloce tra i primi 10.
Non è ben chiaro il perché di questa differenza. Troppo facile sarebbe dire che forse non abbiano pensato a questa eventualità quando scrissero la regola, e forse è anche la verità. Si potrebbe dire che la FIA avrà pensato che in F1 è quasi impossibile che una vettura in fondo allo schieramento possa fare il giro veloce, anche se con gomme nuove e con motore a pieno regime, in condizioni normali. In condizioni normali, appunto: le uniche due volte dal 2019 in cui il punto non è stato assegnato, ironicamente, sono state entrambe a Singapore, la prima proprio nel 2019, quando il giro veloce lo fece segnare Kevin Magnussen (diciassettesimo) e la seconda quest’anno, con Daniel Ricciardo (diciottesimo). Non è un caso che sia avvenuto a Marina Bay, dove le difficoltà nel sorpassare e il degrado delle gomme hanno portato spesso i battistrada a tenere un ritmo molto lento per compattare il gruppo, con la possibilità per chi è dietro di poter girare anche diversi secondi più veloce appena trovi un po’ di pista libera. A queste va aggiunto l’infausto GP del Belgio 2021, in cui in teoria il giro veloce lo fece Nikita Mazepin (diciassettesimo) dietro la Safety Car, ma in realtà il secondo giro venne cancellato poiché la bandiera rossa fece retrodatare la fine della gara alla fine del primo giro. A voler essere proprio pignoli, il (mezzo) punto sarebbe dovuto andare a Max Verstappen, e infatti la Red Bull fece anche richiesta, ma la FIA la rigettò.
Finora nessuno si era reso conto di questa inezia, fino al GP di Singapore. Se la regola fosse stata identica a quella prevista nelle altre categorie, appartenenti sempre alla FIA, Norris avrebbe mantenuto il punto del giro veloce a prescindere da cosa avrebbe fatto Ricciardo. E se a destare scandalo è stato il fatto che la VCARB sia pur sempre un team formalmente diverso dalla Red Bull, e che quindi potrebbe essere scorretto usarla per la lotta al mondiale, la verità è ancora una volta ci si ritrova a dover parlare di un cavillo regolamentare inspiegabile, quando la regola perfetta era già applicata in altre categorie della stessa Federazione, che si è contraddetta da sola.