Nella giornata del 13 febbraio la terza forza dello scorso campionato del mondo costruttori ha presentato la propria monoposto per il mondiale 2020, con la RB16 che ha sorpreso per l’estrema diversità con la sua progenitrice.
Ecco la nuova monoposto Red Bull. E’ toccato anche a loro svelarsi al mondo – dando pane per i denti di noi appassionati di tecnica – mostrandosi direttamente nella loro veste originale, senza livree camouflage come invece avvenuto negli ultimi anni.
La prima cosa evidente sono il muso e le pance. Queste ultime hanno un effetto downwash molto importante (l’effetto downwash serve a richiamare l’aria nella zona bassa per alimentare maggiormente la parte superiore del diffusore), che ricorda i concetti visti nel quadriennio vincente, ben visibili in questa foto sulla RB7.
Per quanto riguarda il muso, è sempre forato come classico da parte dei “bibitari” negli ultimi anni, ma molto più stretto – tanto da far quasi impallidire la snellezza di Mercedes -, più raffinato e più estremo. Si notano vari canali, il maggiore centrale sempre con sbocco sulla parte inferiore del musetto. Da notare come nonostante il disegno articolato e le ristrette dimensioni, Red Bull sia riuscita comunque a passare i crash test frontali senza alcun problema, a certifica dell’ottimo lavoro svolto nella sede inglese della scuderia dei due tori.
Le altre novità sono sulle pance laterali: Red Bull le ha davvero strettissime (più di Ferrari, nonostante siano già molto piccole) tanto da chiedersi se l’affidabilità del nuovo motore Honda non ne sarà penalizzata.
Il marciapiede all’esterno dei vertical plates nell’ala anteriore pare diverso, più ricercato nella forma. Si sono aggiunti i due “mantelli” ai lati del muso per convogliare l’aria meglio in zona bargeboard e indirizzare meglio il tanto fondamentale vortice Y250, soluzione riadottata anche quest’anno da Mercedes.
Un altro lavoro fondamentale lo si è fatto nel campo della cinematica, con sospensioni totalmente riviste: all’anteriore si è abbandonato lo schema multi link adottato lo scorso anno per tornare a un triangolo superiore con i due bracci uniti più tradizionale. Forse Newey ha preferito far prevalere i benefici dal lato del risparmio delle coperture rispetto a qualche beneficio aerodinamico.
I triangoli posteriori sono stati portati molto in alto per non disturbare il lavoro del diffusore in quella zona: operazione seguita anche a Brackley che fa percepire quanto fosse necessario intervenire in quell’area.
In evidenza si pone anche lo sfogo dell’S-Duct molto stretto e alto in confronto ad altri team, ulteriormente estremizzato rispetto alla già inusuale conformazione dello scorso anno.
Anche in questo caso non ci resterà che aspettare i verdetti del cronometro a partire dal 19 febbraio, primo giorno di test prestagionali.