“La FIA annuncia che, a seguito di approfondite indagini tecniche, ha concluso la propria analisi sul funzionamento della Power Unit della Scuderia Ferrari ed ha raggiunto un accordo con il team. I dettagli dell’accordo rimarranno tra le parti“. E’ piombato così, su un Day 3 della seconda sessione di test catalani che volgeva ormai al termine, il comunicato ufficiale con cui la Federazione annunciava di aver concluso i controlli – avviati lo scorso anno – sull’unità propulsiva che ha equipaggiato la SF90.
Strategicamente pubblicato al tramonto dell’ultima giornata di prove per evitare che troppe domande potessero essere fatte sull’argomento, lo scarno comunicato della FIA sembra parlare tra le righe. Delle verifiche (non meglio specificate) sono state infatti condotte sulla Power Unit Ferrari, quella finita sotto i riflettori del Circus dopo aver fornito prestazioni monstre ad una SF90 che sui rettilinei pareva pronta per spiccare il volo. Dei risultati (ugualmente non specificati) sono stati raggiunti, ed il fatto che la Scuderia Ferrari non venga apertamente dichiarata innocente fa presumere che, seppure in una percentuale non bene specificata, essa possa essere reputata se non colpevole quantomeno responsabile di qualcosa. Un accordo (anch’esso appena accennato) è stato raggiunto tra le parti, ma in virtù dell’appena citato silenzio in merito alle irregolarità o meno della Power Unit Ferrari a nessuno è dato sapere quale sia il suo contenuto.
Circa quanto accaduto intorno al propulsore made in Maranello, dunque, è stata volutamente creata una vera e propria cortina fumogena che non lascia vedere cosa ci sia al di là di essa ma che, per il solo fatto di esistere, fa presumere che ci sia qualcosa da coprire. La sensazione – da molti condivisa – è che forse le proteste avanzate da alcuni diretti avversari della Scuderia Ferrari non fossero del tutto campate in aria: la SF90, la monoposto che per diversi GP della passata stagione ha umiliato letteralmente la pur blasonata concorrenza non appena si aveva la possibilità di dar sfogo ai propri cavalli, per avere quello strapotere – si dice – avrebbe sacrificato qualcosa sull’altare della regolarità. Che le ombre sulla Power Unit Ferrari si siano allungate sul flussometro o sul comparto ibrido poco importa: un accordo, il cui contenuto resta oltretutto segreto, non viene stretto da una parte totalmente innocente, soprattutto se dotata del blasone e del peso politico della Ferrari. Non è mai accaduto, non è successo in questo caso specifico e con ogni probabilità una cosa del genere non si verificherà mai. Se si è innocenti ci si professa innocenti fino allo sfinimento, punto.
Per dirla con un’espressione spiccia mutuata dall’infanzia di quasi ciascuno di noi, gli uomini di Maranello pare dunque che siano stati colti con le mani nel vasetto della marmellata (che siano stati “pizzicati” o che si siano spontaneamente costituiti poco cambia). E la FIA, come ogni madre o nonna che si rispetti, è stata dunque costretta a prendere dei provvedimenti. “La Federazione e la Scuderia Ferrari” – si legge infatti nella seconda parte del comunicato – “hanno concordato una serie di impegni tecnici che consentiranno di migliorare il controllo di tutte le Power Unit di Formula 1 nel corso delle prossime stagioni e che aiuteranno la stessa FIA tanto nell’adempimento di altri doveri regolamentari quanto nelle sue attività di ricerca dal punto di vista delle emissioni in carbonio e dei carburanti sostenibili“. Tentando di scovare anche stavolta il non detto tra ciò che è stato scritto, la Federazione ha preteso garanzie dalla Scuderia Ferrari. Garanzia di contribuire a sviluppare una Formula 1 ancora più sostenibile, garanzia di collaborare al controllo sulla regolarità della Power Unit che verranno utilizzate nelle prossime stagioni e – anche e soprattutto – garanzia di non provare più ad aggirare un regolamento tecnico che parla forte e chiaro. La PU che per prima dovrà essere dichiarata conforme alle norme da parte del Cavallino Rampante, in sostanza, sarà la PU del Cavallino Rampante stesso. Non saranno concessi altri condoni, nessun altro accordo segreto verrà concluso: uomo avvisato, mezzo salvato diceva un tale dalla saggezza probabilmente impareggiabile.
Dalla Germania, tuttavia, nella tarda serata di ieri ha iniziato a farsi largo un’altra ipotesi. Quella secondo cui, per lavare l’onta di un propulsore rivelatosi probabilmente non del tutto regolare, a Maranello siano stati costretti a fare tabula rasa del progetto della Power Unit, dovendo quindi ricrearne una totalmente da 0. Il risultato di questa damnatio memoriae, secondo teorie teutoniche che non è ben chiaro a quali informazioni si appiglino, sarebbe il propulsore 065: totalmente nuovo sì, ma allo stesso nettamente imbolsito rispetto al suo progenitore e dunque incapace di spingere con vigore la Ferrari SF1000. “A Maranello hanno dovuto costruire un motore totalmente nuovo durante l’inverno“ – si legge sulle pagine di Auto Motor und Sport – “Anche il turbocompressore ed il sistema di recupero dell’energia sono stati interessati, e secondo le misurazioni questo nuovo motore ha una potenza significativamente inferiore rispetto a quello vecchio: è uno dei motivi della deludente velocità massima sui rettilinei”.
Effettivamente, la nuova nata di Maranello raramente è apparsa un fulmine di guerra sui rettifili del Montmelò. Le classifiche stilate sulla base dei rilevamenti effettuati allo Speed Trap prima di Curva 1 hanno spesso visto Leclerc e Vettel arrancare nelle ultime posizioni, ma vien da pensare che in Germania i test li abbiano interpretati in maniera fin troppo personale. Partendo infatti dall’assunto che le prestazioni clamorose avute dalla SF90 nei rettifili fossero figlie anche di un carico aerodinamico inferiore alle dirette concorrenti, un dubbio sorge spontaneo: come si può pretendere che una monoposto il cui drag è evidentemente aumentato sia in grado di ottenere le stesse velocità di punta di una monoposto dotata di una resistenza all’avanzamento di gran lunga minore? Mistero. I Mondiali, e l’hanno scoperto in maniera piuttosto brusca a Maranello proprio lo scorso anno, si vincono tra le pieghe dell’asfalto e non, come definirebbe Stirling Moss i rettilinei, sui “tratti di strada noiosi che collegano le curve”. Lecito – e anzi, doveroso – pensare dunque che gli uomini del Cavallino Rampante abbiano volentieri barattato qualche km/h di top speed con un pizzico di velocità di percorrenza in più.
Inoltre, viene da pensare che fin su in Germania non siano giunte neppure le classifiche complete degli Speed Trap. La Power Unit 065 di Maranello, infatti, equipaggia non solo la Ferrari SF1000, ma anche la Haas VF-20 e l’Alfa Romeo Racing C39. Monoposto, quest’ultima, che in quella che è parsa la copia più fedele di un time attack è riuscita a far registrare una velocità di punta di oltre 15 km/h superiore a quella messa a segno in fondo allo stesso rettilineo dalla Rossa (che in scia, oltretutto, ha comunque toccato i 339 km/h). Tutta colpa del drag che la SF1000 vanta in più rispetto alla C39? Viene piuttosto difficile pensarlo, considerando quanto tutti nel corso dei test abbiano fatto carte false per nascondere al mondo il proprio vero potenziale. Opinione comune è che, così come le concorrenti più dirette, neppure la Ferrari abbia deciso di girare con la mappatura più aggressiva della propria Power Unit (forse usata invece da Alfa Romeo), preferendo attendere le qualifiche di Melbourne per far vedere davvero di cosa sia capace.
Sempre, s’intende stavolte, nel rispetto delle condizioni imposta dal tacito e segreto accordo concluso con la FIA…