E’ sempre il solito discorso. Va bene la prima fila tutta rossa, senza dubbio. Va benissimo la doppietta Ferrari, ci mancherebbe altro. Ma il weekend di gara non è mai perfetto finché non escono loro, le Pagelle Rimappate del GP. Quindi, come sempre, prendetene e leggetene tutti.
SEBASTIAN VETTEL – 48. Dopo aver contribuito a far ripassare l’ordine dei santi italiani nel GP di Silverstone, Bastiano si esibisce in una prova di livello², di livello elevato insomma. A causa del problema alla sua SF70-H passa per così tanti giri lontano da quei tratti di pista rossi e bianchi che quando sente parlare di “cordolo” ha talmente disimparato il termine da credere che ci sia uno dei nani di Biancaneve a spasso per la pista. Va detto comunque che il problema avrebbe potuto essere risolto prima, ma c’è stata un’incomprensione tra il muretto Ferrari e Seb, che continuava a rispondere “Sì ma io uso gli Euro!” temendo che dal Box gli stessero dicendo quale antica moneta romana non ha più corso in Ungheria piuttosto che il modo in cui sarebbe peggiorato il problema. SESTERZI
KIMI RAIKKONEN – 8. Pare che dopo il GP ungherese sia pronta la mobilitazione popolare per cambiare quantomeno nome da “Modena” a “Modenen” in suo onore. La Muraglia Cinese in confronto ad Iceman è insuperabile quanto uno scendiletto, e si dice che la calcomania della sua faccia sarà l’unica colorazione possibile per la carrozzeria dello Scudo della Fiat. Anche alla base di questa prestazione da scudo, comunque, sembra che ci sia stato un misunderstanding alla base di tutto. Pare infatti che in Ferrari, prima della gara, gli abbiano proposto di provare quel sistema di protezione per la testa che Seb aveva testato a Silverstone. Iceman però ha frainteso totalmente ed ha preso troppo alla lettera l’invito rivoltogli dalla squadra. “PROVA LO SHIELD”
VALTTERI BOTTAS – 6GENTILE. Il buon #77 ancora non comprende il perché di quell’abbonamento dal parrucchiere offerto da Hamilton, ma la verità è che Luigino si sta semplicemente assicurando che a Bottas non vengano i capelli lunghi perché altrimenti, a stare di nuovo dietro ad una bionda chioma fluente, perderebbe quantomeno 7 gradazioni di colore. Si dice che sia stato avvistato alla periferia di Bucarest quando in Curva 1 ha allargato la traiettoria quel tanto che bastava per far passare Hamilton, il Tir della Ferrari e Platinette, ma Toto Wolff, che ha apprezzato il gesto, gli ha già consegnato una mappa della Finlandia con quelle famose insenature tappezzate di soldi per fargli capire quanto lo pagherà il prossimo anno se continuerà così. FIORDI QUATTRINI
LEWIS HAMILTON – 1, 2, 3, 4, 17, 46, 78…. In qualifica lamenta delle gomme lisce più o meno come il rullo di pietra della macchina dei Flintstones, poi in Curva 1 vede arrivare Verstappen talmente senza freni da aver perso anche quelli inibitori ed è costretto ad evitare l’olandese al grido di “Ti lewis da qui!”. Coraggioso il suo atto di denuncia nei confronti del sistema scolastico inglese, privo di sufficienti insegnanti di matematica per imparare a tutti i bambini a contare fino a 5, rimane davanti a Bottas per circa metà gara prima che dai box gli espongano al posto del pit-board direttamente un pallottoliere per dargli una mano nel conteggio. Termina 4°, ed in questo weekend ha davvero dato l’idea di non essere riuscito a trovare la luce. Da qui il suo nuovo soprannome, che richiama la vicina capitale ungherese ma che dà meglio l’idea del fine settimana del #44. BUIOPEST
MAX VERSTAPPEN – 7PRENDO. La F1 è quello sport dove 10 scuderie corrono per vincere, ma quelle che hanno la livrea con i tori disegnati sopra se ne strafregano altamente e fiocinano con la perizia di una baleniera i propri compagni di squadra, preferibilmente nei primi 500 metri di gara. Non subiva un sorpasso all’esterno da quella volta in cui, chinato per raccogliere una cosa sulle scale, era stato superato da una vecchina che per vendetta era stata scaraventata giù dalla rampa, e dunque non appena vede il #3 al suo fianco non può che agire diversamente. A fine gara Horner gli ha chiesto più rispetto della disciplina, ma è probabile che abbia usato il termine sbagliato per spiegarsi: altrimenti non si spiegherebbe perché Max si sia presentato ieri ai test con i cavalli, la vecchia carrozza del Far West e due colt appese ai fianchi. “SERVE DILIGENZA”
FERNANDO ALONSO – ∞. Alla guida di quel Solero ai Frutti Tropicali a 4 ruote che si ritrova, già è tanto che sotto le temperature degne del 9° girone dantesco non si sciolga qualcosa della sua MCL32. Non appena però si rende conto che il suo ritmo in Ungheria non è simile a quello del camion della Drivers’ Parade, bullizza Carlos Sainz dopo averlo superato gridando nella Radio, in onore del suo luogo natale, “Non lOviedo più”, riferendosi al distacco dato in appena pochi metri all’altro spagnolo. C’è da dire comunque che il siparietto finale con la sdraio è figlio del suo sentirsi già in vacanza: prova ne è il fatto che ai giornalisti, che gli chiedevano se McLaren avesse pronti degli aggiornamenti per questi test, abbia risposto in una maniera che faceva capire quanto stesse già pensando alla spiaggia. “NON CHE IO SABBIA”
KEVIN MAGNUSSEN – 9,87. “E’ giusto”, disse il cuore. “E’ folle”, disse la ragione. “Suck my balls honey”, disse Kevin Magnussen. Annuncia in mondovisione che dopo il contatto Hulk – Grosjean avrebbe issato il Jolly Roger e corso con la scimitarra nella mano destra e poi è bravo nel mantenere la parola spedendo il #27 talmente largo da farlo ritrovare affiancato a Paltrinieri mentre nuotava l’ultima vasca dei suoi 800 m. A fine gara, con quella frase che è un apostrofo rosa tra le parole “T’azzittisco”, ha riscoperto un animo così ispirato da richiedere un nuovo nome d’arte, che tragga ispirazione dal luogo in cui si è corso e che ricordi però anche quello di un noto poeta italiano per simboleggiare meglio la sua vena creativa. UNGARETTO
PAUL DI RESTA – 10. Manda nel panico Charlie Whiting, che non appena ascolta che sta arrivando qualcosa “di Resta” pensa immediatamente ad una lettera di protesta del Simone della Ferrari e inizia a cercare un luogo in cui nascondersi pur di non doverla leggere. Il buon Paul, con le stesse ora di guida all’attivo di quelle di Roscoe, si ritrova su una pista con più curve che tribune con un’auto che ha il carico aerodinamico di una cassetta delle lettere, ma non demerita del tutto: riesce infatti a rimanere per tutta la gara in zona DRS con la Medical Car, coniando – visto il cognome – la “zona DRSTA” fino a quando la sua FW40 decide che è arrivato il momento di porre fine a quel supplizio autodistruggendosi. Sembra che nel Paddock, per sintetizzare il suo weekend, gli abbiano dedicato un adattamento di una nota pellicola con Benigni e Troisi il cui titolo spiegava come ai protagonisti non restasse altro da fare se non versare lacrime amare. NON DI RESTA CHE PIANGERE
DANIEL RICCIARDO – 237. Come i metri che è riuscito a percorrere prima che il suo giovine compagno di squadra non decidesse di impersonare l’Olandese Forante spaccandogli in un colpo solo posteriore sinistra, fiancata, maroni e anche due denti per non farsi mancare nulla. Subito dopo l’incidente era calmo come Romain Grosjean quando ha scoperto che “Braking Bad” non era una Serie TV dedicata ai suoi costanti malfunzionamenti dei freni, ma a fine gara era già più calmo. Pare però che, in onore del pezzo che Max gli ha demolito nel GP, abbia richiesto di ricoprire un ruolo nel Collegio dei Commissari FIA, di modo tale da escludere il #33 quantomeno dal prossimo appuntamento a SPA. RADIATORE
FELIPE MASSA – -1. Quando gli avevano detto che il suo weekend ungherese, viste le caratteristiche della sua macchina, sarebbe stato una vera merda, diciamo che non pensava che sarebbe andato tutto così alla lettera. Minaccia tra l’altro di far saltare in aria l’intero ospedale quando i medici, ignari, gli propongono di bere un po’ di tisana di Timo, ma il vero dramma si consuma quando i suoi meccanici, per provare a farlo distrarre un po’, gli portano alcuni adattamenti motoristici di famosi film. A Felipe è però bastato leggere il titolo del primo per ricordare il pessimo momento ungherese di quell’annata 2008 per scoppiare in un pianto dirotto che ancora non accenna a smettere. LA BIELLA E LA BESTIA