Una notizia che sa di fulmine a ciel sereno, quella di Robert Kubica in procinto di passare alla Scuderia del Cavallino poco prima del suo incidente. Una vicenda che riporta alla mente uno strano segno che il destino lasciò in un’altra storia, che i più attempati tifosi di Maranello ricorderanno certamente: quella di Alessandro Nannini.
Siamo nel settembre del 1990, il Drake oramai non c’è più. Il controllo della Ferrari è passato nelle mani dell’Avvocato Agnelli – nello specifico, di Fiat nell’effettivo -, voci e rumors di mercato affollano il paddock. C’è un interesse diffuso sul sapere chi si debba accomodare dietro al volante della rossa. Gli indizi portano ad un nome, quello di Alessandro Nannini. Il pilota italiano è uno dei più promettenti della sua generazione: un po’ atipico – ha iniziato con le due ruote per poi passare alle quattro -, è sbarcato in F1 nel 1986 nelle fila della scuderia Minardi. Un biennio duro quello nel team italiano, poche volte arriva al traguardo ed in quelle volte i risultati non sono soddisfacenti. Tanti problemi da affrontare alla base che però non inficiano sulla caratura e bravura del pilota, perchè se il talento c’è si vede ad occhio nudo, direbbe un saggio. I panni di questo saggio li riveste la Benetton nel caso specifico, la quale decide di servirsi della guida di Nannini per le successive stagioni.
La Benetton, è una scuderia giovane nata dall’acquisizione della Toleman – con cui un certo brasiliano che si laureerà campione del mondo per 3 volte ha esordito – ma con grande ambizione e soprattutto grandi capitali alle spalle. Ottime promesse per il pilota senese, ed infatti i punti ed i risultati non tardano ad arrivare. Già al secondo appuntamento del mondiale ad Imola Nannini raccoglie i primi punti iridati. Si susseguono buone, buonissime prestazioni tanto da riuscire a salire sul podio a Silverstone ed in Spagna. La stagione si concluderà poi al decimo posto ed a quota 12 punti. La stagione ’89 vede un avvicendamento nel team, con Boutsen – prima guida del team nella stagione precedente – sostituito da Johnny Herbert. In realtà anche quest’ultimo verrà sostituito da Pirro nel corso della stagione in quella che comunemente viene definita girandola di avvicendamenti, divenendo così Nannini il primo pilota della scuderia Benetton. La giovane scuderia Anglo-Italiana, però, è in ritardo con lo sviluppo della vettura. Eppure, nonostante ciò, Alessandro continua a fare delle ottime prestazioni nell’arco di tutta la stagione ottenendo punti su punti, con lo straordinario epilogo a Suzuka. Approfittando della lotta tra Prost e Senna, infatti, alla fine è proprio il pilota italiano a vincere, complice la squalifica del brasiliano. Un episodio controverso con Jean-Marie Balestre, capo della FIA accusato dal brasiliano di aver manipolato la gara, ma questa è un’altra storia.
Ormai siamo al via della stagione 1990, Nannini è un pilota che rientra tra i top drivers della F1. Ha dimostrato di essere veloce, molto veloce ma anche caparbio e grintoso, non si dà mai per vinto. Per quasi la totalità degli addetti ai lavori – e non solo – è la speranza per l’automobilismo italiano. Una speranza vera e sincera, che si appresta a splendere sempre più. Fa coppia con Piquet, 3 volte iridato, ma durante la stagione la differenza non si nota, poichè Nannini continua a fare degli ottimi risultati, tanto da suscitare l’interesse della Ferrari. Per un pilota italiano, veder accostato il proprio nome a Maranello è un sogno, il coronamento di una vita. A sponsorizzare l’arrivo dl pilota senese, c’è Cesare Fiorio, direttore sportivo della Ferrari che lo conosce sin dai tempi della Lancia. E’ una trattativa che si sviluppa a cavallo dell’estate, un sodalizio che deve andare in porto senza troppi indugi, c’è l’accordo tra tutte le parti, la trattativa è andata ormai in porto. Ma come nei migliori thriller, c’è un colpo di scena. Una clausola che prima non c’era legata alla durata contrattuale: 2 anni per Nannini nei patti stipulati precedentemente, un anno con opzione per il secondo da parte di Maranello. Stando alla cronaca dell’epoca Nannini andò via furioso dal tavolo delle trattative, complice l’aut aut relativo alla durata contrattuale. Da quel momento i rapporti tra Nannini e Fiorio non saranno più buoni, anzi tutt’altro. Lo stesso pilota senese affermerà poi: “La Ferrari è il sogno di ogni pilota italiano, ma la Benetton è l’auto del futuro”. Dichiarazioni forti, ma in cui traspariva la delusione, che era tanta e cocente in realtà. Più avanti, Nannini affermerà che fu una scelta legata a fini commerciali quella di preferirgli tutt’altro pilota, legata a politiche aziendali.
Passa poi circa un mese da questo tumulto, Alessandro sta tornando nella sua tenuta nei pressi di Siena in elicottero. Qualcosa va storto, c’è un errore. Il velivolo si schianta a terra e il pilota della Benetton viene sbalzato fuori dall’abitacolo, una pala dell’elica gli recide l’avambraccio destro. Momenti drammatici, ma grazie all’eccezionale lavoro dell’equipe medica, lo salvano. C’è un però. La funzionalità della mano destra è ormai compromessa, e questo vuol dire una sola cosa: niente più F1. Nannini continuerà a correre, a ruote coperte con Alfa Romeo nel DTM, ma non farà più ritorno su una F1 tranne che per qualche test costruito ad hoc. Un triste epilogo per chiunque ami la Formula 1, simile seppur diverso a quello di Robert Kubica, ma che ci fa capire quanto il destino a volte sia beffardo.
“Magari qualcosa, una moneta che cade, un piccolo braccialetto che si impiglia alla maglia di qualcuno, uno scontrino che scivola via, cambia il destino di una persona. E quella persona, per un piccolo, banalissimo gesto, non farà più le stesse cose che avrebbe fatto invece se quel gesto non si fosse verificato. E la sua vita prende un altro binario. Magari per sempre. Magari per un po’ soltanto. Chissà.”
– Stefano Benni