Jean Graton, il creatore di Michel Vaillant, il fumettista francese con la passione delle corse, non è più tra noi. Il poeta immortale dell’automobilismo sportivo è purtroppo morto lo stesso, il 21 gennaio, all’età di novantasette anni.
Era un francese dalla testa a uovo ed era nato a Nantes, in Bretagna. Era nato negli anni Venti, era nato prima della Seconda guerra, era nato in un mondo che ancora associava l’olio motore alle corse automobilistiche, e guardava ai pit-stop come un’eccezione pittoresca. Ma era nato soprattutto in un tempo in cui il fumetto non era un mestiere. «Il mio vero mestiere è il meccanico aggiustatore» dichiarava a Fumo di China nel 1987 (lo riportano le Pagine dei Fan Italiani di Michel Vaillant, come sempre). E per qualche anno, come si trova scritto in giro, Jean Graton è operaio.
Ma non è questo il destino di Graton. Finisce la guerra, finisce la meccanica. Comincia una nuova pagina, a Bruxelles. Il fumetto franco-belga lo intercetta presto, dopo alcuni lavori in agenzie pubblicitarie. Lavora a Spirou, lavora a Oncle Paul, lavora col giornale Les Sportes, lavora con Tintin, lavora, lavora, lavora. È il tempo in cui l’avvenire ce lo si fabbrica oltrefrontiera, in cui la fatica non manca ma nemmeno le occasioni, ed è soprattutto il tempo in cui il duro lavoro viene ripagato. Il caporedattore di Tintin chiede a Graton una storia intera: è il momento di mettere in scena Michel Vaillant.
Il nostro bretone aveva una passione per le corse automobilistiche grazie al papà, e grazie alle numerose gare organizzate nella regione. Negli anni Cinquanta le corse automobilistiche accendevano i sentimenti della massa (non è un caso che Il Numero Uno di Hans Ruesch diventa un best-seller). E quasi subito Michel Vaillant, il giovane, scavezzacollo, simpatico ma perbene pilota francese di una dinastia di corridori, conquista il cuore dei lettori.
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Jean Graton ha curato il suo Michel per decenni interi, in mezzo a mille avversità. L’ha scaraventato in ogni possibile avventura, gli ha infuso i valori umani e affettuosi dei grandi eroi della letteratura, l’ha circondato di una moltitudine di comprimari dai tratti psicologici sempre riconoscibili e realistici. Il nostro bretone ha realizzato un universo affascinante, forse incompatibile con i contemporanei mondi di fantasia, così crudi, così distanti dal tono cavalleresco della saga dei Vaillant, eppure ancora capace di stupire ed emozionare.
Elisabeth Vaillant è viva e reale: quando si lamenta, soffre per i figli lanciati a trecento all’ora, non è una caricatura ma ha tutti i crismi della madre in agitazione. E come lei quel marsigliese scoppiettante di Yves Douleac, l’americano esuberante Steve Warson, la ribelle ed estrosa Françoise Latour. Quanta personalità, quanto chiaroscuro troviamo nella penna di Graton, che tutto sommato utilizza personaggi semplici e quasi scontati e li mette in storie in cui il Bene vince sempre e il Male è sempre sconfitto, ma ugualmente riesce a scrivere trame calde, affettuose, che suscitano l’entusiasmo del lettore.
Non solo i personaggi di Graton hanno un posto speciale nel nostro cuore. Cosa dire dei mille intrighi, dei cento colpi di genio con cui il nostro bretone preferito riusciva ogni volta a inventarsi una nuova storia. Gialli internazionali, storie d’amore travagliate, vite che si complicano, si separano, si ricongiungono. Fantasia incontenibile quella del caro Jean, nutrita di reportage, colloqui con i suoi amici piloti, fotografie del figlio Philippe, documentazioni d’ogni genere. E ovviamente le macchine, le automobili da corsa che urlano e sfrecciano anche sulla carta del fumetto. L’appassionato che sfoglia i fumetti di Michel Vaillant si catapulta nelle gare più disparate, per decenni interi. Ogni volta è un’esplosione di monoposto colorate, piene di dettagli, accompagnate da note, didascalie, tempi sul giro.
La saga di Michel Vaillant appartiene all’era della linea chiara, senza troppe ombre e tratteggi. Ed è anche questo disegno asciutto a innamorare. Disegno asciutto sì, ma pieno di dettagli: lavora da solo (aiutato dalla moglie), ma Graton ci tiene a disegnare tutti gli alberi dell’Eifel, tutti gli spettatori di Indianapolis, le bandiere, i piloti, i singoli caschi e le vetture in partenza. È uno stile rassicurante ma è uno stile curato. Col tratto morbido di Jean impariamo a conoscere gli esterni, gli interni, le piste, le auto, i corridori e i meccanici di un automobilismo che non esiste più perché, senza troppi giri di parole, è ormai passato quasi un secolo. Ma con quelle linee tonde, nette, senza svolazzi inutili, Graton costruisce un’atmosfera quasi familiare che non abbandonerà mai più il suo lettore.
Non abbiamo mai ascoltato la voce di Jean Graton eppure a chi l’ha letto sembra d’averla ben presente. Perché dalle didascalie – lunghissime e moltissime nei suoi vecchi albi – ci ha sempre bombardato con la sua bontà, i grandi discorsi sulla lealtà sportiva e umana, sull’importanza della vita davanti alle corse e al lavoro. Era una voce familiare, quella di Graton, una voce che non ha mai sentito nessuno ma che abbiamo tutti letto in alto o in basso delle sue vignette ben tratteggiate. La stessa voce narrante che ci informava dei dettagli tecnici dei prototipi, delle regole sportive delle singole prove… e che ci scusava con Michel, per averlo importunato mentre leggeva una lettera, una tanto sospirata lettera di Françoise.
Viene da sorridere per l’ingenuità di quella voce, così diversa dai prodotti editoriali di oggi, così distante da un secolo in cui, per vendere, le storie non possono aggrapparsi troppo a valori e ideali. Bisogna trasgredire, e anche il nuovo Michel trasgredisce: bacia un’altra donna, finisce in prigione, si scontra col figlio. Eppure era quella la voce della saga dei Vaillant: la voce dell’amico di Jacky Ickx, la voce del fumettista che chiedeva aiuto al collega per disegnare dei cavalli, la voce del reporter che si documentava sul campo per realizzare ogni nuovo albo. La voce che è mancata fin da subito, fin dal primo albo della nuova serie (Nel nome del figlio), perché i tempi cambiano, il mondo si muove, ma un Michel Vaillant senza didascalie è orfano, è difettoso, non è lui.
Jean Graton è vissuto novantasette anni ed è sopravvissuto a sua moglie Francine. Insieme al figlio Philippe ha mantenuto in piedi il suo adorato Michel Vaillant. Muore pochi mesi dopo aver ceduto il progetto all’editore francese Dupuis, che intende rilanciarlo con mezzi più potenti di quelli della famiglia Graton. Ha scritto, disegnato, inchiostrato e colorato decine di fumetti, moltissimi Michel Vaillant, e tanti Julie Wood (la serie sorella sul motociclismo).
Michel afferra quella mano tesa… è la seconda volta che la stringe… Warson accenna un sorriso, poi perde i sensi. Colto per un istante dal panico, Michel si tranquillizza subito… la mano di Steve continua ad afferrarsi alla sua, quasi volesse supplicarlo di non abbandonarlo… Michel trattiene a stento le lacrime…
Ciao Jean. Mancavi e mancherai.