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C’è forse del Max Verstappen in questa F1? Ancora oggi, la risposta è sì: meno social, più autenticità





Sembra che Max Verstappen prenderà le distanze da alcuni contenuti social Red Bull, forse notizia più gradita di quelle che gli sta attualmente offrendo la sua RB21. Così dice il suo manager Raymond Vermeulen, dopo siparietti – ormai si sa – lontani dall’indole dell’olandese e, peraltro, incongruenti con altri brand di cui è testimonial. Ma è davvero solo questo? C’è dell’altro che si può ricavare da una mossa in sordina, di quelle che dicono molto più di mille parole.

verstappen social
© Mark Thompson/Getty Images

Che Max Verstappen sia la reincarnazione di quella che si suol definire “un’arma a doppio taglio” è sempre stato chiaro. Un predatore, che sugli asfalti di tutto il mondo si presenta ormai da anni come il punto di riferimento dell’intera griglia. Senza peli sulla lingua, tra le mura di quel caotico microcosmo che è il paddock di Formula 1. È pur vero, però, che alcuni team radio suggeriscono che anche in pista il tono non sia niente male, ma questa è un’altra storia. Insomma, tolto il casco l’olandese raramente nasconde la sua natura così verace (una rarità nel circus), e più di tutti ne sa qualcosa la press conference post gara di Singapore dell’anno scorso che, superata a monosillabi, rimane a oggi uno degli esempi più rappresentativi di chi è il quattro volte campione del mondo.

Leggere di una riduzione degli impegni legati al reparto marketing della Red Bull non è quindi considerabile un fulmine a ciel sereno. Dopotutto, nel grande schema “Max Verstappen”, non è mai stata un segreto nemmeno la sua avversione per le attività promozionali. Sembra che Max realizzerà un sogno, quello di non prendere parte ad alcuni contenuti nel corso della stagione 2025. Raymond Vermeulen, suo manager, da un po’ di tempo sembra ritenere alcuni video TikTok dannosi per l’immagine del suo cliente. “Entro su TikTok e vedo un video di Max che scoppia dei palloncini e penso che non sia coerente con brand come Oracle, Tag Heuer e Heineken, che investono molto denaro in campagne pubblicitarie globali incentrate su Max”. “Non è il tipo di video che dovresti fare con un quattro volte campione del mondo”, aggiunge. Ebbene, che si apra il vaso di Pandora. Perché, se da un lato è più che lecito rispettare la scelta e accogliere un approccio un po’ più defilato, in linea con il carattere del numero 1 della Red Bull, dall’altro ci si domanda se in una Formula 1 – che fa ‘controversia’ di secondo nome – il problema siano davvero alcuni contenuti, peraltro leggeri e giocosi. Sembra un controsenso, no? Uno sport che fa di tutto per aumentare l’engagement, per far avvicinare i giovani, a patto però che non si riducano i prezzi dei biglietti ma si aumenti il numero di gare Sprint durante la stagione. 

Ma è proprio qui che risiede la chiave di svolta. Tutto quello che Max Verstappen fa, lo fa in difesa della propria identità. A discapito del mondo Formula 1, che cerca così tanto di omologarlo al sistema. A discapito di un reparto social Red Bull che non fa altro che il suo dovere (e su questo non ci piove) e che di certo non se la prende con il cavallo di punta della propria scuderia. E quindi se a primo impatto questa decisione può apparire un po’ eccessiva, in fondo è più che consona a colui che è l’eccezione alla regola, di quelle che fanno venire a galla verità assolute e piccole contraddizioni. Ma attenzione, Max Verstappen non è una contraddizione in sé e per sé, anzi, è forse la cosa più vera che la Formula 1 abbia mai visto negli ultimi tempi. Lo è invece nel dipinto apparentemente perfetto di Stefano Domenicali & Co. Un dipinto nel cui contorno mediatico, se non fosse ancora chiaro, il pilota di Hasselt non si rispecchia più (e chissà se lo abbia mai fatto, forse ai tempi di Daniel Ricciardo).

Ed ecco che i primi nodi (che poi tanto ‘primi’ non sono) vengono al pettine. Cerca serietà, Max, cerca impegni costruttivi, magari ispirato dai lavori socialmente utili in Ruanda. Scherzi a parte, siamo dinanzi all’ennesimo capitolo della saga “Max Verstappen VS Formula 1”, il cui incipit è tanto prevedibile quanto incisivo: “Arriva un punto in cui si deve essere selettivi”.  

Che i piloti debbano anche essere showman è ormai chiaro, è chiaro anche a Max. E allora, forse, la vera domanda non è se Max abbia ragione o meno, se sia giusto o sbagliato, ma piuttosto se il circus più famoso di tutti sia disposto a cucirsi addosso personaggi che della narrazione collettiva e dell’entertainment se ne fanno ben poco. Quelli che, sotto il velo perfettamente disteso di un paddock al limite tra il costruito e l’ostentazione, commettono il solo errore – se di errore si può parlare – di rimanere fedeli a loro stessi. 





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Francesca Zamparini

The author Francesca Zamparini