Il respiro profondo prima del balzo. È così che Gandalf il Bianco, il 14 marzo 3019 della Terza Era, da uno dei balconi che affacciano sui terrazzamenti di Minas Tirith definisce la fibrillazione ansiosa che precede un evento futuro, prossimo e inevitabile, nel quale decideremo di essere coinvolti nonostante le conseguenze siano a noi ignote.

Una fortuita coincidenza temporale, per cui l’inizio della decisiva Battaglia dei Campi del Pelennor nell’universo di Arda coincida con il weekend di avvio della stagione 2025 di Formula 1, non fa che acuire l’attinenza della metafora dello stregone allo stato d’animo, incerto ma curioso, che si respira alla vigilia del fine settimana di Melbourne. La sensazione diffusa, infatti, è che forse mai come quest’anno si sia arrivati alla vigilia della prima gara del campionato così carichi di dubbi, incertezze e speranze. Una sessione di test vagamente anomala, caratterizzata da un meteo bislacco, non è bastata a far diradare la nebbia che ammanta il Circus durante ogni pausa invernale, e persino quelli che a prima vista potrebbero sembrare punti fermi conservano in realtà il lieve baluginìo dei fuochi fatui.
Anche McLaren, da tutti indicata come favorita d’obbligo alla luce di quanto visto nei test, ha infatti questioni urgenti da maneggiare in fretta e con cura. Se la MCL39 saprà mantenere le promesse fatte in Bahrain, a Woking di tempo per cincischiare con la gestione dei piloti non ne rimarrà molto. La convivenza tra Lando Norris e Oscar Piastri dovrà essere amministrata in modo profondamente diverso rispetto al 2024, pena la possibilità di vanificare una – per ora presunta – superiorità tecnica che potrebbe non rimanere immutata nel corso dell’anno. A causa della tanto spesso citata convergenza è infatti difficile (seppure non impossibile) che un team abbia sui suoi avversari lo stesso spaventoso vantaggio che ha permesso a Hamilton e Rosberg di sfidarsi a viso aperto per un intero triennio, e ostinarsi a mantenere un rapporto paritario tra due piloti veloci e affamati potrebbe rivelarsi clamorosamente controproducente in ottica campionato. McLaren dovrà fare di tutto per massimizzare i risultati in questa prima fase della stagione, decidendo bene e in fretta su chi dover eventualmente puntare per andare a caccia del Titolo Piloti. Anche a costo di scontentare uno tra Norris, uomo simbolo del nuovo corso di Woking, e Piastri, talento in rampa di lancio freschissimo di rinnovo pluriennale.
La scorsa stagione, in questo senso, ha fatto scuola. Max Verstappen, sulla cui leadership interna al team nessuno ha mai avuto dubbi, ha potuto gestire in un certo modo il calo di competitività avuto dalla Red Bull anche grazie al ruolino di marcia tenuto nella prima fase del 2024. Il #1 ha sempre potuto fare affidamento su un cuscinetto in grado di assorbire i colpi che pure Norris ha provato ad assestargli durante il campionato, evitando così una logorante sfida punto a punto che avrebbe aggiunto ulteriore pressione a un team alle prese con un’annata così difficile dal punto di vista mentale da poter lasciare in eredità qualche strascico persino al 2025. I titoli di coda comparsi sulle storie di molti uomini chiave delle cavalcate trionfali degli ultimi anni hanno inevitabilmente smosso equilibri e automatismi, mettendo la squadra di Milton Keynes di fronte alla necessità di assimilare e gestire il fisiologico assestamento che segue a ogni rinnovamento. Max Verstappen è per ora l’assoluta certezza, il valore aggiunto di un team che sa di poter contare su di lui mentre tenta di invertire la tendenza negativa della seconda metà di 2024. La RB21 e Liam Lawson, chiamato alle armi da una casa madre liberatasi con un anno di ritardo di Sergio Perez, sono invece le incognite: incerte la velocità e l’efficacia della prima, sconosciuti il rendimento e la tenuta mentale sotto la pressione di un top team del secondo. Dimostrare di essere riusciti ad attraversare indenni la tempesta del 2024, ritrovandosi ancora a lottare per le posizioni che contano, per la squadra di Milton Keynes equivarrebbe già di per sé a una vittoria. Allo stesso modo, altri potrebbero voler abbandonare la nave nel caso in cui la tempesta fosse invece riuscita ad aprire falle troppo grandi per essere tappate. Il 2025 traccerà la rotta, in un senso o nell’altro.
Questa stagione sembra essere un crocevia anche per il destino della Scuderia Ferrari, sbarcata in Australia sulle onde di un entusiasmo che probabilmente non ha precedenti nella storia recente della squadra di Maranello. L’arrivo di Lewis Hamilton ha acceso sul Cavallino i riflettori del mondo intero, e ci si domanda come – e se – Charles Leclerc possa avere tratto giovamento da un simile spostamento dell’attenzione mediatica. A un inverno come sempre troppo carico di aspettative sono seguiti dei test in cui le novità introdotte sulla SF-25 hanno indotto a calma e cautela, con le caratteristiche di una monoposto che più di altre è stata rimaneggiata parse ancora da affinare e comprendere del tutto. La sensazione di molti è che la SF-25 possa davvero avere un potenziale da sbloccare e scoprire, la percezione di tanti è che la piazza – sempre più indotta a credere che vincere in Formula 1 sia affare semplice – accetterebbe a malincuore di vivere un’altra annata a rincorrere le vittorie altrui. Il timore di molti, in caso di monoposto veloce ma acerba, è che la Scuderia Ferrari possa trovare la quadra quando ormai il gap dalle posizioni di vertice sarà già troppo ampio: in un campionato da 24 Gran Premi e 6 Sprint Race sono sufficienti poche settimane storte per influenzare negativamente un’intera stagione, e questo a Maranello lo sanno bene. La speranza di tanti, nell’eventualità in cui la SF-25 dovesse rivelarsi subito vincente, è che in Ferrari si ritrovino presto nella scomoda ma piacevole situazione di dover scegliere il cavallino su cui puntare per andare a caccia del bersaglio grosso: se la pista non dovesse emettere un verdetto chiaro, ritrovarsi a dover decidere tra l’ottavo Titolo Piloti di Hamilton e il primo Titolo Piloti di Leclerc sarà roba in grado di togliere il sonno.
Chi non dovrebbe essere costretto ad affrontare simili questioni è Toto Wolff, Team Principal di una Mercedes che sembra poter iniziare la stagione meglio di quanto non le sia capitato negli ultimi tre anni. Almeno sulla carta, il confronto tra George Russell e Andrea Kimi Antonelli dovrebbe essere impari per questioni di esperienza: il #63 è sulla breccia da anni, ha fatto a sportellate con chiunque, è scaltro, scafato e pungente; il #12, pur essendo velocissimo, è alla prima esperienza in quella vasca di squali che è la Formula 1 e dovrà imparare in fretta a gestire tutte le pressioni annesse e connesse all’essere pilota ufficiale di uno dei migliori team presenti in griglia. Lieti, lietissimi di essere eventualmente smentiti dal talento grezzo di uno dei piloti italiani più interessanti di sempre. Antonelli, così come Russell, potrà contare su una W16 che in Bahrain è parsa in grado di poter permettere a entrambi di togliersi qualche soddisfazione, soprattutto in caso di inciampi e tentennamenti di matrice Red Bull e Ferrari. In questo caso, occhio alla piega che potrà prendere la stagione delle Frecce d’Argento: a Brackley di certo non si sono dimenticati come si fa a vincere, e sentire nuovamente vicino l’odore della preda potrebbe riaccendere i bollori di quei vecchi segugi d’Oltremanica.
Parlando di cose che accadono al di là del Canale vengono in mente anche le alterne vicende e fortune di Williams e Aston Martin. La prima, alla spasmodica ricerca anche solo di un accenno della gloria che fu; la seconda, ancora in attesa di trovare la propria dimensione dopo avere assaporato l’aria buona dei piani altissimi della classifica durante il 2023.
Il team di Grove in Bahrain ha dato l’impressione di essere riuscito a compiere ulteriori passetti in avanti rispetto al 2024, un anno a posteriori positivo ma comunque vissuto al ritmo di scelte sofferte e ristrettezze economiche. Meno di un anno fa a Melbourne si decideva scientemente di appiedare Logan Sargeant per permettere ad Alexander Albon di scendere in pista con l’unico telaio sano a disposizione, meno di sei mesi fa il disastroso fine settimana di Interlagos rendeva scurissimi in volto tutti i membri del team: scene che raccontano di una difficoltà ancora profonda, solo parzialmente nascosta da risultati in pista tutto sommato positivi. L’arrivo poi di un mastino come Carlos Sainz avrà sì rivitalizzato l’ambiente, ma allo stesso tempo ha messo sotto una nuova pressione Alexander Albon. Il thailandese in questi ultimi anni ha ben figurato anche grazie al confronto spesso impari con i suoi compagni di squadra, e dunque l’arrivo del #55 carica di un nuovo significato anche la stagione del #23. Se Albon dovesse dimostrare di essere più veloce di Sainz, di un pilota che secondo chiunque avrebbe meritato ancora una chance in un top team, potrebbero aprirsi per lui inattese opportunità di mercato. Se lo spagnolo dovesse invece pesantemente ridimensionare il thailandese, davanti a quest’ultimo potrebbe palesarsi scenari sconosciuti: ci sono troppi rookie veloci in circolazione per dare per scontata la permanenza su un sedile di un team di F1.
Un discorso diverso deve probabilmente essere fatto invece per Aston Martin, che mai come nel 2025 potrebbe prendere in prestito dalla NBA il concetto del “tankare”, del nascondersi volutamente con testa e corpo sotto la sabbia per poter avere maggiori vantaggi in futuro. Non stupirebbe un domani sapere che, forti della consapevolezza di non avere i mezzi per ricucire il gap dalla vetta nel corso di questa stagione, gli uomini di Lawrence Stroll abbiano consapevolmente deciso di fare il minimo indispensabile per sbarcare il lunario in questo 2025. L’arrivo di Enrico Cardile e soprattutto di Adrian Newey è con vista sul 2026 e oltre, e puntare a mettere a disposizione di entrambi più ore in galleria del vento grazie a una posizione poco felice nella classifica costruttori di quest’anno non sembra un’ipotesi così campata in aria. La stabilità economica della scuderia, basata sui miliardi del già citato Stroll e puntellata con i flussi di denaro che arrivano copiosi dagli sponsor arabi, potrebbe permettere di fare un simile investimento e di puntare così a iniziare il nuovo ciclo regolamentare (il primo affrontato dal team con una Power Unit non realizzata per altri) con delle basi così solide da attirare qualsiasi pilota. Max Verstappen incluso.
Chi del “tanking” dovrà invece forse fare più necessità che virtù è lo Stake F1 Team Kick Sauber, alle prese con una trasformazione in Audi Sport che voci di corridoio raccontano sia più sofferta e complessa di quanto fosse lecito aspettarsi. Mattia Binotto al suo arrivo ha trovato una situazione difficile, caratterizzata com’era e com’è da una stagnante fase di scarsa competitività, e il passare delle settimane non ha fatto altro che complicare lo scenario. Le difficoltà che sta vivendo il mondo dell’automotive stanno gravando sui progetti a lungo termine di Audi, di recente affiancata infatti dal fondo sovrano del Qatar nella gestione della squadra, e la centralità dell’Inghilterra nell’universo F1 ha reso e rende difficile attrarre forza lavoro esperta a Hinwil. L’arrivo dell’ex Red Bull Jonathan Wheatley e l’apertura di una sede nel Regno Unito potrebbero essere sirene in grado di sedurre qualcuno, ma non è di certo di naufraghi che Mattia Binotto ha bisogno in questo momento.
Per motivi diversi, anche Racing Bulls ha dovuto cedere al richiamo della Gran Bretagna. Il cuore faentino della squadra che fu di Giancarlo Minardi continua a pulsare, ma la tentazione di accedere a tutto ciò che orbita attorno al nucleo di Red Bull Racing ha fatto sì che anche la scuderia italiana aprisse una sorta di filiale in Inghilterra. Per il team guidato da Laurent Mekies il 2025 sembra poter essere un altro anno di transizione, trascorso con un pilota scontentato dalle scelte compiute ai piani alti dell’universo Red Bull e con un esordiente dal carattere tutto da scoprire e gestire. Il 2024 è stato caratterizzato da magri risultati e da turbolenze interne: la speranza, per gli uomini di Faenza è che si sia trattato di un caso isolato e non dell’inizio di un nuovo status quo.
Un nuovo status quo lo sta invece cercando spasmodicamente Alpine, scuderia che lo scorso anno ha patito un ridimensionamento concettuale di spaventose proporzioni. Per un costruttore, per un motorista, decidere di sacrificare la propria indipendenza progettuale a causa dei modesti risultati finora ottenuti rappresenta un fallimento di importante portata. I continui rimescolamenti al vertice, culminati nel 2024 con il chiacchierato e discusso ritorno in F1 di Flavio Briatore, non hanno di certo contribuito a trasmettere l’idea di stabilità, definitivamente minata dal matrimonio con Mercedes e da una quantomeno rivedibile gestione dei propri piloti. Appiedare Esteban Ocon alla vigilia del GP di Abu Dhabi, dopo quanto fatto a Interlagos e privandolo oltretutto della possibilità di salutare il team, è parso ingeneroso. Adoperarsi per far penzolare la spada di Damocle di Franco Colapinto sul capo di Jack Doohan, in possesso di una sorta di contratto a tempo che renderà ancora più complesso il suo essere un debuttante, pure.
Ultima, ma non per importanza o per previsioni di classifica, è la Haas. La coppia formata da Esteban Ocon e Oliver Bearman sulla carta promette un rendimento assai elevato, ma il #31 ha spesso e volentieri relazioni complicate con i propri compagni di squadra: la convivenza con un pilota dalla voglia, dalla grinta e dal talento dell’inglese potrebbe rivelarsi non idilliaca, soprattutto se Bearman dovesse confermare gli ottimi standard di rendimento mostrati nelle sue apparizioni datate 2024. Molto dipenderà, come sempre accade in F1, dalle prestazioni di una VF-25 che ha preferito tentare di progredire seguendo i binari della continuità e non quelli della rivoluzione. La monoposto a stelle e strisce, pur condividendo molto con la Scuderia Ferrari, in vista del 2025 ha deciso di non modificare il disegno della propria sospensione anteriore, mantenendo così quello schema push-rod che secondo Maranello non garantiva ulteriori margini di crescita. Mai come quest’anno, in quel di Banbury, dovranno sperare nel fatto che in Ferrari si siano sbagliati.