“Cosa è successo alle Ferrari? Quello che succede quando smetti di barare, è ovvio“. Max Verstappen ha commentato così, durante un’intervista rilasciata ai microfoni di Ziggo Sport nel dopo gara del GP degli Stati Uniti, la prestazione deludente delle due SF90 tra i cordoli del Circuit of The Americas. Poche parole dirette, taglienti come spade, che hanno indicato in maniera inconfutabile ed evidente la posizione del #33 in merito alle ombre che da diversi GP indugiano attorno alla Power Unit Spec 3 del Cavallino Rampante.
La superiorità del propulsore made in Maranello, inutile sottolinearlo ancora una volta, non è andata troppo giù alla diretta concorrenza. Mercedes – in possesso da anni di una PU considerata lo stato dell’arte nel Circus – ed Honda (finalmente approdata in Paradiso dopo stagioni di Purgatorio e soprattutto Inferno) non hanno digerito il fatto che, dalle parti del Reparto Corse della Scuderia Ferrari, ci sia stato qualcuno in grado di progettare un motore così evidentemente superiore a tutti gli altri. La terza specifica del propulsore realizzato in quel di Maranello ha attirato su di sé l’attenzione sin dal debutto, e più diveniva lampante la sua superiorità più nel Paddock aumentavano le voci, i dubbi, i sospetti, tutti unanimi nell’affermare una ed una sola teoria: quella dell’irregolarità della PU Ferrari.
A muoversi per prima, dopo diverse stoccate rifilate da Helmut Marko al Cavallino Rampante, avrebbe dovuto essere la Mercedes. Dicerie di corridoio parlano infatti di un ricorso formale che gli uomini di Brackley avrebbero pronto sin dal GP del Messico, ma tra un tentennamento e l’altro la Stella a Tre Punte è stata bruciata sul tempo dai Tori della Red Bull, che alla vigilia del GP degli Stati Uniti hanno presentato una lettera di chiarimento alla FIA in cui, in estrema sintesi, si chiedevano verifiche sul rispetto da parte di tutti del limite di portata del carburante (fissato a 100 kg/h). La Scuderia Ferrari è passata indenne a questo controllo – così come confermato dalla risposta data a Red Bull da Nikolas Tombazis, responsabile tecnico monoposto della Federazione -, ma il caso ha voluto che proprio a seguito di questo chiarimento entrambe le SF90 si siano rese protagoniste di una prestazione clamorosamente al di sotto delle aspettative, una di quelle che hanno rievocato i nefasti giorni dei GP d’Ungheria e di Spagna.
E’ piuttosto evidente che i due Cavallini avessero il fiato corto per cause decisamente svincolate dal contenuto della lettera inviata da Tombazis a tutti i team – la sospensione posteriore non fa parte della Power Unit fino a prova contraria, ed il propulsore Spec 2 usato da Leclerc non era mai riuscito a spaventare gli avversari nella prima metà di stagione -, ma resta il fatto che questo passaggio a vuoto della Scuderia Ferrari ha clamorosamente offerto il fianco ai rabbiosi fendenti degli avversari, resi coraggiosi dall’aver visto il nemico ferito. E poco importa che ad utilizzare determinate parole sia stato il solo Verstappen: il #33, con la sventatezza e l’irruenza tipica dei 22 anni, ha molto probabilmente dato voce in maniera involontaria al pensiero di tanti altri protagonisti del Paddock, costretti – loro sì – da età, ruoli ed etichette ad utilizzare parole molto più morbide e melliflue per esprimere il medesimo concetto.
Questo clima accusatorio che aleggia attorno alla Scuderia Ferrari in maniera opprimente non ha fatto molto piacere a Mattia Binotto, team principal del Cavallino che secondo alcuni sarebbe uscito furibondo dall’hospitality Red Bull in quel di Austin dopo aver avuto un breve – e sembra parecchio acceso – incontro con Christian Horner. L’ingegnere italiano, da sempre pronto a fare quadrato attorno agli uomini della squadra, non ha infatti atteso troppo prima di rispondere alla pletora di illazioni e commenti visti durante l’appena trascorso fine settimana. “Ho letto e sentito molti commenti, durante questo fine settimana, in merito ad una direttiva tecnica ed al presunto impatto che essa avrebbe avuto sulla performance delle nostre vetture“ – ha esordito Binotto – “Ho anche ascoltato dei commenti a fine gara che ritengo essere molto deludenti“.
“Nelle qualifiche siamo quasi riusciti a conquistare la pole position: credo che Seb avrebbe potuto centrarla, ma è stato un po’ cauto in curva“ – ha proseguito il team principal del Cavallino – “Charles invece, come sapete, ha avuto un problema tecnico durante le FP3 e dunque è stato costretto a montare una Power Unit precedente. Complessivamente, guardando la posizione con cui ha chiuso il Q3 e considerando cosa avrebbe potuto fare nella terza sessione di libere se non avesse avuto quel problema, anche parlando di Charles si può ipotizzare che ci fosse il potenziale per raggiungere la pole: non vedo quindi dove sia il problema“. “Poi, analizzando la gara, possiamo dire che il nostro cruccio non è stato la velocità in rettilineo: abbiamo invece sofferto problemi di aderenza della vettura soprattutto durante il primo stint, e questo è successo con entrambi i piloti“ – incalza Binotto – “Non posso quindi che sottolineare come commenti simili a quelli visti nei giorni scorsi siano completamente sbagliati. Non va bene neppure per lo sport, e quindi credo che tutti dovremmo essere un po’ più cauti“.
Il condizionale tuttavia resta d’obbligo, dato che il sempre più vicino GP del Brasile rischia inaspettatamente di rivelarsi banco di prova della competitività Ferrari. Se anche lì le due Ferrari SF90 dovessero soffrire in maniera tremendamente simile ai GP in cui scendevano in pista con la PU Spec 2, infatti, chi riuscirà – tra gli uomini in rosso – ad invitare alla cautela le lingue degli avversari?