Giro numero 87 di 87. Sergio Perez dopo ben 190 Gran Premi disputati taglia per primo la linea del traguardo. Era il 1970 quando l’ultimo messicano vinceva un GP di Formula 1: si trattava di Pedro Rodriguez, all’epoca su BRM. Ci sono voluti 50 anni per riportare una vittoria in patria, dopo un’intera carriera ad attendere di essere lì, sul gradino più alto del podio.
“Spero di non sognare, sai, perché ho sognato tanti anni di poter vivere questo momento. Dieci anni, dieci anni mi ci sono voluti. Incredibile. Non so davvero cosa dire”
Vi starete chiedendo perché la vittoria di Checo Perez sia l’essenza del Motorsport, vero? Semplice: perché c’è tutto ciò che desideriamo vedere in una prestazione da 10 in pagella. Non solo. C’è tutto quello che potrebbe essere racchiuso in un poema omerico o in un racconto mitologico: la voglia di rivincita, l’arrivare lì ad un passo dall’alloro, la caduta, la risalita contro tutto e tutti ed infine la gloria, seppur resa amara dalla consapevolezza di avere pochissime chance per un sedile nella stagione 2021. In quel che ha fatto Sergio Perez c’è tutto ciò di cui noi abbiamo bisogno dalle corse: talento, strategia, perseveranza e voglia di vincere. E’ soprattutto la rivincita e la vittoria, non solo fisica ma anche morale, di un pilota che ha mostrato di poter rimanere con onore sulla breccia nonostante la consapevolezza di essere stato scaricato anzi tempo. La stagione di Perez è una stagione strana. Il cambio di marchio di un team che lo mette alla porta, il COVID-19, i mugugni su come Hulkenberg sia meglio di lui al volante della Racing Point. Perez in tutto ciò non si è lasciato sopraffare, ed ha costruito mattone dopo mattone il risultato conquistato nel GP di Sakhir. Ha lavorato con testa bassa, poche dichiarazioni, alzando sempre più l’asticella – al netto di rotture e incidenti – fino alla Turchia. Quel secondo posto lo ha tremendamente avvicinato all’alloro, e poco conta se nel primo dei due appuntamenti in quel del Bahrain il motore della sua Racing Point sia andato in fumo: era chiaro a tutti cosa Perez fosse in grado di fare sotto i riflettori di Sakhir.
Il secondo atto dello spettacolo organizzato dalla Formula 1 in Bahrain è stato la perfetta replica in scala di quel che è accaduto in stagione: l’ottima partenza, la caduta per motivi non imputabili a lui, la rimonta ed infine la vittoria, a coronamento di una carriera vissuta vestendo gli scomodi panni dell’underdog. Sì, perché mentre tutti si concentravano sulla partenza portentosa di George Russell lì, subito dietro a lui, c’era Checo. Che tra Verstappen e Bottas, pronto saggiamente e intelligentemente ad infilare i suoi avversari all’esterno di Curva 4, viene centrato da un Leclerc arrivato lungo in staccata. Perez si gira dopo il contatto, e mentre sia Max che Charles si infrangono sulle barriere lui è pronto a ripartire, miracolosamente indenne assieme alla sua Racing Point. Per l’ennesima volta deve ricostruire tutto, proprio quando le cose sembrava stessero andando per il meglio. Come in una parabola, in un destino beffardo che lo affligge imperterrito, Sergio deve costruire nuovamente tutto daccapo. Rientra ai box, ed è qui che assieme al suo team – come ogni vittoria vuole – inizia a costruire la sua rimonta.
Cambia mescola, e per ben 47 giri mantiene in vita le Medium con una costanza fantastica, quella che solamente i grandi piloti hanno. La Safety Car successiva ed il conseguente harakiri Mercedes sembrano volergli restituire un po’ di quanto tolto, ma Russell è veloce, molto più veloce di un Perez che assieme al proprio team ha deciso di utilizzare la mescola Hard per provare ad arrivare fino in fondo. C’è intelligenza, collaborazione e un’ottima strategia dietro a tutto ciò. Il numero 63 in forza alla Mercedes ne ha davvero di più ma, come in una black comedy dal sapore british, il destino ridà al buon Perez quella dose di fortuna tolta in troppe occasioni. Russell fora, viene costretto ad un ulteriore pit ed è oramai fuori dai giochi. Tra Checo e la vittoria ci sono solo 11 giri e il destino. Oramai pare che il karma di Perez sia finalmente tornato in equilibrio e, giro dopo giro, Checo vede la vittoria avvicinarsi sempre più fino al fatidico passaggio numero 87 E’ arrivata. Finalmente, dopo tanto tempo, anni di carriera tra chiari e scuri, la vittoria è di Sergio Perez.
Un riflesso incredibile della stagione, della carriera del buon Checo. Fatta di vittorie in altre categorie, di sogni appesi al filo, di destini beffardi e di un talento cristallino spesso posto in ombra da altri più grandi di lui. E’ l’essenza del Motorsport di quei piloti ottimi, bravissimi, che spesso passano in secondo piano. Figli di un dio minore che rimangono lì alla porta, sperando che un giorno gli Dei dell’Olimpo dei motori decidano di concedere loro la gloria. E’ l’essenza di quell’imprevedibilità che il fantastico mondo dei motori ci ha sempre regalato, quella stessa imprevedibilità che forse avevamo dimenticato in questi ultimi anni. E’ il romanticismo di un pilota che finalmente corona il suo sogno nel momento più difficile della sua carriera. C’è la rivincita, la caduta, ed infine la gloria. Ecco perché la vittoria di Checo è l’essenza del Motorsport. Di quel Motorsport fatto di domeniche passate in autodromo tra benzina, freddo e difficoltà, aspettando fino all’ultimo l’istante giusto per cambiare il proprio destino per sempre.