Gli Aedi – figure risalenti all’Antica Grecia -, cantori raffigurati come non vedenti poiché direttamente in contatto con le divinità, non avevano bisogno di vedere: il carattere metafisico li guidava e la vista diveniva superflua con la presenza dello spirito divino. Quel divino che scende a guida dello spirito dotandolo di capacità impensabili, affinando ogni senso e incensa l’animo umano di virtù mai viste prima. Il divino che scese, come in un antico canto narrato da Omero, tra le curve sinuose del Gp del Canada del 1981, investendo del potere metafisico un piccolo “aviatore” di nome Gilles Villeneuve e regalando a noi appassionati una delle sue più grandi gesta.
Nei “Dialoghi con Leucò” di Pavese vi è un passo denominato “L’Isola”, nel quale Odisseo e Calipso si interrogano sull’immortalità e a cosa sia legata: “immortale è chi accetta l’istante, chi non pensa ad un domani”. Per vincere il destino non solo bisogna fermarsi, ma si deve spezzarlo nel tentativo di godersi l’ebbrezza dell’istante: così narra Calipso, cercando di convincere Odisseo a rimanere e non continuare il suo viaggio. Un discorso che Odisseo capisce e pare persino condividere, fino a che al termine del loro dialogo sottolinea come Calipso dimentichi qualcosa: “Quel che cerco l’ho nel cuore, come te”. Un passo che sembra richiamare le gesta eroiche, ai limiti dell’inimmaginabile, compiute dal 27 rosso nell’arco della sua carriera. Quel bisogno di sentire i cavalli, quel suo essere comparsa, sceneggiatore, attore protagonista e regista del suo modo di vivere, quel cuore – puro all’inverosimile – pronto ad essere lanciato oltre l’ostacolo e le avversità per essere il migliore e non accontentarsi del terzo o quarto posto. Un richiamo, un mantra, una filosofia di vita che viene fuori con tutta la sua forza e unicità in occasione del penultimo appuntamento del campionato del mondo del 1981. Disputato anch’esso su un’isola – proprio come Odisseo -, a Montreal.
La stagione del 1981 per Ferrari e Gilles è fatta di molte ombre e poche luci. Quelle luci, tuttavia, splendono come diamanti: Monaco e Jarama. Arrivato in terra natia, il Canadese e la Ferrari sono oramai fuori dai giochi per il mondiale e la scena viene catturata dalla lotta tra FOCA, FISA e gli organizzatori del GP poiché, dei 12 milioni pattuiti per la gara, ne vengono offerti solamente 5. La corsa pare destinata a saltare fino a pochi minuti dal via quando, finalmente, viene trovato un accordo tra le parti in causa. Gilles nel sabato di qualifiche non è andato particolarmente bene. Il tabellone recita P11, che tradotto vuol dire sesta fila. Un risultato poco entusiasmante lì dove centrò la prima vittoria in Ferrari nel 1978. Al via la pioggia scende copiosa: una partenza bagnata, difficile per tutti. Gli istanti iniziali sono vivi, entusiasmanti, la visibilità è pari a zero o quasi, ci sono alcuni contatti ed uno di questi coinvolge anche Villeneuve assieme al compagno di squadra Didier Pironi ed al francese Renè Arnoux. La Renault sarà costretto al ritiro, mentre il tutto per Gilles si risolve in un piccolo urto all’ala anteriore. Complice la pioggia, il numero 27 risale – avvantaggiato dalle gomme Michelin – fino alla terza piazza. Villeneuve è veloce, molto veloce e inanella giri su giri fin quando l’asciugarsi della pista non inizia a giocare a suo sfavore. Non solo: il contatto nelle fasi iniziali ha piegato leggermente l’alettone, ma “L’Aviatore” prosegue come se nulla fosse accaduto. Il Canadese – complice un testacoda di Jones – diventa secondo e per una lunga serie di tornate ingaggia una lotta con Watson su McLaren nel tentativo – vano – di mantenere la posizione. Il pilota di Maranello tuttavia non si arrende e rimane attaccato al suo rivale, fino a quando non ha inizio il giro numero 38.
Nei pressi del tornante del Casinò c’è da doppiare una Lotus, quella di Elio De Angelis. I due arrivano in staccata e, complice un’incomprensione, si toccano. Villeneuve è in testacoda, il suo alettone è sempre più danneggiato. In occasioni come queste il buon senso direbbe di tornare ai box, ma Gilles non vuole rischiare di perdere posizioni e prosegue con la solita temerarietà che lo contraddistingue. Passano i secondi, i minuti, i giri e la Ferrari numero 27 vede man mano piegarsi sempre più l’ala anteriore. Gilles, tuttavia, di tornare ai box proprio non vuol saperne. Giro numero 54, esattamente 17 tornate dopo il contatto con De Angelis: l’alettone, oramai completamente compromesso, si piega del tutto fino ad ostruire del tutto la visuale di Villeneuve. Se già prima era difficile controllare una vettura di F1, ora è praticamente impossibile. Il rientro ai box è l’unica soluzione, ma non per Gilles. Reso cieco dall’ala anteriore, come un moderno Aedo il 27 rosso è ormai guidato dal dio della velocità: non si tratta più di vista, ma di guidare affinando i sensi. Sensi che son sono stati abituati a guidare senza vedere – in quelle gare di motoslitte agli albori, che gli permisero di approdare nel mondo dei motori – e che affinano all’inverosimile la sua tecnica di guida. Gilles non guida più seguendo la normale visuale, ma il selciato creato dalle auto che durante il GP hanno man mano asciugato la traiettoria. La folla esplode sugli spalti, mentre le telecronache sia nostrane con Poltronieri – che inizia a redarguire il canadese per il suo eccesso di foga – sia straniere con Stewart danno addosso a Villeneuve, con la TV inglese che addirittura invoca la bandiera nera per la pericolosità della situazione. L’Aviatore però dietro la sua visiera, sotto al suo casco, non sente nulla di tutto ciò ed ingaggia una lotta con l’alettone oramai a ridosso della sua postazione di guida. In perenne controsterzo come solo il suo stile di guida concede, con l’auto che scivola veloce e sinuosa sull’asfalto viscido scolpendo staccate e traiettorie da togliere il fiato a chi sta osservando questo spettacolo unico. La vulnerata monoposto rossa nei successivi giri ondeggia nei rettilinei, cercando di scrollarsi l’alettone danneggiato. Ci prova 3 volte e alla fine, al terzo tentativo, riesce nel suo intento. L’alettone si è staccato: Gilles oramai può guidare con la visuale libera, sono rimasti 5 giri prima di giungere al traguardo. Cinque giri da percorrere senza l’ala anteriore, in equilibrio precario, sempre come la sua vita insegna in perenne controsterzo.
La gara termina, Gilles è terzo al traguardo. Mai su un circuito di F1 in condizioni simili si è visto qualcosa di simile. Nessuno in tanti anni di gran premi ha mai osato tanto. Il pubblico di casa, i tifosi Ferrari, ogni appassionato è senza parole, in visibilio. “J’ai la fievre” suona ed echeggia in ogni dove. Villeneuve, come Odisseo all’inizio del nostro racconto, non parla più di immortalità del gesto legato all’attimo, ma di un qualcosa che ha nel cuore, e che vale l’immortalità delle sue gesta. E’ la consacrazione di quello che tantissimi appassionati avevano visto in lui e che li aveva portati ad amarlo oltre ogni cosa. Villeneuve con questa impresa è consegnato all’Olimpo e all’immortalità del Pantheon della F1. Un luogo in cui è entrato come piaceva a lui: in perenne controsterzo, gettando il cuore oltre l’ostacolo.