I record, si sa, sono fatti per essere battuti. Nello sport è normale che il ricambio generazionale porti sempre di più ad alzare (o ad abbassare, a seconda dei punti di vista) le prestazioni degli atleti, rendendo i nuovi arrivati sempre migliori di coloro che li hanno preceduti. Anche nell’automobilismo potrebbe essere così in linea di massima, ma la realtà è che il cambiamento delle vetture, delle regole, dei circuiti e in generale di tutto il mondo delle corse rende difficile stabilire una gerarchia di chi sia più forte, e i freddi numeri non bastano. Schumacher, Fangio, Senna, Prost, Clark, Hamilton o chiunque altro vi passi per la mente, non si può davvero scegliere il GOAT della classe regina dell’automobilismo, e la scelta di ognuno di noi dipenderà dalle simpatie verso questo o quel pilota. Dicevamo, i freddi numeri non bastano, altrimenti bisognerebbe rispondere secchi “Schumacher” (anche se Hamilton continua imperterrito la scalata). Diversi fattori, in primis l’allungamento dei calendari, non rendono giustizia a piloti che abbiano vinto una ventina di gare negli anni ’60, che verosimilmente valgono, in proporzione, come una cinquantina (almeno) di vittorie attuali, e il record di vittorie di Stewart, 27, per dire, vale decisamente quanto quello di Schumacher fissato trentatré anni dopo. Ecco, torniamo ai record. Ognuno di noi sa che un giorno un ragazzino che magari adesso corre sui kart riscriverà la storia. Però ci sono certi record che, quando vengono fissati, ci fanno dire “Questo non lo batteranno mai”, venendo smentiti nel giro di pochi anni. Ecco, noi adesso andremo ad analizzare i dieci primati creduti imbattibili fino al 2009 ma che nel corso di questi 10 stagioni sono stati abbattuti. Pronti? Si parte.
1) Maggior numero di pole position (Lewis Hamilton, 88)
Quando nell’ormai lontano 2006, in Bahrain, Michael Schumacher eguagliò il record di pole position di Ayrton Senna (65), per poi superarlo ad Imola, si capiva che il tedesco era riuscito nell’impresa. Aveva impiegato 13 stagioni a battere il primato del pilota paulista, e sembrava che questo record sarebbe durato, se non per sempre, almeno per moltissimi anni. Beh, all’epoca nessuno poteva saperlo, ma solo l’anno dopo avrebbe esordito nella scena mondiale l’uomo in grado di abbattere il record del Kaiser: Lewis Hamilton. Il martello di Stevenage sin da subito si rivelò particolarmente abile nel giro veloce, capace di mettere spesso una pezza in qualifica alle scarse prestazioni di vetture a volte non imbattibili. In soli dieci anni l’inglese ha completato la scalata, eguagliando nello stesso anno, il 2017, prima Senna, in Canada, e poi Schumacher, proprio sulla sua pista preferita, Spa. Al momento di scrivere il record è fissato ad 88, anche se forse quest’anno, complice anche una Ferrari un po’ più avanti nel giro secco, non è stato brillante come al solito. Ma l’asticella posta da Lewis è altissima, e prima del ritiro sarà molto probabilmente in grado di porla ancora più su.
2) Pilota più giovane in gara (Max Verstappen, 17 anni e 166 giorni)
Quando a Budapest, nel 2009, Jaime Algersuari, stabilì il nuovo record di pilota più giovane al via di un GP, a 19 anni e 125 giorni, fu un fatto incredibile. Prima del suo arrivo, infatti, il record resisteva da ben ventinove anni, quando il neozelandese Mike Thackwell prese il via del GP del Canada 1980 a soli 19 anni e 182 giorni. Certo, era facile prevedere che prima o poi il record sarebbe stato abbattuto, ma nessuno avrebbe mai potuto prevedere di quanto. Sei anni dopo lo spagnolo, infatti, con una mossa a sorpresa il suo stesso team, la Toro Rosso, schierò l’ancora minorenne Max Verstappen nel GP d’Australia, primo e ultimo caso nella storia in cui un adolescente ha potuto correre nella categoria regina. Ultimo perché, proprio per lui, dopo quel GP venne fissato un limite di età, fissato appunto a 18 anni. Dopo Max, altri due piloti sono stati più precoci dello spagnolo, Lance Stroll (18 anni e 148 giorni) e Lando Norris (19 anni e 124 giorni), ma nessuno di questi è stato in grado di far meglio di Max, anche, ma non solo, per questa regola. Max che, inoltre, detiene anche i record di più giovane pilota a punti (17 anni e 180 giorni) e quello di più precoce vincitore di un GP (18 anni e 228 giorni), anche questi quasi certamente imbattibili.
3) Campione del mondo più giovane (Sebastian Vettel, 23 anni e 134 giorni)
Un altro record di precocità, e ancora una volta riguarda un pilota della sfera Red Bull. Quando Sebastian Vettel prese il via del GP d’Abu Dhabi 2010, forse nemmeno immaginava che alla fine avrebbe scippato a Lewis Hamilton questo record, visti i 15 punti di ritardo da Fernando Alonso. Eppure, dopo una gara drammatica sportivamente parlando, il tedesco riuscì nell’impresa, vincendo il primo di una striscia di quattro titoli iridati consecutivi. Questo record, a differenza di altri, sembra più alla portata di piloti più giovani. Max Verstappen e Charles Leclerc, i più accreditati ad abbatterlo, sicuramente venderanno cara la pelle per togliere il primato al tedesco, che però avrà sicuramente la possibilità di difendersi il prossimo anno.
4) Maggior numero di pole position in una stagione (Sebastian Vettel, 15)
L’anno seguente aver stabilito il record di più giovane iridato, il tedesco della Red Bull si rese protagonista di un dominio assoluto. Dominio che si manifestò soprattutto in qualifica, in cui Sebastian fu implacabile, guadagnandosi la partenza al palo in ben 15 occasioni su 19. Questo numero gli consentì di battere il primato fissato ben diciannove anni prima da Nigel Mansell, quando il Leone inglese fu il più veloce al sabato in ben 14 occasioni su 16. Certo, a vantaggio del pilota di Milton Keynes vi era il surplus di tre gare rispetto alla stagione 1992, ma questo non deve togliere merito alla sua impresa, in un anno in cui fu in grado di non mettere mai in discussione il suo secondo titolo iridato.
5) Podio più giovane di sempre (Max Verstappen, Pierre Gasly, Carlos Sainz, 23 anni, 8 mesi e 23 giorni).
Il recente GP del Brasile è stata probabilmente una delle gare più caotiche che si ricordi, dando tantissimi spunti di conversazione. Uno di questi è sicuramente l’inedito podio Verstappen-Gasly-Sainz, gli ultimi due al primo rostro in carriera. Questo terzetto, reso tale dalla penalità di Lewis Hamilton, terzo sul campo, che ha agevolato il pilota Mclaren, rappresenta il podio con l’età media più bassa di sempre. Prima di questo, il più giovane trio fu quello Vettel-Kovalainen-Kubica, che nel piovoso GP d’Italia 2008 fissò il record 23 anni, 11 mesi e 16 giorni di età media. Sempre quest’anno, inoltre, abbiamo avuto il terzo podio più giovane di sempre, in Austria, con Verstappen, Leclerc e Bottas a formare insieme un’età media di 24 anni, 5 mesi e 13 giorni.
6) Maggior numero di vittorie in una stagione per un team (Mercedes, 19)
Questo record, volendo, è in realtà frutto, anche dell’allargamento dei calendari iridati degli ultimi anni, ma questo non deve togliere valore a quanto conquistato dalla Stella a tre punte. Se prima infatti il record era di 15 vittorie stagionali, condiviso da Ferrari (2004) e Mclaren (1988), la Casa di Stoccarda è stato capace di superare tale cifra per tre volte di seguito, nel 2014 e nel 2015 con 16 vittorie, e nel 2016 addirittura con 19, lasciando solo due GP alle Red Bull di Verstappen e Ricciardo. A dimostrazione di quanto quello della Mercedes sia forse il ciclo più vincente di sempre.
7) Maggior numero di GP disputati senza ottenere un podio (Nico Hulkenberg, 177)
Non sempre i record sono positivi. La storia di Nico Hulkenberg è probabilmente una delle più tristi sportivamente parlando della storia della F1. Arrivato in F1 nel 2010 da campione di GP2, nella sua prima stagione si dimostrò uno degli astri nascenti della categoria, arrivando a punti già in Malesia e cogliendo anche una pole con la Williams nelle umide qualifiche di Interlagos. Tuttavia, gli anni iniziarono a passare, e nonostante un interessamento da parte della Ferrari nel 2013, che quasi lo portò a Maranello finché il ritorno di Kimi Raikkonen non pose fine ai suoi sogni rossi, nessun team di prima fascia si dimostrò mai seriamente interessato a lui. Correndo sempre con macchine da metà griglia, e incappando in sfortuna e errori le poche volte in cui ha avuto la possibilità di puntare al bottino grosso, per lui è stato “facile” scrivere questo record, superando Adrian Sutil (128) nel corso del GP di Singapore 2017 (gara in cui, peraltro, si trovò a lungo in zona podio). Tuttavia, il pilota teutonico può vantare una vittoria nell’unica edizione della 24 ore di Le Mans a cui ha partecipato, nel 2015 con la Porsche, rendendolo comunque uno dei piloti più versatili sul palcoscenico motoristico mondiale.
8) Maggior numero di GP disputati prima di ottenere un podio (Carlos Sainz, 101)
Diametralmente opposta a quella di Hulkenberg è invece la situazione di Carlos Sainz. Il pilota spagnolo, dopo un altalenante inizio di carriera tra Toro Rosso e Renault, ha trovato la sua dimensione quest’anno in McLaren. Complice una vettura in crescita rispetto alle ultime annate e il buon rapporto con il team mate Lando Norris, questa stagione è stata la migliore per il pilota iberico, capace di piazzarsi addirittura al sesto posto in classifica generale. La meravigliosa annata del pilota di Woking è culminata con il podio arrivato ad Interlagos dopo la penalizzazione di Hamilton, permettendogli di realizzare il primo rostro della sua carriera dopo ben 101 apparizioni iridate, battendo (per così dire) Martin Brundle, che nel GP di Francia 1992 riuscì a piazzarsi terzo al 91esimo tentativo. Ovviamente, speriamo che la sua striscia non si fermi qui, e se la McLaren continuasse a crescere come fatto in questa stagione, potrebbe effettivamente continuare su questa strada.
9) Maggior distanza temporale tra la prima e l’ultima vittoria in carriera (Kimi Raikkonen, 15 anni, 6 mesi, 28 giorni)
Eterno. Ecco come si potrebbe descrivere Kimi Raikkonen. Il pilota finlandese, arrivato oramai alla soglia degli anta, non vuole saperne di lasciare il passo ai ragazzini che scalpitano nelle formule minori, e anche se non è più al massimo della forma, continua ogni tanto a regalare perle. L’ultima in ordine di tempo è la vittoria ottenuta lo scorso anno ad Austin, la sua (per ora) ultima affermazione in carriera. Al di là della stupenda prova di forza contro Verstappen (uno che aveva solo quattro anni quando Iceman debuttava con la Sauber) e Hamilton, è da segnalare che questa vittoria è giunta a distanza di più di tre lustri dal primo successo del pilota finnico, avvenuto nel GP della Malesia 2003 sulla McLaren. Questo gli ha permesso quindi di battere il record di Michael Schumacher, la cui prima vittoria (Belgio 1992) e l’ultima (Cina 2006) distano 14 anni, un mese e un giorno. Probabilmente per Kimi sarà difficile allungare la striscia in quello che dovrebbe essere il suo ultimo anno in F1, il 2020. Però la F1 c’ha abituato a grandi sorprese, quindi mai dire mai.
10) Maggior distanza temporale tra due piazzamenti a punti (Robert Kubica, 8 anni, 8 mesi, 14 giorni)
E chiudiamo con un pilota che, così come Vettel, Hamilton e Hulkenberg, ha preso parte sia alla prima che all’ultima gara di questo decennio, anche se il suo percorso è stato sicuramente più ostico di quello dei tre sopracitati. Dopo il terribile incidente al Rally Ronde d’Andora nel 2011 nessuno s’aspettava che sarebbe tornato alle corse, figuriamoci alla Formula 1. Ma Robert è stato in grado di ricostruire la propria carriera, e, dopo essere tornato al volante di una monoposto in un test ufficiale nel 2017 con Renault, ha avuto la grande occasione quest’anno con la Williams, tornando dopo ben nove anni in un Gran Premio. Purtroppo però, le aspettative che noi e forse anche lui ci eravamo creati si sono scontrate con la dura realtà: il 2019 è stata probabilmente la stagione più dura per la storica squadra inglese, e, oltre alla mancanza di competitività, il team di Sir Frank si è fatto notare anche per una inconcepibile mancanza di organizzazione (resa manifesta già dai test prestagionali, in cui arrivò con due giorni di ritardo) e dalla carenza di ricambi, che costringevano i due piloti a non cercare il limite. Inoltre, il confronto con il giovane George Russell, fresco campione di F2 è stato impietoso, anche se forse buona parte di questo è dipeso dal fatto che forse l’inglese fosse favorito nell’assegnazione dei pezzi. Il britannico è stato davanti al polacco per quasi tutte le sessioni di questa stagione, ma il destino ha voluto fare in modo che la carriera di Robert vivesse un ultimo momento di gioia: nel GP di Germania, gara in cui ha concluso dodicesimo, nonché l’unica in cui ha terminato davanti a Russell, la squalifica delle due Alfa Romeo di Raikkonen e Giovinazzi l’ha fatto approdare miracolosamente in decima posizione, consentendogli di far marcare alla sua squadra l’unico punticino dell’anno. Un punto che gli ha permesso di battere Lucien Bianchi (lo zio del compianto Jules), che aveva conquistato i suoi primi due piazzamenti a punti nel GP del Belgio 1960 e nel GP di Monaco 1968, separati tra di loro di 7 anni, 11 mesi e 7 giorni. Probabilmente non il record che si aspettava di battere quando ha iniziato a correre in F1, ma viste tutte le premesse, sicuramente è il punto che vale di più della sua ottima carriera.