La FIA torna sui propri passi, Fernando Alonso torna sul podio del GP d’Arabia Saudita. Nella notte di Jeddah, come tante volte accaduto in passato, la Federazione Internazionale dell’Automobile ha smentito se stessa andando a revocare una penalità comminata solamente poche ore prima. Il motivo? L’errata convinzione che ci fosse un accordo condiviso tra la FIA e i team.
È accaduto tutto quando in Italia era ormai tarda serata e anche gli ultimi singhiozzi dei tifosi Ferrari erano svaniti. “A Fernando Alonso” – si è letto attorno alle 23 – “è stato riassegnato il 3° posto nel GP d’Arabia Saudita”. Giubilo e festa in casa Aston Martin, delusione e zeru tituli in casa Mercedes. Godimento estremo per Fernando Alonso (che mezz’ora prima della revoca della penalità se ne era comunque sbattuto di tutto e tutti celebrando comunque sui social il suo 100° podio in carriera), masticazione amara per George Russell che se l’era invece un po’ tirata dicendo che sì, è bello arrivare terzi ma che il podio effettivamente lo avrebbero meritato Fernando e la Aston. Chi si fa i caschi suoi campa 100 podi, Georgie.
Comunque: attorno alle 23:00 italiane, dicevamo, la FIA pubblica contestualmente la revoca della penalità che era inizialmente costata il podio a Fernando Alonso e la classifica – ufficiale e definitiva – del GP d’Arabia Saudita. Ma come ha fatto la Federazione a compiere (e soprattutto a giustificare) un simile dietrofront? È presto detto.
“I Commissari Sportivi hanno ricevuto una lettera dal team Aston Martin contenente una richiesta di revisione ai sensi dell’articolo 14.1.1 del Codice Sportivo Internazionale della decisione, presa da questo Collegio di Commissari Sportivi, di infliggere una penalità di 10 secondi alla vettura 14 per non aver scontato correttamente la penalità” – si legge nel documento ufficiale pubblicato dalla FIA – “A sostegno della richiesta, ai Commissari Sportivi sono stati mostrati i verbali dell’ultima riunione della SAC e le prove video di 7 diversi casi in cui le auto sono state toccate dal cric mentre scontavano una penalità simile a quella inflitta all’Auto 14 senza essere penalizzate”. L’avere scontato la pena sotto regime di Safety Car, dunque, ha contato meno di zero: il vero motivo del contendere è stato il mancato rispetto dell’obbligo di non intervenire sulla vettura nell’arco dei 5” di penalità.
“Il team ha affermato che la presunta supposizione di un accordo tra la FIA e i team che prevedeva che toccare la vettura in qualsiasi modo, anche con il jack (il ‘“carrellino” che serve a sollevare la vettura, ndr), avrebbe costituito un ‘lavoro’ sulla monoposto ai sensi dell’articolo 54.4 (c) del Regolamento Sportivo era errata” – spiega ancora il documento della Federazione – “E che quindi la base della decisione del Commissario Sportivo era sbagliata. Alla luce della richiesta, i Commissari Sportivi hanno quindi dovuto decidere se vi fosse un ‘nuovo elemento significativo e rilevante che è stato scoperto e che non era disponibile alle parti che hanno richiesto il riesame al momento della decisione’. Qualora infatti si verifichino queste condizioni, i Commissari Sportivi devono valutare se la decisione precedente debba deve essere modificata in qualche modo”. Alla base dell’inciampo decisionale, dunque, ci sarebbe stato un misunderstanding decisamente rilevante: la FIA, infatti, ha creduto che team e Federazione fossero concordi su cosa dovesse essere considerato “lavoro” da parte del team quando una macchina si fosse trovata a dover scontare una penalità durante una sosta ai box.
È di questo vuoto normativo che è figlia la penalità comminata a fine gara a Fernando Alonso. Un vuoto che a ben guardare va bene a braccetto sia con la poca chiarezza sul motivo della penalizzazione del #14 (si ipotizzava, come detto, che il problema fosse legato alla presenza della Safety Car) sia con le come sempre rivedibili tempistiche di comunicazione, perché nulla esclude che Alonso potesse davvero scavare tra sé e Russell un solco di 10” una volta avvisato con congruo anticipo della penalità in arrivo.
“Dopo aver esaminato le prove video presentate e aver ascoltato il rappresentante del Team Aston Martin e i membri competenti della FIA, i Commissari Sportivi hanno stabilito che esistevano nuove prove significative e rilevanti per avviare una revisione della decisione” – si legge sul documento della FIA – “Era infatti chiaro che il principio che aveva condotto alla decisione originaria, cioè la supposizione dell’esistenza di un accordo tra team e FIA sul ‘lavoro’, sia stato messo in discussione dalle nuove prove. Abbiamo quindi proceduto ad ascoltare nel merito la richiesta di revisione”.
“Dopo aver esaminato le nuove prove abbiamo concluso che non ci fosse un accordo chiaro (come era invece stato suggerito ai Commissari Sportivi in precedenza) sul quale potersi basare per affermare che le parti avessero concordato che il contatto del jack con la monoposto equivalesse senz’altro a un lavoro sull’autovettura. Date le circostanze, si ritiene che la decisione originaria di imporre una penalità alla vettura numero 14 debba essere revocata”, conclude infine il documento della FIA. Che forse, vista la frequenza con cui nell’arco di soli due GP si sono riscontrate irregolarità effettive o presunte nello scontare penalità durante una sosta ai box, dovrebbe provvedere a chiarire in fretta la questione prima di ritrovarsi a modificare per l’ennesima volta – e a motori ormai spenti – l’esito di una gara.