Un minuto è un lasso di tempo durante il quale accadono un quantitativo pressoché infinito di cose. Per fare degli esempi, si calcola che – in media – nell’arco di 60 secondi vengano effettuate qualcosa come 2,4 milioni di ricerche su Google, circa 6.000 fulmini colpiscano la superficie del nostro pianeta e 58 aeroplani decollino in tutto il mondo.
Poco meno di due settimane fa, quando in Italia erano le prime ore di una domenica mattina di metà marzo, l’unità di misura temporale “un minuto” ha assunto però anche un altro significato. Tanto è infatti trascorso – secondo più, secondo meno – tra il passaggio sotto la bandiera a scacchi del GP d’Australia di Carlos Sainz, vincitore del terzo appuntamento del Mondiale 2024 di Formula 1, e quello di Sergio Perez, giunto invece 5° al termine della corsa dell’Albert Park.
A voler essere pignoli e precisi, il #11 di Red Bull Racing è transitato sulla linea del traguardo dell’ultimo dei 58 giri previsti per il Gran Premio d’Australia accusando un ritardo di 56”309 dal #55 della Scuderia Ferrari. Un distacco che è importante in senso generale, che diventa enorme nello specifico della Formula 1 e che infine risulta addirittura quasi incredibile quando si analizzano nel dettaglio i team coinvolti. Bastano e avanzano infatti le dita di una mano per elencare le occasioni in cui, almeno nelle ultime due stagioni, uno dei portacolori della scuderia di Milton Keynes abbia accumulato un ritardo simile dalla vetta della classifica di un GP senza accusare un qualche problema tecnico.
L’entità del distacco patito dalla Red Bull di Sergio Perez, che pure in verità sembra avere lamentato un lieve danneggiamento del proprio fondo, assume ulteriore rilevanza qualora si rifletta sul numero di giri percorsi a Melbourne. Accumulare oltre 56” di gap nell’arco di 58 passaggi, infatti, vuol dire avere pagato in media quasi 1” a giro rispetto al pilota che ha poi vinto il GP. Una vera e propria enormità dunque, che da più parti ha fatto ipotizzare, supporre e sperare che la Scuderia Ferrari fosse davvero riuscita a trovare il modo di mettere i bastoni tra le ruote della Red Bull sempre più spesso e sempre più volentieri. A fronte di un entusiasmo autoalimentatosi con il passare dei giorni, sono stati però gli stessi uomini del Cavallino Rampante a impegnarsi per smorzare l’euforia generale. Le dichiarazioni rilasciate da Frederic Vasseur, Charles Leclerc e Carlos Sainz sono positive, certamente, ma nessuna di esse assume i connotati di proclami sensazionalistici o quantomeno altisonanti. Perché mai la Scuderia Ferrari non si è lasciata andare a dichiarazioni di altro stampo, soprattutto dopo che Sergio Perez aveva dichiarato che neppure la presenza di Max Verstappen avrebbe impedito a Carlos Sainz di vincere a Melbourne? Per quale motivo si è un po’ morso il freno all’indomani di un GP in cui la vettura da battere è stata relegata a quasi un minuto di distacco?
Qualcuno di voi potrebbe rispondere a queste domande con il termine “Pretattica”, e non sbaglierebbe poi chissà quanto: trovo in fondo che sia sempre consigliabile, quando si insegue e si deve recuperare terreno, cercare di mantenere un profilo tutto sommato basso. Tuttavia, le ragioni che hanno spinto gli uomini del Cavallino Rampante a non esagerare davanti a microfoni e telecamere si annidano forse altrove. Precisamente, potrebbero nascondersi in quel minuto di distacco che, a guardarlo bene, poi tanto un minuto non è.
Il dato più veritiero e verosimile circa il ritardo accumulato dalla Red Bull di Sergio Perez nei confronti della Ferrari di Carlos Sainz durante il GP d’Australia, infatti, non deve essere ricercato nella classifica del 58° giro, bensì in quella del 56° passaggio: l’ultimo prima dell’ingresso in pista della Virtual Safety Car chiamata in causa per via dell’incidente che ha visto coinvolti Fernando Alonso e George Russell.
Riavvolgiamo rapidamente il nastro delle ultime fasi del GP d’Australia. Nel corso del 57° e penultimo passaggio della gara dell’Albert Park, il #63 della Mercedes finisce contro le barriere all’esterno di Curva 6 mentre è impegnato con Fernando Alonso in un duello per la 6ª posizione. Vengono esposte le doppie bandiere gialle prima e la VSC poi, ed è proprio a partire da questo momento che il distacco di Sergio Perez da Carlos Sainz lievita fin quasi a raddoppiare.
Al termine del 56° giro, concluso dal #55 in 1’21”098 e dal #11 in 1’21”849, la Ferrari dello spagnolo e la Red Bull del messicano distano infatti tra di loro 36”512. Il gap è evidente, ed è maturato nel corso della gara per via dei 518 millesimi che la RB20 superstite ha mediamente pagato in ogni passaggio nei confronti della prima delle SF-24. Un ritardo superiore al mezzo secondo al giro, calcolato considerando solo i giri “puliti” ovvero scartando il primo, quelli di ingresso e uscita dai box e quelli con bandiera gialla o VSC.
VSC che, con il suo perverso funzionamento, dilata in modo evidente i sopracitati 36″512 di distacco nell’arco di appena un giro e mezzo. Quando inizia il 57° passaggio Carlos Sainz ha un vantaggio di 49” nei confronti della coppia duellante Alonso – Russell e dunque, nel momento in cui il #63 finisce a muro, lo spagnolo della Ferrari è talmente avanti sulla pista da riuscire a completare il giro mantenendo il proprio passo gara: il cronometro segna 1’20”882, con il #55 che dà ufficialmente il via al 58° e ultimo passaggio della gara.
Alle sue spalle la situazione è però ben diversa. Solamente Charles Leclerc e Lando Norris riescono infatti a iniziare il 58° giro prima dell’arrivo della Virtual Safety Car, che coglie invece nel bel mezzo del penultimo passaggio tutti gli altri piloti che non erano ancora stati doppiati. Tra questi c’è chiaramente anche Sergio Perez, che per questo chiude il proprio 57° giro con un 1’30”300, incamera quasi 10” netti di ritardo nei confronti di Sainz e transita sul traguardo dopo 45”930 rispetto allo spagnolo della Ferrari. La medesima situazione si ripropone anche nel corso del giro successivo: durante l’ultimo passaggio del GP d’Australia Carlos Sainz – che è riuscito a percorrere parte del 58° giro senza VSC – ferma il cronometro sull’1’51”363, mentre Sergio Perez non va oltre un 2’01”742 e si ritrova così a passare sotto la bandiera a scacchi con 56”309 di ritardo nei confronti della Ferrari #55.
Cronologico dei tempi alla mano, dunque, non risulta più così difficile capire perché in casa Ferrari abbiano assaporato la doppietta maturata a Melbourne con il giusto quantitativo di entusiasmo e non con un’oncia di esaltazione in più. Se è certamente vero che un vantaggio di circa 37” nei confronti di una Red Bull figlia prediletta di questo regolamento tecnico sia un qualcosa da festeggiare, è altrettanto vero che se è Sergio Perez a incamerare quel distacco non è poi così assurdo ipotizzare un Max Verstappen decisamente più vicino alle posizioni di testa. Melbourne non ci offrirà mai la controprova di ciò che l’olandese avrebbe saputo fare al volante di una RB20 funzionante, ma dato il delta prestazionale che di solito c’è tra il #1 e il suo compagno di squadra messicano è lecito supporre che anche all’Albert Park la Red Bull di Verstappen non sarebbe stata preda assolutamente facile. In Ferrari ne sono assolutamente consapevoli, ed è per questo che alla volta di Suzuka (e a differenza di quanto accaduto più volte in passato) i proclami roboanti sembrano avere fatto spazio alla concentrazione assoluta: a Maranello sanno che la rincorsa, auspicata, meritata e possibile, è appena iniziata.