Non ve ne eravate accorti? Eppure la IndyCar Series è ripartita. Come al solito la prima tappa è stata St. Petersburg, la bella cittadina del Sud baciata dal Sole e meta della pensione dei vecchietti più placidi. Ma nonostante l’alta età media, non sono mancate emozioni al cardiopalma.
A impressionare è stato Robert Wickens, il debuttante che era riuscito a conquistarsi la pole position sabato scorso. «Me la sono meritata? Assolutamente sì» aveva dichiarato il rookie. E tutto il grande pubblico concorda sul talento cristallino del nuovo arrivato. Talento che lo ha mantenuto in testa alla gara fino alla fine. O quasi. Perché a mettersi tra lui e il gradino più alto del podio c’è stato quel mattacchione di Alexander Rossi.
Il vincitore della Indy 500 del 2016 e astro nascente della categoria è stato infatti coinvolto in un incidente col leader provvisorio della gara proprio nei frangenti finali. Lo statunitense sembrava aver perso ogni speranza a causa di un errore al giro 98: ma una bandiera gialla è arrivata in suo (apparente) soccorso. Peccato che alla ripartenza l’americano abbia forzato troppo il sorpasso all’interno, finendo per appoggiarsi su Wickens e gettandolo fuori pista. Rallentando abbastanza da retrocedere lui stesso al gradino più basso del podio. Tutto in fumo a soli due giri dalla fine.
Chi ha vinto? Ma ovviamente Sebastien Bourdais. Il pilota francese conferma il suo sigillo sul primo circuito della serie americana. Come l’anno passato, anche questa volta Bourdais inaugura la stagione con una vittoria. Già nel corso della gara era apparso consistente, come quando – grazie a un gioco di strategie – si era impossessato della leadership. Era partito 14°, ma grazie a una buona tattica e ben sette pace-car, è riuscito a reimpossessarsi della coppa.
Sette bandiere gialle s’è detto (nemmeno Scott Dixon e Takuma Sato, veterani della formula, sono stati risparmiati dall’ecatombe di crash). L’opinione unanime nel mondo dei commentatori è che la nuova automobile ha centrato gli obiettivi. Difficile da guidare, favorisce i sorpassi e crea belle gare. Interessante che i più esperti abbiano avuto difficoltà di adattamento. Oltre agli spin di Dixon e Sato va ricordato infatti anche il botto di Kanaan.
Dando uno sguardo alla classifica, segnaliamo il buon secondo posto di Graham Rahal e la prestazione sbalorditiva dei motori Honda. La Casa giapponese blinda le prime sei posizioni. Lo Chevy che si è classificato più in alto è stato Josef Newgarden, il campione in carica in forze al team Penske.
È un peccato che il rookie Matheus Leist, brasiliano, non sia riuscito ad andare oltre i 38 giri di percorrenza. La sua gara è stata bruscamente interrotta da un incidente. Oltre a lui, non concludono la corsa nemmeno Jack Harvey e Rene Binder. E va segnalato anche Max Chilton, all’albo iscritto come doppiato ma autore dell’ultima caution di giornata. Lui e Kimball (altro pregevole venditore di botti) quest’anno sono in forze al Carlin, team inglese al debutto.
Come si evolverà questa stagione? Troppo presto per dirlo. L’antipasto è stato molto piccante, ma attendiamo i piatti forti delle prossime tappe. Bisognerà aspettare quasi un mese per assistere alla prima replica. Il Phoenix Grand Prix è infatti programmato per l’11 aprile. La seconda gara della stagione si corre su un ovale e qui avremo la prova del nove sulla competitività Honda. Riusciranno i nipponici a riprendersi il titolo costruttori? Ma anche altre domande scuotono il Circus a stelle e strisce: Wickens si riconfermerà competitivo sugli ovali? I veterani recupereranno forza strada facendo? E Bourdais è una cometa o brillerà splendente per tutto il 2018?