Dieppe. Paesino di 33.000 anime situato in Normandia, nel nord della Francia. Non ci sono sbarcati gli Alleati nel corso del D-Day, non rimane a mo’ di isola quando sale la marea e non ha neppure uno di quei magnificenti castelli che popolano la regione della Loira.
A Dieppe, però, dal 1969 c’è un particolare stabilimento di una delle più importanti Case automobilistiche transalpine, la Renault. 300 persone, in Normandia, lavorano in uno dei siti nevralgici di Alpine che, sin dal momento della sua nascita, ha dato alla luce più di 81.500 Clio RS, in tutte le sue generazioni. Ed è proprio da Dieppe, dalle fredde coste della Francia settentrionale, che arriva l’ultima – in ordine di tempo, s’intende – rovente compatta d’oltralpe: la Renault Clio RS Trophy.
Che è forse la prima macchina che, dal punto di vista estetico, è esattamente come io vorrei ogni hot hatch: riconoscibile. Ne ho provate altre due finora, ed il “difetto” più grande che riscontravo a livello estetico era che nessuno le notava. La MiTo QV era troppo MiTo, e la Fiesta ST era troppo Fiesta. La Clio RS Trophy, invece, la si riconosce subito. Innanzitutto perché è più bassa rispetto alle Clio “normali”, e lo è anche di parecchio. La RS Trophy, infatti, offre di serie il Telaio Cup che, rispetto a quello tradizionale, è più rigido del 15%, ha una altezza libera da terra più bassa di 3 mm e, grazie a delle barre anti-rollio maggiorate al posteriore, ha una rigidità anti-rollio maggiore del 10%. Ma non è tutto: la Trophy, infatti, vanta un ulteriore step evolutivo che ha portato ad un abbassamento del telaio di ben 20 mm al posteriore e di 10 mm all’anteriore. Il risultato, oltre che in termini di guidabilità – come vedremo – è tangibile anche ad occhio nudo: la RS Trophy appare nettamente più piantata a terra rispetto alle sue cugine più tranquille, con gli enormi cerchi “Radical” diamantati da 18″ -abbinati a degli pneumatici 205/40 – che contribuiscono non poco a confermare quest’impressione.
In secondo luogo, la Clio RS Trophy ha diversi dettagli che risaltano immediatamente all’occhio. Frontalmente, ad esempio, si nota il paraurti ridisegnato, che accoglie in maniera più elegante i LED diurni e che ha incastonato al centro, in un bel rosso sanguigno, la scritta “Trophy”, che compare anche sulle minigonne laterali. Da una visuale posteriore, invece, la Clio più veloce in listino si distingue per il doppio terminale di scarico sdoppiato, dalla forma squadrata, e per la coppia diffusore-spoiler che, grazie ad uno sviluppo congiunto, secondo Renault dovrebbe essere in grado di garantire un aumento della deportanza rispettivamente dell’80 e del 20%. A completare il look ci pensa poi la bellissima vernice bicolore Bianco Opaco BE STYLE “Blanchimont” Nacrè Matt – disponibile come optional – con il tetto nero a contrasto, che riesce nell’impresa di rendere la Clio RS elegante, sportiva e…tamarra, il tutto contemporaneamente. Tra le hot hatch attualmente presenti in listino, probabilmente, questa piccola Renault è una delle migliori per quel che riguarda l’effetto “Far girare la testa”. Un effetto che, non mi stancherò mai di ripeterlo, a seconda della vostra personalità può fare o meno piacere. A me personalmente, in caso non l’aveste ancora capito, è piaciuto molto, anche perché sono dell’idea che nella maggior parte dei casi quando si decide di sborsare i soldi per un modello che rappresenta il top di gamma si vuole essere almeno un minimo riconoscibili rispetto alle altre versioni della stessa automobile.
E quando si acquista una Clio RS Trophy questa sensazione di essere al volante di qualcosa di particolare continua egregiamente, a livello visivo, anche quando si aprono le portiere e ci si cala nell’abitacolo. I rivestimenti carbon look, le cuciture rosse a contrasto sui sedili e sul volante, le finiture in alluminio della leva del cambio, il volante dal diametro contenuto che, nonostante non sia appiattito nella parte inferiore, trasmette comunque un senso di sportività grazie al logo “RS” incastonato nella razza centrale, fanno decisamente un certo effetto. A livello visivo, come detto però poco più sopra. Perché a livello tattile, invece, si nota che c’è troppa plastica di qualità non eccelsa – spesso troppo rigida – che, di conseguenza, porta con sé tantissimi giochi. Li si avverte nel rivestimento interno delle portiere, quando si tocca la cornice dello schermo multimediale, quando si pigiano i comandi dell’aria condizionata, quando si apre il cassettino posto sul lato del passeggero (privo di luce e di refrigeramento). Ed è un qualcosa che, su un’automobile da oltre 30.000 €, non so quanto sia piacevole riscontrare. E’ un peccato, perché escluso questo aspetto gli interni della Clio RS Trophy sono ben disegnati ed anche razionalizzati il giusto. Il contachilometri è digitale, mentre analogici sono il contagiri e l’indicatore del serbatoio; al centro del quadro strumenti trovano poi spazio due piccoli schermi, che servono a fornire i dati relativi a consumo, autonomia e simili ed a segnalare la modalità di marcia utilizzata nonché la presenza di eventuali anomalie nella vettura. Particolarmente belli sono poi i paddle, solidali al piantone dello sterzo e non al volante, di dimensioni adeguate e realizzati in alluminio, cosa che sulle auto di questa categoria non si vede poi tanto spesso. Peccato che la visuale d’insieme sia rovinata dal vero e proprio “blocco” dei comandi del Bluetooth, che forse avrebbero potuto trovare posto nelle razze laterali del volante, che invece offrono spazio solamente per i comandi – e nemmeno tutti… – del Cruise Control.
Protagonista indiscusso della plancia, comunque, è lui: lo schermo touchscreen da 7″ pollici, dotato sulla Trophy oltre che delle classiche funzioni – radio, bluetooth e navigatore (peraltro piuttosto valido) – anche del sistema di telemetria R.S. Monitor 2.0. Sostanzialmente, è un menu multifunzione che si apre dopo un evocativo spegnimento di semafori e che, tra tantissime schermate, permette di tenere sotto controllo, in tempo reale, una miriade di dati relativi alla vostra RS: accelerazione, angolo di sterzo, forza G, tempo per lo 0-50 km/h, lo 0-100 km/h, lo 0-1000 m ed il 100-0 km/h, un cronometro, la possibilità di scaricare da SD mappe di circuiti e molto altro ancora. Sotto questo schermo che trasuda funzionalità trovano poi posto i minimalisti ma chiari comandi dell’aria condizionata, a cui fanno seguito lo slot di inserimento della scheda che funge da chiave – ma che tanto potrete sempre tenere in tasca perché tanto la RS Trophy è dotata di Keyless Access -, il pulsante di accensione, le porte AUX e USB ed un esiguo vano portaoggetti. Nel tunnel centrale spicca poi la leva del cambio EDC, rifinita con inserti in alluminio grigi e rossi: di giorno l’effetto è piacevole, ma di notte il fatto che le posizioni della leva non siano in alcun modo retroilluminate potrebbe creare qualche problema ai neofiti delle trasmissioni automatiche. Accanto ad essa trovano poi posto solamente il comando di accensione del Cruise Control, quello dell’RS Drive e la leva del freno a mano, assieme ad un altro portaoggetti di dimensioni troppo minute per risultare davvero utile.
Dal punto di vista dell’abitabilità interna, complice il suo essere una Clio, la Trophy si difende egregiamente. La posizione di guida è buona, ed il volante può essere regolato sia in altezza che in profondità. Dietro si sta comodi anche se si è parecchio alti ed anche se lo è chi siede sui sedili anteriori, che riescono ad essere nello stesso tempo belli, contenitivi e comodi. Le 5 porte, pur facendo storcere il naso ai puristi delle auto dall’indole sportiva, facilitano poi non poco l’accesso a chi siede dietro, anche se la RS Trophy risulta comunque più comoda da utilizzare in 4 che non nei 5 per i quali è omologata. In linea con le concorrenti è poi la capienza del bagagliaio, che passa dai 300 litri con i sedili posteriori utilizzati ai 1146 litri con i il divanetto posteriore completamente abbattuto.
E’ evidente, arrivati a questo punto, che la RS Trophy, da ferma, abbia parecchie cose da dire. Ma più la si guarda, più le si gira intorno, più sembra implorarvi di salire a bordo per farle dimostrare che anche in movimento sa farsi apprezzare. E chi sono io per far soffrire in questo modo barbaro un’automobile? Dunque accetto di buon grado il suo invito, mi siedo al volante e premo il pulsante di avviamento.
Se la RS Trophy fosse stata la prima hot-hatch che avessi provato, lo ammetto, ci sarei rimasto un po’ male. In fondo ha 220 CV, mica 60. Eppure, quando la si accende, solo un leggerissimo borbottio iniziale di troppo lascia presagire che sotto il cofano ci sia qualcosa in più rispetto a tante altre Clio a benzina. Fortunatamente, però, dopo MiTo QV e Fiesta ST, era esattamente questa reazione sommessa quella che mi aspettavo anche dalla Trophy. In tutte le compatte sportive, infatti, è evidente l’indole degli ingegneri di mantenere il più possibile distinte le due anime della vettura: da un lato quella cittadina, sonnacchiosa e tranquilla e dall’altro quella veloce, sportiva e divertente. La Clio RS, seppur nella versione Trophy, non si discosta da questo leitmotiv, permettendo a chi guida di scegliere, tramite il tasto RS Drive che trova posto nel tunnel centrale, tra tre modalità di utilizzo: Normal, Sport e Race. In città, banco di prova perfetto per la modalità Normal, devo dire che mi aspettavo qualcosa di più. Gli ingombri sono tipicamente quelli della Clio (la RS è lunga 4,06 m, larga 1,73 ed alta 1,45 m), lo sterzo è sufficientemente leggero alle basse velocità e la visibilità è buona in ogni situazione, ma nei tragitti urbani quella ricerca del compromesso tra le due anime – cittadina e sportiva – della macchina forse porta più svantaggi che vantaggi, e vi spiego subito perché. Tralasciando infatti il poco comfort di marcia – a causa della gommatura esigua -, lo Start & Stop è fin troppo solerte ad entrare in funzione, mentre il cambio EDC, oltre ad una poco piacevole ruvidità a freddo, non è per nulla incline ad effettuare i kickdown, dandovi la sensazione di avere sempre a che fare con un’auto che abbia delle risposte… “rallentate”, nonostante la discreta cavalleria di cui dispone. La Trophy sembra essere quasi impacciata, nel traffico cittadino. Ed è per questo che, lo confesso, ero un po’ perplesso quando mi sono lasciato alle spalle il traffico della città. Ma mi sono bastate pochissime curve di strada extraurbana per ricredermi.
Curve che però ho affrontato solo dopo aver testato una chicca della RS Trophy: il Launch Control, che permette alla piccola francese di toccare i 100 km/h da ferma in appena 6″5. Modalità Sport inserita. Leva del cambio posizionata in modalità sequenziale. Paddle tirati contemporaneamente verso di sé fino a quando sul computer di bordo non appare la scritta “Launch Control On”. Freno premuto mentre si schiaccia l’acceleratore fino in fondo, con l’elettronica che limita il regime di rotazione a 2500 rpm. A quel punto, basta togliere il piede dal freno e la Trophy schizza letteralmente via. Non sarà un sistema dall’utilizzo propriamente intuitivo – tra l’altro la macchina può decidere di escluderne il funzionamento quando ci sia il rischio di danneggiare componenti meccaniche della vettura -, ma una volta che ci avrete preso la mano apprezzerete tutto il sapore “racing” di questo sistema così poco comune su auto di questa categoria.
In modalità Sport, tra le curve, la Trophy sembra quasi riprendere vita. Il regime minimo di rotazione sale, passando da 750 rpm a 1005 rpm, e anche il sound del propulsore è più corposo, grazie ad un maggiore utilizzo dell’R.S. Sound Pipe, una sorta di membrana posizionata tra motore ed abitacolo che evita che il suono del 1.6 turbo sia filtrato in maniera eccessiva. La Clio RS, quando si decide di affondare il pedale dell’acceleratore, sembra volare. I 280 NM di coppia che arrivano sin dai 1750 rpm permettono alla Trophy, che pesa poco più di 1200 kg, di essere una saetta tra le curve, grazie ad uno sterzo preciso e diretto e ad un avantreno ben piantato a terra che riduce moltissimo la tendenza al sottosterzo di questa piccola trazione anteriore. Inanellare una curva dietro l’altra, con la Trophy, è un vero piacere: il telaio, più basso e rigido persino di quello Cup come detto in apertura di articolo, è di buon livello per la categoria e la macchina non sembra scomporsi mai, neppure nei cambi di direzioni repentini a velocità sostenute. I freni hanno parecchio mordente – la Trophy ha dischi autoventilanti da 320 mm all’anteriore e da 260 mm al posteriore – e con l’intervento di ESC ed ASR parzialmente limitato la Clio fa davvero divertire, complice un sound che diventa sempre più coinvolgente, con borbottii sia in salita che in scalata, man mano che si sale fino alla fatidica soglia dei 6050 rpm, quando il 1.6 turbo ha spremuto tutti i 220 CV di cui dispone, grazie ai quali è in grado di raggiungere la velocità massima di 235 km/h.
In modalità Sport, inoltre, anche il cambio EDC fa ricredere i suoi detrattori. Sulla Trophy, infatti, la trasmissione automatica della Renault è accreditata di tempi di cambiata inferiori del 70% rispetto a quelli della RS normale. Interventi meccanici, certo, ma anche semplici accorgimenti come la riduzione della corsa dei paddle hanno permesso di ottenere questo risultato, che rende l’EDC molto godibile su strada anche quando si forza un po’ la mano. I tempi di cambiata sono parecchio rapidi per un’auto di questa categoria, e la funzione Multi-Shift Down, che permette di scalare in sequenza le marce senza dover rilasciare il paddle, fa tanto F1 e sarà apprezzata da non pochi utenti. Il segnale acustico avvisa poi quando si raggiunge la soglia del limitatore, ma in modalità Sport anche se non ce ne accorgessimo non ci sarebbe da preoccuparsi: l’elettronica mantiene infatti il controllo della trasmissione, cambiando marcia quando si rende conto che il pilota avrebbe dovuto farlo ed invece non l’ha fatto. La strada viene divorata dalla Trophy, ed è quasi per puro caso che mi rendo conto che mi rimane ancora una modalità da scoprire: la Race.
Che è proprio dove il tanto bistrattato cambio EDC dà il meglio di sè: i tempi di cambiata si accorciano infatti ulteriormente, diventando inferiori ai 105 millesimi di secondo. In Race l’EDC diventa un cambio efficacissimo, e se non fosse per la brusca e diretta risposta del motore ad ogni tocco dell’acceleratore verrebbe quasi voglia di utilizzare la Clio RS sempre in questa modalità. E leggo di persone che di questo cambio si lamentano…Beh, se questo cambio vi sembra lento, è solo perché non avete ancora provato quello di altre sue dirette concorrenti, ve l’assicuro. Con i paddle che si muovono velocemente tra le mani, la Trophy fa sfoggio di tutta la sua capacità di rimanere ben piantata a terra anche quando, in Race, ESC ed ASR vengono disattivati, non causando però alla Clio fastidiose – e pericolose – tendenze sottosterzanti e permettendovi, anche grazie ad un freno a mano idraulico, di divertirvi entrando con le ruote posteriori bloccate in qualche curva. Il merito dell’ottima tenuta di strada della Trophy va dato, oltre che al telaio, anche all’R.S. Diff, un differenziale elettronico che simula l’intervento di quello meccanico, agendo con delle micro-frenate sulla ruota che gira più velocemente per diminuire il differenziale di rotazione tra lo pneumatico interno e quello esterno alla curva, prendendo come riferimento il differenziale di rotazione delle due ruote posteriori. La Clio RS, grazie a questo sistema, ha un anteriore che dà parecchia fiducia a chi guida, ed il meglio di sé secondo me la piccola francese lo dà nei curvoni di lunga percorrenza, dove l’avantreno rimane piantato a terra e il posteriore, per quanto sia più leggero, non si scompone praticamente mai. Le sospensioni – con schema pseudo McPherson – copiano bene l’asfalto, grazie anche ai finecorsa idraulici di compressione, il cui principio di funzionamento consiste sostanzialmente nell’incorporare un ammortizzatore secondario all’interno dell’ammortizzatore principale della sospensione. Questo espediente fa sì che il pneumatico debba sopportare una variazione di carico minore, permettendogli di avere reazioni più “progressive” che consentono una maggiore tenuta.
Ecco perché, anche strapazzandola, la Trophy non vi darà mai la sensazione di stare per abbandonarvi all’improvviso, lasciandovi alla mercé della tangente. Vi darà anzi parecchie occasioni per capire quale sia davvero il suo limite, consentendovi sempre – o quasi – di porre rimedio ad una curva che avete preso troppo veloce o ad una frenata troppo violenta che ha causato un repentino ed improvviso trasferimento di carico. E’ una macchina che permette praticamente a chiunque di andare veloce, molto veloce. Sta a voi decidere se questo sia un pregio o un difetto.
I difetti, già. Perchè se siete arrivati fin qui nella lettura di questa recensione in cui decanto le qualità estetiche e dinamiche della pepata Renault, vi sarete forse resi conto che, se si esclude la qualità di alcune plastiche utilizzate nei rivestimenti dell’abitacolo, la Clio RS Trophy sembrerebbe essere la hot-hatch definitiva. Appariscente, veloce, facile e divertente da guidare. Eppure, anche la Trophy cade in fallo. E lo fa su due aspetti, tralasciando volutamente il poco sensato sistema R-Sound Effect che sfrutta l’impianto audio per simulare il suono del motore, ad esempio, di una Nissan GT-R: il consumo ed il prezzo. Per quanto riguarda il primo, alternando fasi di andatura blanda a fasi in cui ho affondato il piede sull’acceleratore, sono riuscito a superare di pochissimo i 10 km/l, quando altre sue concorrenti raggiungono facilmente i 14 con lo stesso utilizzo. Per quanto riguarda il secondo, la Trophy così come l’ho provata io, esteticamente accattivante e dinamicamente ottima, costa 30.290 €. La Fiesta ST, per dirne una, ha un prezzo d’attacco di 21.500 €: quasi 10.000 € in meno. Una differenza che diminuisce, ma non sufficientemente, quando si attinge al listino optional della ST.
Ed è questo, probabilmente il grande limite della Clio RS Trophy. E’ una macchina accattivante, è giusto. Divertente, è vero. Veloce, è verissimo. Ma nel mondo delle sportive, dove oltre alle linee ed ai freddi numeri contano parecchio – o forse soprattutto – le emozioni fatte provare, la Trophy, purtroppo, non riesce nell’impresa di giustificare quella differenza di prezzo rispetto alla concorrenza. E’ come se, viste le premesse e nonostante sia un’ottima auto, ci si aspettasse qualcosa che, invece, semplicemente non arriva. E l’averlo constatato, lo ammetto, un po’ di amaro in bocca l’ha lasciato.
Si ringraziano Alessio Placidi, Gino De Meo ed Emiliano Cucchiella per le foto.