Aleggia nell’aria un sempre più tenue sentore di gomma bruciata nel momento in cui, dopo 3 giorni di gara, 8 PS disputate ed un Masters’ Show andato in archivio da poco, si chiude il sipario sul Monza Rally Show 2019. Le vistose cicatrici nere lasciate dai pneumatici sull’asfalto del rettifilo dell’Autodromo Nazionale di Monza fanno a pugni con il candore dei coriandoli bianchi sparati in aria per celebrare la conclusione dell’annata motoristica dello storico impianto brianzolo, ed è lì, nel momento in cui tutto tace dopo tre giorni trascorsi all’insegna del rombo, del boato e dello stridio, che trovano spazio e posto domande e considerazioni.
Del fatto che l’edizione 2019 del Monza Rally Show rappresentasse una sorta di anno 0 ne avevo già parlato qualche giorno fa, quando ho provato a chiedermi cosa ci si sarebbe potuti attendere da una manifestazione che era alle prese con i primi tentativi di tornare a brillare di luce propria dopo anni trascorsi all’ombra di un pilota che, più o meno da tutti, era considerato l’unico – o quasi – protagonista. E così, mentre camminavo sulla griglia di partenza circondato da una cappa di silenzio che iniziava a piombare sul circuito dopo giorni di meraviglioso chiasso motoristico, era solamente una la domanda che si affacciava alla mia mente: il Monza Rally Show 2019, privato di Valentino Rossi e di tutti coloro che orbitano attorno alla stella del #46, è riuscito nell’obiettivo si sopravvivere in maniera convincente?
La risposta è sì, il Monza Rally Show ce l’ha fatta. La manifestazione rallystica che dall’ormai lontano 1978 si tiene in quel della Brianza, ha dimostrato di poter resistere all’assenza del pilota che è assurto a suo simbolo nel corso dei recenti anni passati e di poter esistere come evento motoristico autonomo ed indipendente. Innanzitutto perché, dopo edizioni caratterizzate dalla presenza di un vincitore più o meno annunciato, un discreto profumo di sana competizione è tornato a serpeggiare tra i cordoli dell’iconico tracciato brianzolo. E’ vero, le auto di classe R5 non saranno state veloci, rumorose, accattivanti come le WRC Plus, ma l’aver sostanzialmente posto tutti i piloti – più o meno – sullo stesso piano dal punto di vista del mezzo utilizzato ha favorito non poco la lotta in pista.
Nomi di spicco del CIR, piloti del WEC e del GT, stelle del WRC: sull’asfalto di Monza sono scesi tutti armati allo stesso modo, e sono stati dunque il talento, l’esperienza e per certi versi la confidenza con alcuni aspetti tecnici (le gomme Pirelli, tanto per dirne una) a decretare chi, dove e quando potesse o dovesse fare la vera differenza. Chi pensava che i piloti Hyundai potessero avere vita facile è stato clamorosamente smentito, così come chi riteneva che nelle lunghe e trafficatissime prove “Grand Prix” i rallysti nudi e crudi si sarebbero trovati in estrema difficoltà. Per quel che riguarda l’aspetto puramente competitivo, il Monza Rally Show 2019 è stato un successo assoluto: la gara è stata incerta dallo start del venerdì fino alla bandiera a scacchi della domenica, e i duelli senza esclusione di colpi andati in scena tra piloti consapevoli di dover puntare solamente sul proprio talento per poter avere la meglio sui propri avversari hanno dato non poco pepe ad un evento tornato ad assaporare il gusto della battaglia.
E’ vero, da più parti si sono levate in coro le voci di chi avrebbe voluto anche altre categorie in gara, di chi si chiedeva come mai non fossero state ammesse alla festa anche (ad esempio) le più piccine R3 ed R2, ma alla “versione B” del Monza Rally Show deve essere dato tempo. In questo 2019 sono state più di 80 le vetture partenti, e dovendo condensare tutte le PS all’interno di un Autodromo – e concretamente in appena due giorni di tempo – capite bene che non resti molto margine a disposizione degli organizzatori per far iscrivere un numero (presumibilmente elevato) di vetture appartenenti alle due poco più sopra citate classi. Tempo per migliorare, da questo punto di vista, il Monza Rally Show ne ha comunque a bizzeffe: non dimentichiamo infatti che la manifestazione monzese è partita quest’anno da una sorta di tabula rasa, e che dunque è stato necessario prendere le misure con le nuove dimensioni assunte dall’evento.
Già, le “dimensioni”. Che, numericamente parlando, raccontano di 42.000 spettatori complessivamente presenti in Autodromo nel corso del weekend. Un buon numero – ben più elevato di quelli che lo stesso impianto brianzolo fa registrare durante l’anno quando ospita serie più o meno blasonate -, ma una cifra che ha costretto il Monza Rally Show ad offrire il fianco alle critiche di chi, implacabile, ha subito fatto notare come rispetto allo scorso anno ci siano state 16.000 persone in meno sugli spalti. Mai come quest’anno, tuttavia, i dati sull’affluenza devono essere presi con le dovute pinze. Una flessione dovuta all’assenza di Valentino Rossi ce l’aspettavamo tutti, giusto? Sì, ed è inutile nascondersi dietro ad un dito visto che poi un andamento discendente della curva che indica l’affluenza del pubblico in circuito c’è concretamente stato. Ma il Monza Rally Show 2019, a livello di persone presenti, non si è rivelato quel bagno di sangue – numericamente parlando – che da più parti era stato previsto: le tribune antistanti il percorso del Masters’ Show sono state parecchio popolate per tutta la domenica pomeriggio, ed anche nel Paddock il colpo d’occhio non era affatto male data la massa eterogenea di appassionati che gironzolava tra auto, stand e camion dei vari team.
Sicuramente a favore di un discreto afflusso di pubblico ha poi giocato la presenza in pompa magna dello squadrone Hyundai, giunto sui rettifili del circuito brianzolo per festeggiare – nella patria di Andrea Adamo – la conquista del titolo costruttori nel WRC. La caratura dei piloti presenti, assieme allo spettacolo offerto dalle i20 Plus scese in pista per il Masters’ Show dedicato alle vetture del team di Alzenau, ha senza ombra di dubbio alcuna richiamato molti degli astanti: non capita tutti i giorni di vedere dei fenomeni del panorama rallystico mondiale esibirsi in strettissimi toboga di gomme, ed è dunque lecito pensare che la presenza della Casa coreana abbia invogliato non pochi ad assiepare le tribune in occasione di un Masters’ Show rivelatosi combattuto ed incerto nel suo esito al pari del Rally vero e proprio. Qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi come sarebbero andate le cose qualora Andrea Adamo avesse deciso di festeggiare il Mondiale Costruttori in Germania e non in Italia, ma con i “se” e con i “ma” si fa ben poca strada: Hyundai è stata ben presente al Monza Rally Show 2019, ed è andato a tutti benissimo così.
Ma davvero dunque non è possibile trovare neppure un difetto alla kermesse rallystica brianzola? No, seppur comparsa su una intelaiatura piuttosto solida qualche crepa è possibile vederla. Nel Paddock si è infatti forse avvertita più che in altre aree l’assenza non tanto di Valentino – i capannelli di persone attorno a questa o quella macchina si sono comunque formati – quanto della Monster, che con il suo chiassosissimo palco fungeva quasi da motore immobile. La mancanza di un centro gravitazionale così forte (non me ne voglia lo stand del Club Oceano) a mio avviso si è fatta notare, e l’aver cercato di sopperire a quest’assenza ha spinto l’Autodromo Nazionale di Monza a munirsi di tante frecce nella propria faretra senza riflettere però al fatto che, forse, non si disponeva dell’arco adeguato per scoccarle tutte. Molte chicche del Paddock – tra cui l’Audi RS5 DTM – non sono state completamente valorizzate, ed alcune attività (il Freestyle in primis, con l’ultimo spettacolo tenuto in contemporanea con il Masters’ Show) hanno fatto troppo da sfondo al weekend, non riuscendo così ad essere apprezzate dalla maggior parte degli spettatori.
Probabilmente, inoltre, si renderà necessaria nel prossimo futuro una modifica agli orari delle PS di giornata. Perché è vero, a dicembre il sole cala in fretta ed il freddo la fa da padrone sull’asfalto monzese, ma è altrettanto vero che far partire la penultima speciale del Rally alle 08:35 della domenica mattina parrebbe quantomeno esagerato, soprattutto considerando che nel giorno conclusivo dell’evento ci sono solamente due PS ed il Masters’ Show da mandare in scena. La domenica si è tornati a casa tutti prima rispetto agli scorsi anni, ma il gioco è davvero valso la candela? Credo di no, e lo credo tanto per gli spalti che si sono progressivamente andati riempiendo a partire dalle 10:30 quanto perché, se paragonato alle passate edizioni, il Masters’ Show non si è tenuto all’imbrunire e ciò non ha permesso di festeggiare il suo podio con giochi di luce e fuochi d’artificio. Convengo con voi che non si tratti di una questione esistenziale, ma nel momento in cui – per precisa nomenclatura – si decide di tenere uno Show, a che pro eliminare degli elementi che creano, per l’appunto, show?
Tuttavia, come scrivevo poche righe più sopra, questi sono errori – meglio, appunti – che si possono muovere tranquillamente ad un evento che ha dovuto reinventarsi quasi nella sua totalità. Sono state prese delle scelte coraggiose (l’ammettere solamente R5 è concretamente stato un rischio perché non si sapeva quanto appeal avrebbero avuto sul pubblico), sono state apportate delle modifiche sostanziali (tanto alla struttura del Paddock quanto all’essenza stesso dell’evento, trasformatosi da mera esibizione a gara piuttosto competitiva) e, alla fine dei tre giorni, tutto questo ha pagato: il Monza Rally Show 2019 ha interessato, coinvolto, divertito e portato gente – parecchia – sugli spalti, replicando ciò che avevano fatto le recenti edizioni passate. “Il Monza Rally Show non è solo Valentino Rossi”, sosteneva 12 mesi fa il Direttore dell’Autodromo Pietro Benvenuti. Il tempo gli ha dato ragione, ed alzi la mano chi, sinceramente, avrebbe scommesso anche solo un euro su ciò.