“Questa manifestazione mi piace molto, ma vorremmo aumentarne il valore sportivo. Vorremmo suscitare l’interesse delle Case, quindi ci piacerebbe un evento più dedicato ai rallisti. In tanti vengono qui per Rossi, ma un sondaggio fatto lo scorso anno ci ha detto che il 31% del pubblico viene per vedere il rally ed i rallisti, mentre solo il 21% arriva per personaggi come Valentino o Cairoli“. Ma come? Il Monza Rally Show, l’evento a quattro ruote che più di ogni altro si tinge del giallo fluo tipico del #46, ha davvero smesso di essere Rossi-centrico?
Pare proprio che sia così. O meglio, pare proprio che stia iniziando ad essere così. E non servono i dati percentuali che Pietro Benvenuti – direttore dell’Autodromo Nazionale di Monza – ha snocciolato alla Gazzetta dello Sport per rendersene conto: basta aguzzare lo sguardo. Tra l’edizione 2017 e quella che si è appena conclusa, la differenza è stata evidente: il Monza Rally Show 2018, rispetto al suo sosia andato in scena 12 mesi prima senza neanche poter sfruttare la concomitanza con l’8 dicembre, di gente in pista ne ha portata meno. Tribune gremite per le PS conclusive della domenica e per il Masters Show, non c’è dubbio, ma mediamente la sensazione che si è avvertita in maniera netta è stata quella di un evento che aveva perso un po’ di appeal, un po’ di mordente.
Nel Paddock, lo scorso anno, al sabato e alla domenica era quasi impossibile muoversi, con orde di fan fluorescenti che inseguivano la Fiesta giallo-nera e con un numero più ristretto (ma comunque corposo) di appassionati che cercavano i vari Cairoli, Bonanomi, Neuville, Mikkelsen, Andreucci e via discorrendo. Quest’anno, invece, a colpire è stata proprio la tranquillità praticamente assoluta con cui si ci riusciva a spostare: pochi assembramenti, pochi inseguimenti ed appostamenti, un numero di persone presenti nel retrobox sicuramente inferiore rispetto alle annate passate.
Valentino, semplicemente, al Monza Rally Show non basta più. Soprattutto in un’edizione che, come quella che si è appena conclusa, vede decisa sostanzialmente dall’inizio la classifica finale. Portare ai nastri di partenza solamente 4 WRC Plus, infatti, ha mortalmente ferito la competizione: affidarne due a degli amatori più che a dei piloti e munirne un’altra – l’unica davvero pericolosa – di pneumatici Michelin decisamente meno performanti dei Pirelli montati dalla stragrande maggioranza dei concorrenti le hanno definitivamente dato il colpo di grazia.
“Io avrei vietato le WRC Plus” – dichiarava stizzito al sabato mattina un Tony Cairoli fattosi portavoce dei pensieri di tanti altri suoi colleghi – “Hanno ucciso lo spettacolo, e si vede anche da quanta gente in meno c’è”. Ed il #222 ha centrato subito il nocciolo della questione, senza mezzi termini: perché sì, vedere delle auto da Rally è bello, poter guardare da vicino Valentino Rossi è bellissimo, ma stare con il fiato sospeso per l’esito di una gara è più bello di qualsiasi altra cosa, per un appassionato di Motorsport che sia degno di questo nome. Lo ha dimostrato la Finale del Masters Show, quella andata in scena tra Valentino Rossi e, per l’appunto, Tony Cairoli: il #46 è uscito sconfitto al termine di un duello tiratissimo – in cui la i20 del #222 è riuscita improvvisamente ad andare 3″ più veloce rispetto ai tempi messi a segno appena 5′ prima… – che ha coinvolto emotivamente tutto il pubblico, diviso tra chi sosteneva il proprio beniamino con il #46 e chi (come lo speaker dell’Autodromo, autore di un “Vai Tony!” spontaneo e sincero) si è trovato a sostenere il #222 nel suo ruolo di outsider.
E’ stata l’assenza della competizione, la mancanza di ciò che è anima, cuore e corpo del Motorsport, a convincere molti a rimanere a casa piuttosto che a sedersi sulle tribune dell’Autodromo di Monza. E deve averlo capito anche Valentino, che in qualche modo ha cercato di giustificarsi per aver scelto un’auto così tremendamente più performante rispetto a quelle utilizzate dalla diretta concorrenza. “Non c’è dubbio che con le WRC ‘tradizionali’ ci sarebbe stata più lotta“ – ha infatti dichiarato a margine della corsa il #46 – “Avrei combattuto per tutta la gara con Cairoli, Bonanomi, D’Aste, Perico e via dicendo, però erano tanti anni che correvo con le 1.6 e sinceramente avevo bisogno di una qualche motivazione in più. E’ per questo che abbiamo deciso di correre con le WRC Plus, e spero sinceramente che l’anno prossimo ce ne saranno più di 4 al via“.
Già, perché Pietro Benvenuti non ha parlato solamente di percentuali, una volta calato il sipario sull’edizione 2018 del Monza Rally Show, ma ha anche rapidamente accennato a quello che sarà il prossimo futuro della kermesse rallystica brianzola. “C’è uno zoccolo duro tra il pubblico, ed è quello composto da chi è semplicemente appassionato di automobili“ – ha infatti dichiarato il direttore dell’Autodromo – “E’ a loro che dobbiamo iniziare a pensare, e dobbiamo farlo già a partire dal prossimo anno. Potremmo farlo sia portando a Monza più piloti del WRC (la presenza di Suninen ha sicuramente creato meno rumore rispetto a quella di Mikkelsen e Neuville dello scorso anno, ndr), sia coinvolgendo di più il territorio: magari con la partenza in centro a Monza ed una prima parte del Rally in città, chissà…”.
Un modo per ridare alla competizione l’importanza che merita dunque, senza probabilmente avere neppure troppa paura di scontentare la star di turno: anche perché vincere in maniera troppo facile, prima o poi, annoia tutti. Persino chi all’anagrafe di nome fa Valentino Rossi.