“Eh ma il mio kart aveva gomme più consumate…“. “Mi superavano tutti in rettilineo e poi dovevo fare i miracoli nelle curve: avevo meno potenza“. “Tu sicuramente eri su un kart migliore, il mio aveva qualcosa che non andava“. Frasi pronunciate spesso ancora da sotto il casco, oppure smangiucchiate nel tentativo di togliersi quella poco professionale retina per i capelli che sempre più kartodromi mettono a disposizione dei propri clienti, mentre il vostro amico – o i vostri, dipende da quanto piano…andava il kart – che ha stampato un tempo migliore del vostro si avvicina sorridente pronto per prendervi per i fondelli.
Mettiamocelo bene in testa: il kartista, in particolar modo la sua variante a noleggio, oltre a considerarsi un potenziale Campione del Mondo di F1 in erba è anche – e sempre – primatista nazionale del famoso sport “E’-Colpa-Del-Kart”. Non importa se i suoi avversari rispondano ai nomi di Sebastian Vettel, Alain Prost o Stirling Moss: il merito per averlo battuto verrà sempre dato in primis al mezzo di locomozione e solamente dopo, nella remota eventualità in cui la “paga” presa sia davvero eccessiva per riuscire a giustificarla appigliandosi alle sole presunte differenze prestazionali sui kart, alla maggiore abilità di guida dell’avversario. Certo, finché tutto questo accade solamente in rare occasioni potremmo anche considerarlo un comportamento accettabile. Se però il novero delle scuse si amplia di sessione a noleggio in sessione a noleggio, con la responsabilità della sconfitta addossata magari alla misura del casco, al carico aerodinamico del kart rovinato dalla GoPro o al portafogli con tante monete che ha aggiunto peso, forse sarebbe il caso di provare a trovare una soluzione diversa al problema.
Soluzione diversa che, ad esempio, potrebbe essere quella proposta dai nostri amici del Milano Kart Championship, ritrovo fantastico per tutti gli appassionati di kart che, come il sottoscritto, si ritrovavano spesso senza nessuno con cui condividere la propria passione. A Raffaele, Stefano e compagni, durante le varie tappe del loro campionato amatoriale che si corre a Milano e dintorni, è infatti balenata in mente un’idea: perché non organizzare tre eventi “scuola” in cui i Coach del Campionato rivestano i ruoli dell’insegnante per svelare qualche trucco del mestiere in più a chi vuole divertirsi sui kart?
Detto, fatto: il tempo di limare un paio di dettagli, trovare una location adeguata – da diesci insomma – per il primo evento e spargere la voce e la Fase I della MKC Karting Academy si è trasformata in realtà. L’appuntamento a tutti i piloti arrivati alla fine del proprio prontuario di scuse da sconfitta è stato dato alla TopFuel Racing Milan Arena di Vignate, un kartodromo indoor piuttosto divertente che fornisce discreti spunti di guida e che, a differenza di tanti altri, mette a disposizione anche dei kart a noleggio più che dignitosi. Come nelle migliori famiglie, la serata ha preso il via sull’onda del classismo: due sarebbero stati i livelli di insegnamento della prima serata, e dunque occorreva fare una distinzione tra chi avesse già un minimo d’esperienza con kart e traiettorie e chi invece fosse davvero alle prime armi. I ragazzi del Milano Kart Championship (da ora in avanti MKC, perché altrimenti rischio di esaurire i caratteri a furia di scrivere il nome per esteso) avrebbero sicuramente potuto lanciarci tutti assieme in pista in una sorta di Battle Royale, al termine della quale gli ultimi 10 piloti rimasti in vita sarebbero entrati a far parte del gruppo Pro, ma per fortuna – o purtroppo, dipende dai punti di vista -, Raffaele, Stefano ed i Coach hanno optato per consegnare a ciascuno di noi una pianta del circuito, invitandoci a disegnare con una penna le traiettorie che reputavamo ideali.
Una volta terminato il nostro cosplay di Hermann Tilke ed aver consegnato i nostri compiti in classe, l’esito della correzione ha determinato la composizione dei due gruppi. A quel punto, dopo un primo approccio teorico, era necessario un approccio pratico per valutare se fossimo davvero in grado di seguire quelle traiettorie che avevamo tracciato in maniera così professionale: cuffiette per la doccia calate sui capelli, casco calcato in testa, GoPro accesa e via in pista per la prima sessione. A bordo del mio kart #13 di Maldonadiana memoria, inizio a girare rimanendo fedele alle linee disegnate su carta solamente pochi minuti prima e, tra una curva e l’altra, mi rendo conto che non tutti i Coach sono in pista con noi: il nostro Babbittu – al secolo Paolo D’Amico -, infatti, è appostato al di là delle protezioni per controllare dall’esterno che tutte le nostre belle traiettorie ideali vengano rispettate, in modo tale da capire meglio chi e come dover correggere. Al termine della sessione d’approccio il mio tempo non è dei più entusiasmanti: 38″6, con la configurazione avuta dal kartodromo di Vignate quella sera, non è proprio un bell’andare. Ma sapete com’è, il kart #13 mancava un po’ di motore…
Sfilati caschi e sottocaschi, ci ritroviamo tutti attorno a Babbittu che, munito di una lavagna, ci illustra quali siano stati gli errori più comuni commessi da ciascuno di noi. “Eri troppo largo in ingresso” – mi dice – “E’ vero che solitamente bisogna privilegiare l’uscita, ma se dopo questa curva hai solo 1,5 metri di allungo cosa la privilegi a fare? Meglio stare il più cucito possibile all’interno per percorrere meno strada“. E come non dargli ragione, penso io dandomi del tonto mentre lui mi dà del torto. Qualche altro consiglio su come impostare la curva a seconda dell’aderenza della superficie e poi via, tutti di nuovo in pista per cercare di limare decimi da nostro tempo d’attacco. Stavolta anche il nostro Coach scende in pista, facendo un po’ da chioccia e “tirando” sulle giuste traiettorie i più recidivi mentre io mi attengo alle istruzioni ricevute e cerco di non andare a girare a Carugate per chiudere quella doppia curva: i risultati si vedono, ma non sono quelli sperati visto il 38″2 con cui chiudo la seconda sessione. Ma sapete com’è, il kart #13 aveva le gomme un po’ consumate…
Si torna nella zona debriefing, e la scena vissuta pochi minuti prima si ripete. Babbittu si riappropria della lavagna e dispensa nuovamente consigli, dando stavolta riferimenti dall’interno. “La doppia curva è un problema risolto” – mi rinfranca – “Ora cerca di inserirti meglio nel primo tornantino frenando in maniera più decisa e di non perdere troppo tempo in uscita dall’ultima curva cercando di entrare forte, perché lì sì che serve velocità in uscita”. Fisso nella mente anche quest’altra nozione oltre a quelle relative allo spostamento del corpo sul kart in base alla tipologia di curva, infilo di nuovo sottocasco e casco e scendo in pista per l’ultima sessione. Mi affido ai consigli di Babbittu, cerco di ridurre al minimo gli sprechi di tempo e di spazio ma, nonostante tutto il mio impegno, allo sventolare della bandiera a scacchi il cronometro non indica altro che un mesto 38″0. Ma sapete com’è, il kart #13 ha il telaio che pesa qualche kg in più degli altri…
Che i consigli dei Coach funzionassero, comunque, mi era sembrato lampante: 6 decimi limati via possono far la differenza tra il dover appigliarsi ad una visiera appannata ed il poter ammettere che, seppur di poco, l’amico che vi ha battuti in pista è stato più veloce di voi. Senonché Raffaele, a giornata teoricamente conclusa, non irrompe nella saletta di debriefing dicendoci che abbiamo il tempo di fare una gara da 10′, con una griglia di partenza stilata in base al miglior tempo messo a segno nel corso delle sessioni. Inutile dire che, in virtù del poco esaltante 38″0, dopo aver abbandonato il mio fedele kart #13 per prender posto sul suo fratello con il #7 mi sono accomodato in ultima fila, deciso però a sfruttare una sessione aggiuntiva per provare a togliere qualche altro decimino. Poco prima dello spegnimento dei semafori, sento Raffaele gridare: “Ragazzi, vi ricordo che non ci stiamo giocando nulla: quindi fate i bravi!”. E ovviamente, come tradizione impone, sono state sufficienti due curve dopo il via per far sì che mezzo gruppo si ritrovasse aggrovigliato in un marasma al cui confronto la partenza di SPA ’98 sembrava nulla. Supero diversi kart sfiorando – stavolta per necessità – il casello di Carugate e mi ritrovo con pista libera davanti a me, dato che chi era uscito indenne dal caos iniziale aveva avuto il tempo di percorrere già mezzo giro. A quel punto, compare sulla mia spalla lo spirito guida di Babbittu che, pian piano, inizia a snocciolarmi di nuovo tutti i consigli della serata.
Stringi in ingresso qui. Allarga un po’ di più lì. Frena meglio qua. Sposta il peso all’esterno di là. Metto in pratica tutto quello che ho imparato nel corso della serata e, a fine gara, vedo apparire sullo schermo del mio kart #7 un 37″2, un crono che non solo è di 8 decimi più rapido di quello dell’ultima sessione ma che è addirittura 1″4 più veloce rispetto a quello della manche d’esordio. E allora sì che gli effetti benefici dei consigli dei Coach, uniti ad un kart che non abbia un telaio più pesante, il motore farlocco e che non produca fumi che fanno appannare la visiera, iniziano a tornare decisamente utili, in attesa che la Fase II della MKC Karting Academy non mi consegni qualche altra dritta per limare qualche altro decimo e per farmi abbandonare il “Manuale delle Scuse del Piccolo Kartista”.
Sul quale, comunque, dopo la Fase I ha trovato posto un’altra massima. Perché è vero, ogni giorno nella Savana dei kartodromi un leone ed una gazzella si svegliano sapendo di dover correre. Ma non importa che tu sia un leone o una gazzella: l’importante è che, se vai al TopFuel Racing Milan Arena di Vignate, tu non prenda il kart #13.