“Ci sono due cose che nessun uomo ammetterà mai di non saper fare bene: vincere una gara contro i suoi amici sui kart a noleggio e fare l’amore”. La maggior parte di voi ricorderà questa situazione in maniera lievemente diversa, ma il sottoscritto ha ben pochi dubbi: se Sir Stirling Moss fosse vissuto nell’era dei noleggioni, queste sarebbero state le esatte parole che avrebbe pronunciato. Di eccezioni alla regola, nel mondo dei kart a noleggio, non se ne vede neppure l’ombra. Non importano età, provenienza geografica, squadra del cuore o pilota preferito: in ogni gruppo di amici appassionati di motori nessuno – ripeto, nessuno – ammetterà mai di non essere in grado di battere tutti in una sfida sui noleggioni.
Spesso e volentieri però la realtà finisce con lo scrivere una storia diversa da quella raccontata da molti dei componenti del suddetto gruppo. Una storia, dato che si tratta pur sempre di una competizione, fatta di un vincitore e di una schiera più o meno nutrita di sconfitti. Fortuna eterna e gloria imperitura attendono chi fa parte della prima categoria, gogna pubblico e dannazione infinita aspettano al varco chi piomba nella seconda.
È dunque per cercare di ritrovarsi quanto più raramente possibile tra gli sconfitti, tra coloro che per omnia secula seculorum e senza possibilità alcuna di redenzione dovranno sentirsi rinfacciare un 2° posto dal proprio migliore amico, che i ragazzi del Milano Kart Championship hanno creato la MKC Academy: un’accademia, come dice il nome stesso, ideata, sviluppata e migliorata con l’obiettivo di insegnare a chiunque ne avesse voglia come essere più veloci al volante dei kart a noleggio che tanto ci piacciono.
L’idea della MKC Academy, lo specifico in fretta per far sì che possiate diffidare da imitazioni che spuntano come funghi e che attingono a piene mani all’esperienza dei ragazzi del Milano Kart Championship, nasce già diversi anni fa. Era infatti il 2018 quando sono stato invitato per la prima volta a una serata dell’Academy, e dato che già all’epoca ero rimasto piuttosto colpito dall’impostazione del corso ero molto curioso di scoprire se, come e dove fossero cambiate e migliorate le cose a sei anni di distanza.
A non essere minimamente cambiata, vivaddio, è l’atmosfera che si respira negli eventi del Milano Kart Championship. Chi come me ha avuto modo di vivere eventi MKC dall’animo clamorosamente goliardico sarà felicissimo di ritrovare persino nella cornice più… didattica e professionale della Academy lo stesso clima disteso, divertito e sereno che è inconfondibile marchio di fabbrica di questa realtà. Tra una chiacchiera, una battuta e una risata vengono mandati in archivio l’immancabile appello e un brevissimo briefing introduttivo, durante il quale vengono presentati istruttori e programma della serata. Subito dopo i partecipanti vengono suddivisi in gruppi di lavoro distinti, ciascuno dei quali alternerà sessioni pratiche a sessioni teoriche in modo tale che, a fine evento, tutti si ritrovino con lo stesso tempo di guida avendo ricevuto una simile quantità di indicazioni da parte dei coach. Queste ultime, com’è giusto che sia, saranno destinate a variare di gruppo in gruppo: radunando tanto persone che si affacciano per la prima volta al mondo del kart quanto ragazze e ragazzi che invece con i noleggioni e le corse hanno già un discreto grado di confidenza, gli istruttori adatteranno i loro insegnamenti e i loro consigli in base al livello di guida espresso dai componenti di ciascun gruppo.
Quello in cui sono inserito io, per esempio, inizia il programma di lavoro con una parte eminentemente teorica, dedicata com’è ai veri e propri rudimenti della guida sul kart applicati però a un contesto più competitivo. Non è raro – anzi, è fin troppo comune – veder capitare intoppi e inghippi durante gli eventi proprio in situazioni apparentemente innocue. Il cambio pilota, l’attraversamento della pit lane e persino lo scendere e il salire dal kart sono gesti facili, ma non per questo banali: ritrovarsi nella parte sbagliata della corsia box mentre rientrano altri piloti, così come subire un tamponamento anche lieve mentre si è in piedi sul kart privi di appoggi con le mani, può portare a incidenti e infortuni che è sempre meglio e bene evitare. I primi rudimenti teorici proseguono con un focus sull’abbigliamento e sulle protezioni da indossare quando si guida un kart, un argomento spesso sottovalutato ma la cui conoscenza è tremendamente utile per sfuggire agli enormi ematomi sul costato che compaiono implacabili dopo un urto non troppo gentile con la rigidissima struttura del sedile, e con qualche consiglio – assente nel 2018 e invece molto apprezzato – legato all’importanza di concentrazione e respirazione mentre si è alla guida.
Una volta terminata questa parte introduttiva è giunto il momento, per il mio gruppo e per quello che condivide le nostre tempistiche, di scendere in pista. Il primo turno di guida lo affrontiamo in totale libertà, con il coach che durante la sessione si muove a piedi attorno alla pista per valutare dall’esterno traiettorie, punti di frenata e movimenti di volante e del corpo pronto per metterci alla prova con carta e penna subito dopo. Non appena sventola la bandiera a scacchi, infatti, ciascun gruppo si ritrova seduto attorno a un tavolo per commentare assieme al coach cos’è successo in pista fino a lì. È proprio in quel momento che si inizia davvero a percepire quanto possa essere utile una scuola come la MKC Academy.
Quando ci viene chiesto di disegnare sulla mappa del circuito quelle che secondo noi sono le traiettorie ideali, infatti, la realtà si fa brutalmente strada nelle nostre menti da pseudo-piloti. “Perfetto, le avete disegnati tutte benissimo” – ci spiega infatti Raffaele “Stinson”, nostro coach e co-fondatore del Milano Kart Championship – “Peccato che in pista nessuno di voi le abbia rispettate”. Doccia fredda, anzi freddissima, che congela i nostri bollori da novelli fenomeni del volante. Armato di pazienza, Stinson passa man mano in rassegna gli errori commessi da ciascuno di noi, e scopriamo che tra un ingresso in curva troppo largo, una frenata eccessivamente brusca e una traiettoria inutilmente distante dalle barriere ce n’è davvero per tutti i gusti. “Con due curve in rapida sequenza, perché impostare la prima in modo tale da uscire larghi e sacrificare così la seconda?” – mi chiede per esempio Stinson mettendo a confronto ciò che ho disegnato con ciò che ho fatto – “Sacrifica davvero l’uscita della prima come credi di avere fatto finora, e vedrai che uscirai molto meglio dalla seconda potendo così accelerare prima e di più”. Decidiamo però tutti di vedere il bicchiere mezzo pieno: di margine di miglioramento, a giudicare dal numero di castronate commesse, sembra dopotutto essercene davvero parecchio.
Mentre attendiamo che gli altri due gruppi terminino ciò che resta della loro seconda sessione, c’è tempo per un simpatico test dei riflessi. Palline da tennis nelle mani del coach, l’una, l’altra o entrambe che cadono all’improvviso e via, chi riesce ad afferrarle prima che tocchino terra è bravo. Dopo esserci immedesimati per qualche minuto nei piloti di Formula 1 – rendendoci conto di quanto sia impossibile imitare la loro rapidità di riflessi – si torna in pista, questa volta alle calcagna del nostro coach. Stinson in questa sessione svolge infatti il ruolo di locomotiva con uno scopo ben preciso: indicare a noi, che lo seguiamo diligentemente in fila mentre gira su tempi sempre più rapidi, quali siano le giuste traiettorie e i giusti punti di frenata. Avere un riferimento davanti risulta utilissimo per vedere messi in pratica i consigli teorici che abbiamo ricevuto pochi minuti prima, ed è immediatamente diverso il feeling che si ha tanto con il kart quanto con la pista. La piacevole sensazione resta anche nel momento in cui Stinson, per evitare di perdere lungo la pista alcuni vagoni del proprio convoglio, fa passare i più veloci del nostro gruppetto lasciandoci nell’incombenza di mettere in pratica in totale autonomia gli insegnamenti appresi fino a quel momento. Al termine della seconda sessione sorridono cronometro e piloti: i tempi, migliori rispetto a quelli del primo run, riflettono infatti le buone sensazioni avute al volante e spingono a sedersi di nuovo – e di buon grado – al tavolo con il coach per andare a limare altre imperfezioni.
Rispetto alla mia prima esperienza con la MKC Academy si fa non poco apprezzare la premura avuta dagli istruttori nel ricordare, durante ogni singolo summit teorico, l’importanza del mettere insieme tutti i pezzi del puzzle della serata. Nonostante le informazioni forniteci stessero man mano diventando sempre più tecniche e specifiche, Stinson e gli altri coach hanno sempre trovato il tempo per chiederci se alla guida fossimo riusciti a tenere a mente – e soprattutto ad attuare – gli insegnamenti e i consigli che avevamo ricevuto in precedenza. A una ulteriore sessione di approfondimento teorico fa seguito un nuovo stint di guida, ancora con il coach del gruppo in pista con noi. Dopo averci illustrato nella pratica alcuni comportamenti dinamici del kart, Stinson infila nuovamente il casco e trascorre un altro turno a osservare molto da vicino gli errori che ancora ci ostiniamo con testardaggine a commettere. Le sbavature che continuano a comparire tra una curva e l’altra, tuttavia, sono meno gravi e meno frequenti: la guida dei componenti del gruppo è molto più lineare rispetto a quanto visto nel primo turno in pista, e la crescente sensazione di avere meglio tra le mani il proprio fido noleggione cresce allo stesso ritmo con cui invece si abbassano i tempi.
Una volta tolti i caschi c’è ancora tempo per un ultimo briefing teorico, durante il quale Stinson ci rende edotti di quello che, secondo lui e sulla base di ciò che ha visto poco prima girando in pista con noi, è l’ultimo grande tassello che ci manca: l’utilizzo del corpo in curva. Sacro Graal della guida sui kart, in particolare modo di quelli a noleggio privi di particolare spunto, lo sfruttamento del peso del proprio corpo per far voltare il mezzo agendo come fossimo una sorta di differenziale umano è una delle chiavi per andare davvero più forte. In modo totalmente diverso rispetto a ciò che accade in sella a una moto, quando si è alle prese con un kart bisogna muoversi con il corpo nella direzione opposta a quella verso cui si sterza. Per ottenere questo risultato, cercando quanto più possibile di alleggerire e/o addirittura sollevare la gomma posteriore interna, Stinson ci fornisce un validissimo consiglio andando a correggere un qualcosa che più di qualcuno fa: l’impulso al volante in fase di sterzata, ci dice il nostro coach, deve essere dato non “tirando” con il braccio interno alla curva bensì “spingendo” con quello esterno. A quel punto per la fisica è infatti decisamente più facile venire incontro alle esigenze di spostamento del pilota, dato che si è in modo automatico proiettati sul lato giusto del sedile del vostro kart senza che ci sia bisogno di riflettere troppo sul da farsi in un momento in cui, tra traiettoria, punto di frenata e ingresso di curva si ha già più di qualcosa a cui dover pensare.
Muniti anche di quest’ultimo e importantissimo consiglio io e miei compagni di Academy saliamo nuovamente sui kart per l’ultimo turno di guida della serata, con il nostro coach che questa volta dismette guanti e casco per tornare a vestire i panni del perfetto umarell osservandoci da bordo pista. Sprovvisti di lepre da inseguire e chiamati a mettere autonomamente a frutto tutte le informazioni recepite nel corso della serata, l’impresa di limare qualche altro centesimo ai tempi messi a segno finora si dimostra meno immediata del previsto. La sequenza di azioni che Stinson, gli altri coach e in generale tutti coloro che girano spesso sui kart mettono assieme grazie ad automatismi collaudati risulta più difficile da attuare per noi amatori del noleggione, e la macchinosità emerge in modo evidente nei primissimi giri dello stint percorsi con ritmo spezzettato e poco fluido. L’impaccio però, fortunatamente, dura poco: una volta scrollata infatti di dosso una qual certa rigidità si torna a infilare curve in modo pulito e lineare, del tutto diverso da quello con cui le stesse pieghe venivano affrontate solamente un paio di ore prima. Rispetto all’inizio della serata è la consapevolezza delle proprie azioni a essere aumentata a dismisura, con ogni movimento che ora viene compiuto per un preciso motivo e sulla base di una specifica logica. La traiettoria viene scelta in modo più ragionato, la frenata è più dolce e allo stesso tempo più decisa, le curve sono più rotonde e meno spezzettate: se sulla carta queste azioni sono formalmente identiche a quelle compiute nel primo stint della serata, nella pratica la sensazione che trasmettono ora è del tutto differente.
Dopo un breve briefing conclusivo durante il quale vengono tirate le somme dell’intera serata, con Stinson e gli altri ragazzi del Milano Kart Championship che hanno la premura e l’accortezza di raccogliere opinioni, sensazioni e persino consigli dati dai partecipanti, giunge il momento di sciogliere le righe dopo oltre tre ore di attività che sembrano essere letteralmente volate via. La durata dell’intero evento non è banale, ma il suo essere rimasta pressoché identica a quella della serata di sei anni fa è un plus non di poco conto: le informazioni fornite, i suggerimenti dati e le attività svolte sono ora infatti molto più numerose e decisamente più varie, con una serata che è indubbiamente più piena e densa senza però risultare frettolosa o confusa. I miglioramenti sono stati evidenti anche sul fronte delle abilità… didattiche dei coach, che rispetto al passato sono in grado di spiegare ancora meglio il perché dell’una o dell’altra reazione del kart, il come raggiungere questo o quello obiettivo, riuscendo ora a identificare un ventaglio di errori più ampio al quale – ovviamente – contrapporre un bagaglio di suggerimenti e soluzioni di pari entità. È proprio la profondità della consapevolezza a fare davvero la differenza rispetto al passato. Ogni effetto ha spiegata la sua causa, ogni conseguenza vede sviscerato il motivo per cui si è generato: non si tratta più di capire solamente come essere più veloci ma di intuire anche perché si è stati più veloci, dando quindi vita a un processo di apprendimento che rende più facile e immediato replicare un dato comportamento in risposta a una certa situazione.
Il merito più grande dei ragazzi del Milano Kart Championship, tuttavia, è un altro. Riguarda l’atmosfera della serata di cui vi parlavo in apertura di articolo. Neppure un’accresciuta professionalità, un aumento dei tecnicismi e un’attenzione alla teoria più decisa e accentuata riescono infatti ad appesantire un minimo il clima disteso, divertente e divertito che si respira durante la MKC Academy. Un evento che, dopo anni di distanza e infinite migliorie, si conferma ancora uno dei pochissimi in grado di insegnare tanto e di divertire molto. Proprio come piace a noi.