Anche la IndyCar Series è ferma. Il Campionato americano riprenderà ad aprile. O almeno così si dice. Anche se in molti credono che lo stop sarà più lungo: si dovrebbe ricominciare a fine maggio. Cioè proprio con la 500 miglia d’Indianapolis. Sull’una e l’altra sponda dell’Atlantico, il coronavirus riesce ad ammutolire cilindri e pistoni.
Dopo la resa della Formula 1, anche la IndyCar aveva deciso di fermare tutto. Il Gran Premio di St. Petersburg, inizialmente convertito in evento a porte chiuse, è stato annullato. Sono bastate ventiquattr’ore di colloqui con gli esperti medici a far cambiare idea ai responsabili della categoria. «Abbiamo deciso di cancellare tutti gli eventi della NTT IndyCar Series fino ad aprile».
Attenzione, non solo i GP di marzo: anche le gare di aprile saltano. In totale sono quattro le corse che non si disputeranno. Oltre all’inaugurale di St. Pete, il GP d’Alabama a Barber è già stato cancellato (doveva aver luogo il 5 aprile, sono già in cantiere i rimborsi dei biglietti). Diversa la situazione delle altre due gare di questa prima fase: rimandate a data da destinarsi. La corsa di Austin è (per ora) posticipata, ma con ogni evenienza sarà cancellata. Solo rinviato il GP di Long Beach, per il quale il Comune sta «cercando soluzioni per ospitare gli eventi in una data successiva», come dichiarato nel comunicato ufficiale.
Falsa partenza per la IndyCar Series, proprio come per la F1. Nonostante la trasferta fosse già iniziata, tutti i team sono stati rispediti a casa. Le squadre erano già arrivate a St. Pete, così come tanti altri fan, quando è stata comunicata la decisione di sospendere tutto. L’organizzazione della corsa non può rimborsare i biglietti (il rimborso è escluso espressamente all’acquisto). Ma ha deciso di offrire un credito spendibile per il GP di St. Pete 2021, oppure per tre corse IndyCar di quest’anno (Mid-Ohio, Toronto o Portland). Soluzione che, a detta di David Malsher, non è stata particolarmente apprezzata tra gli appassionanti.
Quando si partirà? A maggio, con il Gran Premio d’Indianapolis. La serie americana non rinuncia ai suoi eventi sul catino più famoso del mondo. Ma niente debutto in grande stile: prima della Indy 500, ci sarà il solito antipasto stradale, la corsa sul circuito interno (su cui un tempo si disputava il GP degli Stati Uniti di F1). Così si esprime Mark Miles ai microfoni di Motorsport.com: «Sappiate che faremo tutto il possibile per disputare la 500 miglia d’Indianapolis e il GP di maggio». L’obiettivo degli organizzatori è disputare «una stagione la più completa possibile» e «correre in tutte le nostre città». Piccolo problema: nessuno sa ancora se e quando sarà possibile.
Anche i piloti hanno applaudito alla decisione della IndyCar Series. «Concordo di tutto cuore con le decisioni di questa settimana della IndyCar» scrive su Instagram Charlie Kimball. «La salute e la sicurezza della nostra comunità, motoristica e a tutto tondo, è sempre la prima priorità». Gli fa eco su Facebook anche Graham Rahal: «So che la notizia dev’essere stata una sorpresa un po’ per tutti, ma noi appoggiamo la decisione della serie». E aggiunge: «Vogliamo soltanto il meglio per la salute di tutti, non solo per i fan ma anche per chi compete e perciò dobbiamo esser cauti in tutto quel che facciamo».
Insomma, la serie ripartirà il 9 maggio con il Gran Premio stradale d’Indianapolis e poi si inoltrerà verso la 500 miglia. O almeno, questi sono i piani. Non è affatto detto che vengano confermati a causa del rapido diffondersi del coronavirus negli States, che hanno portato il Presidente Donald Trump a dichiarare lo stato d’emergenza nazionale. Mentre la politica federale sta trattando un consistente pacchetto di aiuti per l’economia, i vari Stati cominciano a disporre misure simili a quelle italiane (alcuni hanno già chiuso scuole e ristoranti). Chissà se la gestione a stelle e strisce dell’epidemia permetterà alla IndyCar di ripartire. Ma giacché è difficile che l’Italia torni alla normalità dopo il 3 aprile (dopo quattro settimane di chiusura), ci sia permesso dubitarne.