Il 23 gennaio 1982 si disputò, sul circuito di Kyalami, il Gran Premio del Sudafrica, ultima gara della storia della F1 disputata il mese di gennaio. Una gara storica, sia per una serie di proteste da parte dei piloti che sconvolsero la vigilia, sia per una scoppiettante prestazione domenicale di Alain Prost, che mise in scena una delle più esaltanti e dimenticate rimonte della storia. Ripercorriamo quello storico weekend.
Prologo: le modifiche al regolamento
La stagione 1982 fu probabilmente una delle più equilibrate della storia della Formula 1. Risolti quasi del tutto i cronici problemi di affidabilità che li avevano flagellati nel corso degli anni, i motori turbo erano oramai abbastanza maturi per permettere ai team che li avevano in dotazione di poter lottare il campionato. Tuttavia, il sorpasso definitivo sarebbe avvenuto soltanto l’anno successivo: per questa stagione, invece, il confronto fu assolutamente alla pari. Da un lato c’erano Ferrari, Renault e Brabham, dall’altra Williams, McLaren e Lotus, e il pronostico alla vigilia sembrava più arduo che mai.
Tuttavia, nei giorni che precedettero il weekend di Kyalami, non furono le questioni prettamente tecniche o sportive ad essere sulla bocca degli addetti ai lavori, ma quelle politiche. Il 18 dicembre 1981, in una riunione della Commissione, venne modificato il regolamento sportivo: l’articolo 58 ora stabiliva che i piloti, tra i requisiti per ottenere la Superlicenza, dovevano impegnarsi a non fare causa agli organizzatori dei GP.
La mia partecipazione avverrà a mio proprio rischio e pericolo e non citero, né io né i miei eredi o aventi diritto, alcuna persona o ente coinvolto direttamente o no con l’avvenimento per quanto riguarda qualsiasi perdita o danno alla mia persona o proprietà in caso di incidente avvenuto mentre partecipo alla gara.
Art 58 del Regolamento Sportivo
Ma non era il solo punto contestato dai piloti. L’articolo 1 poneva un vincolo ai contratti dei corridori, che adesso ponevano il coltello dalla parte del manico per i team. Per ottenere la Superlicenza bisognava infatti dichiarare la durata del contratto con il team, impedendo, di fatto, la risoluzione unilaterale da parte del pilota. Non era uno scenario infrequente allora: un anno prima Alain Prost era passato dalla McLaren alla Renault, nonostante fosse ancora legato al team inglese. Secondo i piloti questa norma era stata suggerita da Bernie Ecclestone e da Max Mosley. Infine, c’erano anche alcune perplessità sui punti in cui veniva stabilito che i corridori avrebbero dovuto rispettare TUTTE le regole del mondiale, e che non avrebbero dovuto ledere l’immagine della F1, della FISA (la Federazione) e della FOCA (Formula One Constructors Association) l’organizzazione di Ecclestone e Mosley che rappresentava i “garagisti” inglesi. I piloti decisero quindi di riunirsi nella GPDA, l’associazione dei piloti, per protestare contro queste regole, e a capo del gruppo ci furono i due piloti della Ferrari Gilles Villeneuve e Didier Pironi e quello della McLaren Niki Lauda. Anzi, secondo il presidente della FISA Jean Marie Balestre, fu proprio Lauda, rientrato dopo due stagioni di stop, il vero capo della rivolta, colui che aveva convinto gli altri a protestare.
Lo sciopero
Nel frattempo, si arrivò alla settimana del GP del Sudafrica, previsto per sabato 23 gennaio. Nonostante i malumori, quasi tutti i piloti avevano firmato l’accordo, tranne sette: i tre di sopra, Villeneuve, Pironi e Lauda, ma anche Jacques Laffite, Andrea De Cesaris, René Arnoux e Bruno Giacomelli. Siccome senza quest’accordo non avrebbero potuto partecipare alla gara, questi firmarono al mercoledì, così da poter essere considerati dei concorrenti e poter presentare la loro protesta. Una volta firmato, Pironi, nominato rappresentante del gruppo, lesse un comunicato in cui annunciava uno sciopero per il giorno successivo. Allarmata, la Federazione promise che avrebbe rivisto il regolamento, ma al giovedì mattina di fatto non era successo niente, e quindi i piloti, invece che calarsi negli abitacoli per le prime prove libere, si radunarono in pista, salirono su un pulmino dell’albergo che li ospitava, il Kyalami Ranch, e si recarono ad un altro hotel, il Sunnyside Park Hotel, a Johannesburg, lontani dai team manager e dalla Federazione, con soli Pironi e Jochen Mass rimasti in pista come portavoce. Tutto questo non senza che il team manager della March, John McDonald, provasse a bloccare il pulmino con la sua macchina.
Iniziò quindi un braccio di ferro tra i piloti da un lato e i team manager e la FISA dall’altro, con gli organizzatori del GP a premere affinché si giungesse ad una risoluzione efficace. Questi ultimi dapprima proposero di spostare la gara alla settimana seguente, ma successivamente si rivolsero alla magistratura sudafricana per chiedere di sequestrare tutte le vetture. Intanto, Balestre, continuò a sostenere la sua posizione, chiarendo come i piloti fossero informati di tutti questi punti dal 18 dicembre, giorno della riunione della Commissione, e che ci sarebbero sicuramente state sanzioni.
Nel frattempo le trattative si prolungarono, facendo saltare anche la prima sessione di qualifiche del giovedì pomeriggio. La FISA provò ad usare il pugno duro, sospendendo le licenze di tutti i piloti, mentre questi si rifiutarono di correre la settimana seguente. Ironicamente, venne sospesa anche a Marc Surer, iscritto al GP ma non presente a Kyalami per via di un infortunio. Anzi, non solo, ma Balestre annunciò che avrebbe accolto le richieste di chi avrebbe fatto domanda della Superlicenza il giorno dopo, e che il GP del Sudafrica si sarebbe corso la settimana successiva con trentuno debuttanti!
Intanto, al Sunnyside, i piloti decisero di non sistemarsi nelle stanze, per evitare che qualcuno fuggisse, ma si accamparono nella hall con dei materassi e delle coperte. Giunta la sera, per intrattenere gli altri, Villeneuve e De Angelis decisero di suonare qualcosa al piano, Slim Borgudd (che oltre a correre era anche un batterista turnista degli ABBA) suonò la batteria, mentre Niki Lauda e Bruno Giacomelli improvvisarono dei pezzi di stand up comedy (e questa cosa a pensarci fa abbastanza ridere). Nel mentre, i capi delle squadre fecero la fila per cercare di convincere i propri piloti a correre: Ecclestone e Mosley, a capo di Brabham e March, minacciarono di licenziare i rispettivi piloti, mentre Piccinini, DS Ferrari, cercò la via della moderazione. Molto più duro fu invece Jackie Oliver, della Arrows, che nel cuore della notte cercò di sfondare la porta insieme a due poliziotti, costringendo i piloti a barricarsi dentro con i mobili.
Il fronte dei piloti rimase quasi compatto. A mollare furono solo Mass, che sosteneva che il suo team non gli permetteva un diverso comportamento, ma soprattutto Teo Fabi: l’italiano della Toleman se ne andò dopo aver parlato con il suo team manager, e venne accusato di aver tradito i suoi colleghi, addirittura scappando dalla finestra del bagno. In particolare, Keke Rosberg disse “E’ scappato come un pollo e ha perso il nostro rispetto per sempre, ma non tanto per essersene andato, ma perché è corso da Mosley e Ecclestone spiattellando ciò di cui stavamo discutendo”. A detta di Fabi, comunque, la storia del bagno fu esagerata, e se ne andò perché le rassicurazioni ricevute dalla Federazioni di rivedere il regolamento l’avevano convinto.
La tregua
Si arriva così al venerdì mattina e non è ancora stato effettuato neanche un giro. Alle 8 Pironi si reca in circuito per discutere ancora con Balestre, il quale è costretto ad arrendersi: le minacce del giorno precedente non sono bastate, e con la pressione degli organizzatori sul collo è costretto a modificare l’articolo 1, concedendo ai piloti le stesse garanzie previste per i team. L’accordo viene raggiunto alle 10, orario in cui erano previste le prove: queste vengono posticipate di un’ora, ma nel frattempo Mass, svincolatosi dalla protesta, è sceso in pista e ha investito il direttore sportivo della Renault Jean Sage, prima che gli venisse esposta la bandiera nera.
Alle 11 quindi iniziano le prove, finalmente. Ecclestone però non ci sta, e cerca di escludere Piquet dalla corsa, adducendo ad una non eccelsa condizione fisica per via della nottata brava appena trascorsa. Villeneuve però minaccia di riprendere lo sciopero in caso di assenza del brasiliano, e Bernie è costretto a cedere: stavolta i piloti hanno vinto. Tutti.
La gara: la prodezza di Prost
E arriviamo quindi alla parte agonistica del weekend di Kyalami. Con un programma compresso in soli due giorni, il venerdì Arnoux piazzò la pole, precedendo Piquet, Villeneuve, Patrese, Prost e Pironi. Ma l’indomani, in una gara caratterizzata da un’alta temperatura e da molti problemi alle gomme, a brillare fu l’altra Renault, quella guidata dal suo compagno Alain Prost. Al via il francese fu un fulmine, e balzò subito in seconda posizione, a ruota del compagno, mentre Piquet scivolò a centro gruppo e con le due Ferrari a seguire. Nei primi giri le due vetture della casa della Losanga scapparono via, mentre Villeneuve fu costretto al ritiro per un guasto al motore e Pironi fu attanagliato da problemi di gestione delle gomme. Al giro 14 Prost affondò il colpo, passando Arnoux sul rettilineo principale e involandosi verso quella che sembrava una facile vittoria. Ma così non fu, perché al giro 41 il francese fu vittima di una foratura, che lo costrinse ai box per una lunga sosta. Inferocito, rientrò in pista alle spalle di Arnoux, ma proprio nel giro di rientro ebbe una seconda foratura, che sembrò porre una mazzata definitiva alle speranze di vittoria di Prost.
A questo punto un altro pilota avrebbe gettato i remi in barca, ma Alain Prost nel corso della sua carriera ha dimostrato diverse volte di non essere “un altro pilota”. Rientrato a cambiare ancora una volta le gomme, scivolò in ottava posizione, doppiato e con meno di metà gara davanti. E in quel momento iniziò il suo show personale, una delle più incredibili prestazioni personali della storia della F1, di cui però si parla davvero poco. Aiutato dalle gomme fresche, il francese iniziò a girare ad un ritmo mostruoso, anche due secondi meglio di tutti gli altri, gettandosi all’inseguimento degli avversari per risalire la china. Al giro 45 supera Alboreto, al giro 47 passa Arnoux sdoppiandosi, al giro 51 si porta in zona punti passando Lauda. Il francese è semplicemente ingiocabile, e giro dopo giro accorcia sempre di più il divario dalla testa della corsa: ancora, giro 54 e anche Watson deve cedere alla furia gialla, mentre alla tornata seguente è Rosberg ad essere mangiato. Davanti, intanto Reutemann rallenta il ritmo, e Pironi e Prost gli si avvicinano: l’argentino viene superato al giro 61 da entrambi i francesi. Ancora un giro e la Renault passa la Ferrari sul rettilineo principale, portandosi così in seconda posizione ad una ventina di secondi dal compagno di squadra.
Prost, con pista libera, inizia quindi a girare tre secondi più veloce di Arnoux, prendendolo e passandolo a dieci giri dalla fine. Incredibilmente, e sotto gli sguardi increduli del pubblico, Alain Prost, nonostante due forature, ha recuperato sette posizioni e un giro di distacco. Alla fine il francese stravince, con quindici secondi di vantaggio sul più diretto inseguitore, che non è Arnoux, ma Reutemann, poiché il francese, ingannato da un’errata segnalazione, lo fece passare credendo che fosse un doppiato! La F1, quindi, si congedò per sempre dal mese di gennaio (per ora, ma se continuano ad aggiungere gare si tornerà a breve a correre in questo mese) con una delle più grandi prestazioni di uno dei più grandi piloti di sempre. Un buon modo di andarsene.
L’epilogo
Credevate che fosse finita così, vero? E invece, se pensate che Balestre si sia arreso tanto facilmente vi sbagliate di grosso. Perché appena mezz’ora dopo la fine del GP di Kyalami il presidente della FIA decide di sospendere le licenze internazionali, Superlicenza compresa, di tutti i piloti ribelli. Questi si difendono, sostenendo che le licenze potessero essere sospese solo dalle federazioni nazionali d’appartenenza, mentre la Superlicenza potesse sì essere sospesa dalla FISA, ma non per iniziativa personale del suo presidente. In tutto questo macello, la federazione argentina decise di annullare la gara di Buenos Aires, prevista il 5 marzo come secondo round stagionale, per via del rischio che accadesse qualcosa di simile al Sudafrica. Dopo una serie di incertezze, di accuse e di riunioni, alla fine si giunse ad una multa da 5000 dollari e una gara di squalifica con la condizionale per sei mesi, dopo che il Tribunale d’Appello della FIA aveva ripensato alla precedente decisione, che per alcuni piloti prevedeva una multa da 10000 dollari e ben cinque gare di squalifica, con la condizionale per due anni. Tutto finito quindi a tarallucci e vino, anche se da quel momento sarebbe sorto un altro problema, quello dei sollevatori idraulici usati dai team che montavano motori aspirati. Ma questa, comunque, è un’altra storia.