DAZN piglia tutto. Anche l’IndyCar. E per due anni la serie americana non sarà più su Sky. Questo il fulmine a ciel sereno che scuote tutti gli appassionati italiani della categoria. Perché adesso bisogna scegliere: mettere mano al portafogli, o al tasto off del telecomando.
La serie a stelle e strisce trasloca. Dopo lunghi anni su Sky, adesso sarà DAZN a trasmettere le corse più pazze del mondo. Si chiude così un capitolo importante per gli appassionati italiani. Dopo la dura botta, assorbita anni fa, del trasferimento dal chiaro alla pay-tv, un’altra amara sorpresa colpisce i fan degli americani. La TV tedesca ha firmato un biennale con la IndyCar: in Italia (così come in Spagna e anche altrove) le stagioni 2019 e 2020 saranno visibili solo su DAZN.
Stavolta è il cambio di televisione a far più male. La frammentazione dell’offerta televisiva motoristica aumenta. Ricordiamo che Sky aveva già perso, proprio ai danni di DAZN, anche il World Rally Championship. E di certo non può bastare la concorrenza che Eurosport prova a fare a Mediaset con la Formula E a tamponare l’emorragia.
Gli appassionati del motore a scoppio sono di fronte a un’aspra difficoltà. Devono decidere se attivare un doppio abbonamento (la F1 ormai è in esclusiva sul satellite di Murdoch) o rinunciare a seguire le corse americane. Sempre che non preferiscano abbandonare, viceversa, la Formula 1. È sempre più pesante il gruzzolo da spendere per rimanere fedele alle auto da corsa.
Lo stesso Lewis Hamilton, pochi giorni fa, si è eletto alfiere della causa proletaria contro l’egemonia della tivvù a pagamento. «Con tutte le spese quotidiane in questi giorni, la gente non può permettersi di pagare la televisione». Il drastico calo di telespettatori patito dalla F1 è solo la punta di un iceberg. Che tra l’altro è bello grosso. F1GrandPrix riporta un crollo dagli 8 milioni del 2008 ai 2 del 2018 in Gran Bretagna. FormulaPassion segnala una media di neanche 3 milioni di ascoltatori italiani in questa stagione: ben lontani dagli oltre 5 fissi di qualche anno fa.
E se per le comunità di appassionati della massima serie c’è così poca attenzione, figuriamoci per la IndyCar. Nell’era di Internet sembra semplicissimo accedere a tutte le categorie motoristiche: qualunque appassionato può guardare praticamente ogni gara abbia desiderio di vedere. La precondizione è una soltanto: far suonare i quattrini. Sempre di più.
Intendiamoci: forse non si può accusare DAZN, e il suo abbonamento mensile di circa €10, di strozzinaggio. Di certo però gli effetti della frammentazione del mercato (e della somma dei prezzi di abbonamento) sono sotto gli occhi di tutti. A chi non dispiace guardarsi un Gran Premio, non pesa troppo trovare del denaro per Sky.
Diventa invece sempre più difficile ricordarsi il PIN della carta di credito per guardarsi una corsa americana, o minore. E giustamente. Perché dietro queste fantasmagoriche esclusive, non c’è il giochino della concorrenza al rialzo. O meglio c’è. Ma solo dei prezzi. E strozzati da un servizio sempre più costoso e meno accessibile, gli appassionati diminuiscono.
Pian piano si secca la comunità motoristica italiana. E dove prima c’era un oceano cristallino di tifosi di ogni età, con mille cuori che battevano all’unisono al ritmo di un motore qualunque, adesso c’è un deserto silente, attraversato ogni tanto da qualche sparuta tribù di tuareg rossi.