“Sarà la Dakar più dura di sempre”: a soli 16 giorni dall’apertura delle ostilità sono ormai stati veramente in molti a sbilanciarsi con simili affermazioni, probabilmente non completamente a torto.
Difatti, già dalla pubblicazione del percorso, è stato possibile evincere come gli organizzatori abbiano sentito la necessità di alzare, e non di poco, l’asticella rispetto all’edizione 2016, che fu martoriata da innumerevoli problemi, realizzando il percorso più arduo da quando la corsa tradizionalmente europeo-africana ha fatto i bagagli per il Sudamerica nel 2009.
Il Percorso:
Il tracciato di gara prevede il compimento di circa 9000 km suddivisi in 12 terribili tappe che porteranno i corridori da Asuncion, capitale del Paraguay (che ospita la corsa per la prima volta nella storia) a Buenos Aires, capitale dell’Argentina passando per La Paz, capitale della Bolivia. Di questa distanza globale, a far fede per il tempo di gara saranno all’incirca 3500 km: sarebbe tuttavia errato affermare che la corsa sarà decisa solamente dal cronometro, poiché negli anni abbiamo potuto comprendere come i problemi di affidabilità siano dietro l’angolo in qualsiasi momento, aspettando solo di poterti rovinare la settimana della vita.
La corsa avrà inizio il 2 gennaio con la prima brevissima prova (454 km di cui 39 cronometrati) dal parterre di Asuncion fino a Resistencia, seguita il giorno successivo da un percorso ben più lungo (818 km, 275 cr) sebbene anch’esso non molto ostico dal punto di vista della difficoltà. La gara vera e propria comincerà mercoledì 4 gennaio a San Miguel de Tucumàn, da cui avrà luogo la salita infinita verso le vette andine che vedrà la sua conclusione due giorni dopo a Tupina, varcando il confine tra il Paraguay e la Bolivia in cui, con una delle tappe “monstre” che potrebbero già rivelarsi decisive, i corridori precipiteranno in picchiata verso Oruro (692 km, 447 cr).
La sfida successiva vedrà l’esordio delle dune desertiche, che verranno attraversate dalla carovana per la prima volta per raggiungere La Paz, in cui i corridori potranno finalmente avere una giornata per riposarsi o, se necessario, per effettuare riparazioni al proprio mezzo.
Le ostilità verranno riaperte lunedì 9 e vede inevitabilmente protagonista ancora una volta la sabbia, che dopo una notte ad Uyuni si trasformerà nuovamente in un arido terreno roccioso tipico delle Ande, sede della corsa per un ultimo giorno fino all’arrivo a Salta, oltre il confine argentino, per mezzo di una prova (892 km, 492 cr) completamente inedita che vedrà i piloti andare come folli in discesa sfidando il massimo dislivello affrontato in una sola giornata in quest’edizione della corsa (la partenza è a 3669 m slm, vengono toccate punte oltre i 5000 m per poi scendere verso il traguardo, posto a 1152 m).
Ma chi pensa che giungendo in Argentina in testa si vinca sicuramente la corsa si sbaglia di grosso: difatti lo Stato del Sud America ha molto da offrire alla corsa come immense distese ghiaiose spesso costituite da laghi prosciugati che, alternate ai deserti di sabbia vera e propria costituiranno l’inferno in terra per quanto riguarda l’affidabilità, sicuramente non più al top dopo oltre una settimana trascorsa ad altitudini estremamente elevate.
L’ultima tappa (786 km, 64 cr), da disputarsi sabato 14 gennaio, rappresenta una sorta di passerella finale passante per i ben più agevoli sterrati del WRC per arrivare a Buenos Aires, dove i vincitori del Raid più famoso al mondo saranno premiati con una coppa e l’inserimento nell’olimpo dei più grandi.
I Piloti:
Poiché nella nostra redazione non vi sono favoritismi di sorta, l’ordine con cui trattare le varie categorie è stato deciso da un democratico sorteggio.
Cominciamo dunque dalle moto: le case ufficiali che prenderanno parte alla competizione sono ben 4, ovvero KTM, Husqvarna, Yamaha e Honda. Le prestazioni dei mezzi delle varie squadre sono stimate essere pressoché identiche essendo alcune più adatte al deserto (le giapponesi) mentre altre prediligono le sassose salite andine (la austriaca e la svedese), perciò sarà quasi tutto in mano ai piloti: tra questi il favorito d’obbligo è il #1 Toby Price, vincitore la scorsa stagione e unico dei partecipanti ad aver già conquistato la corsa, essendo egli seguito al dominio ultradecennale di Marc Coma e Cyril Despres. L’ordine dei probabili vincitori segue il numero di gara, che peraltro fino al #10 rappresenta il piazzamento della stagione precedente, con il #2 Stefan Svitko ed il #3 Pablo Quintanilla sicuramente in grado di mettere in difficoltà il campione in carica. Da tenere assolutamente d’occhio il #6 Adrian Van Beveren, rider francese che durante questa stagione è cresciuto a vista d’occhio collezionando vittorie su vittorie in vari campionati enduro.
Altra categoria importantissima, anche più ricca della precedente per quanto le entries, è quella delle auto: nelle quattro ruote non si può nominare nessuno senza prima aver citato il #300 Stephane Peterhansel, detentore dell’evento e vincitore ben 12 volte in 2 categorie differenti (1991, 92, 93, 95, 97, 98 in moto, 2004, 05, 07, 12, 13, 16 in auto), che tenterà di conquistare la tredicesima a bordo della sua Peugeot 3008 DKR. A contendergli il primato ci sarà sicuramente il 2 volte vincitore (2011, 15) e #301 Nasser Al-Attiyah, balzato nelle scorse settimane agli onori della cronaca a causa del suo interessamento per le Volkswagen WRC, che tenterà di riprendersi il primo posto con la sua Toyota.
La sfavillante lista dei partecipanti prosegue con il #302 Giniel De Villers, conquistatore dell’edizione 2009 (oltre ad altri 6 podi in classifica generale) e compagno di team di Al-Attiyah, il #303 Mikko Hirvonen, mentre con il #304 si schiera il mitico rallista Carlos Sainz. Tra le varie leggende è inoltre impossibile non nominare il #307 Cyril Despres (5 volte vincitore in moto) ed il 9 volte campione WRC e #309 Sebastien Loeb, tra loro compagni di squadra in Citroen.
Nella categoria Trucks i favoriti sono molto più semplici da intuire, poiché nella prima categoria il collaudato trio DeRooy/Torrallardona/Rodewald a bordo della #500 partono senza reali rivali alla vigilia se non l’affidabilità del loro Iveco, mentre nei Quads il vincitore è impossibile da decifrare in una gara in cui manca il detentore, lasciando così probabilmente il #250 Rafal Sonik ed il #251 Ignacio Casale a disputarsi la vetta in quella che negli ultimi anni si è dimostrata essere di gran lunga la tipologia di veicoli dal risultato più incerto, con Raid spesso combattuti fino all’ultima speciale.
Degna di nota anche la primissima partecipazione degli UTV (Utility Task Vehicle), destinati probabilmente a ricoprire il ruolo di ultima categoria della carovana, nella quale è molto difficile fare pronostici essendo tali mezzi presenti quest’anno per la prima volta e guidati da piloti perlopiù sconosciuti.
Che tu sia automobilista, motociclista, camionista o quaddista, durante la Dakar ciò non è di alcun interesse. La natura cercherà sempre di fermarti, e tu dovrai ribellarti correndo, correndo, sempre più veloce, sul sottile filo che coniuga la morte e la gloria senza mai voltarti indietro fino al traguardo. Perché alla Dakar non è importante la vittoria contro i tuoi avversari, lo è quella contro le dune e la montagna: così quando giungerai all’arrivo allora sì, potrai guardarti indietro, e proclamare la tua vittoria.