Sono tra di noi, e sono ovunque. Nelle strade, nei parcheggi, nelle concessionarie. Premium, di media fascia, economici. Sportivi, eleganti, semplici. Sono tra di noi e sono ovunque, questi SUV compatti che da ormai diversi anni spadroneggiano in lungo e in largo nel mercato dell’automobile. Unendo le dimensioni e la praticità di una Segmento C con altezze da terra tipiche di mastodonti della strada di ben altra caratura, gli Sport Utility Vehicle formato mignon sono presenza costante dei listini del nuovo di tutte le Case automobilistiche che vogliano combattere ad armi pari con le proprie dirette concorrenti.
Se da un lato una simile abbondanza di modelli e varianti disponibili offre una vasta scelta a qualsiasi potenziale cliente, dall’altro un eccessivo proliferare di “cugine”, “nipoti” e “sorelle” di un’auto progenitrice rende più che concreto il rischio di un…appiattimento nel settore dell’automotive: condividendo pianali, motorizzazioni, interni e linee stilistiche, al giorno d’oggi sono davvero pochi i modelli che, all’interno del firmamento dei SUV compatti, riescono a brillare di luce propria grazie alla propria personalità. Ed uno di quei pochi – lasciatevelo dire da chi di piccoli SUV ne ha provati ormai diversi – è la Hyundai Kona.
Non ho scomodato casualmente, poche righe più sopra, il concetto di “personalità”. Personalità vuol dire spiccare, distinguersi, avere un carattere particolare che sia capace di renderci, se non indimenticabili, quantomeno difficili da scordare. E sotto questo punto di vista la Kona, sin da quando si mostra dinanzi ai vostri occhi, non ha probabilmente rivali all’interno del suo segmento. E’ verissimo, le sue linee potranno non piacere (anche se un sondaggio lanciato sulle Stories del nostro profilo Instagram ha detto il contrario), ma di certo sono uniche nel loro genere. Il taglio e la disposizione particolare dei gruppi ottici anteriori, gli elementi in plastica che cingono passaruota e paraurti, l’apertura orizzontale piazzata sul cofano proprio al di sopra della grossa calandra: sono tutti elementi di differenziazione netta rispetto alla massa, raccontano un voler essere qualcosa di diverso che permetta di distinguersi nella miscellanea di auto che popolano ogni giorno le nostre strade. Denotano, in una sola parola e per l’appunto, personalità.
Personalità che forse sì, nel modello che ho provato veniva messa in risalto dalle cromature sparse qua e là, dai cerchi satinati da 18″ – abbinati a pneumatici 235/45 – e dalla vezzosissima verniciatura arancione con il tetto brunito a contrasto, ma personalità che, in maniera indubbia, trasuda da ogni singola linea della Hyundai Kona, a volte capace di sembrare visivamente ancor più piccolo ed agile di quanto i suoi 4,1 m di lunghezza, 1,8 m di larghezza ed 1,5 m di altezza non dicano.
Incuriosito da queste peculiarità esteriori rimango quasi deluso quando, salendo a bordo del SUV compatto della Casa coreana, noto che quel voler essere sbarazzini ed innovativi sia rimasto un po’ lettera morta per quel che riguarda gli interni. Una volta seduto sulla Kona, infatti, mi pervade un senso di praticità e razionalità che smorza un po’ l’entusiasmo che il brio esteriore mi aveva trasmesso: tutto è fin troppo regolare, lineare e posizionato al posto giusto, con il numero adeguato di pulsanti fisici che consentono di gestire clima ed aiuti alla guida, un display touch-screen da 8″ a dominare la plancia e con il quadro strumenti che si rivela essere un mix non troppo moderno di elementi analogici – come contagiri e contakilometri – e minuzie digitali – vedasi il piccolo schermo multifunzione piazzato al centro. Guardandola esternamente ci si aspetterebbe qualcosa di eccentrico anche all’interno, ed invece quel qualcosa non c’è. C’è invece tanto, forse addirittura troppo raziocinio visto il biglietto da visita con cui la Kona si presenta dinanzi ai vostri occhi, ed i buoni materiali (fatta esclusione per alcune plastiche troppo dure) con cui è realizzato l’abitacolo non sono sufficienti per addolcire quel sapore un po’ amarognolo che sento in bocca.
Fortuna che poi, dopo aver posato mani e sguardo su linee esterne e materiali interni, mi decido a girare la chiave e ad accendere così il piccolo tre cilindri da 998 cc di cilindrata che si annida sotto al cofano: perché, seppur con soli 120 CV a sua disposizione, la Hyundai Kona una volta messa in moto riesce a restituirmi in men che non si dica tutta quella briosità che sembrava volermi trasmettere esternamente.
E’ brillante, reattiva, vivace: piacevole da guidare, in tutto e per tutto. A partire dal motore, quel piccolo turbobenzina che, con quel rumore caratteristico che solamente i propulsori tricilindrici possono vantare, sembra volermi regalare più emozioni di quante ve ne aspettereste dando solamente un’occhiata alle sue fredde specifiche tecniche. I 172 Nm di coppia che arrivano sin da 1.500 rpm sembrano infatti essere di più, e complice una massa a vuoto di appena 1.223 kg si rivelano sempre sufficienti a far riprendere velocità rapidamente alla piccola Kona: sempre briosa, il minuto SUV coreano è talmente pronto “in basso” da farsi più che perdonare la mancanza di verve “in alto” – lì dove i 120 CV erogati a 6.000 rpm sembrano pura utopia – e così affrontare un misto stretto con lei diventa un vero piacere. Le curve si susseguono ad un ritmo che mai avrei pensato potesse essere tenuto con questa Hyundai, e in più di un’occasione ho avuto la netta sensazione che massa, dimensioni e baricentro di un SUV compatto fossero totalmente scomparsi per far posto agli ingombri ed al peso di una Segmento C.
La Kona si muove agile, complici poi un cambio ed uno sterzo che sono perfetti per lei. La trasmissione, manuale a sei marce senza fronzoli e complicazioni, è ben rapportata, ha una corsa giusta e gli innesti rimangono piuttosto precisi anche quando la si strapazza tra le curve, mentre lo sterzo è estremamente comunicativo e permette sempre di sapere dove – e come – sto mettendo le ruote anteriori: il che, trattandosi il modello in prova della versione AWD, capite che sia particolarmente apprezzabile. Adeguati si rivelano (per mia fortuna) anche i freni, che pur non mettendo sul campo una forza frenante poderosa non hanno mai palesato eccessivi segni di fatica e che, in perfetta simbiosi con un ottimo assetto, permettono di affrontare le curve ad una velocità piacevolmente sorprendente.
La Kona copia infatti molto bene le imperfezioni e le asperità dell’asfalto, rivelandosi estremamente comunicativa e dandovi sin dai primissimi km una grande confidenza. Non si scompone quando in percorrenza decido di alzare il piede destro dal pedale dell’acceleratore, non tradisce quando freno a ruote anteriori non perfettamente dritte, non mi trasmette mai la sensazione di volermi abbandonare da un momento all’altro: in una parola, la Kona si dimostra sincera, stampandomi in faccia un sorriso che si allarga man mano che i km che scorrono sotto le ruote mi fanno capire quanto di buono ci sia al di sotto della arancionissima carrozzeria della piccola coreana.
Che non ha sacrificato sull’altare del comfort e del baricentro più alto il piacere di guida. Che nonostante la sua briosità ed il suo minuto propulsore riesce a far registrare un consumo medio di quasi 14 km/l. Che è disponibile anche con motori diesel, elettrici, 4 ruote motrici e cambio automatico. E che, oltre ad essere tutto questo, nell’allestimento pressoché full optional avuto dall’esemplare provato può essere portata a casa con 27.000 €. Non male, non trovate?
Ecco il video della nostra prova:
Foto: ASPhotography