Sono state le Frecce d’Argento ad imprimere il proprio marchio sul GP di Russia. In quel di Sochi infatti, in una corsa confusa e fortemente condizionata dalle neutralizzazioni per la Virtual Safety Car prima e per la Safety Car poi, quello che sembrava un equilibrio a favore delle Ferrari si è improvvisamente rovesciato fino a diventare del tutto favorevole alle Mercedes. Saranno quindi stati i due piloti delle W10 i migliori in pista? Oppure l’aver centrato un’altra doppietta non sarà bastato per essere più bravi dei propri colleghi?
LEWIS HAMILTON – 8. Non disputa una corsa da ricordare negli annali, ma il suo il #44 ce lo mette sempre. Guastafeste in qualifica per le Ferrari, anche in gara riesce a mettere pressione sulla coppia delle SF90 non mollando mai la presa anche di fronte al ritmo forsennato messo in mostra da Vettel. Senza VSC probabilmente non avrebbe vinto, ma ha il merito di farsi trovare sempre pronto e di non sbagliare nulla. Ancora una volta.
VALTTERI BOTTAS – 5. La seconda posizione – piombatagli tra le mani dopo la seconda sosta di Leclerc – non salva la sua prestazione estremamente sottotono. Su quella che un tempo era una delle sue piste preferite, è più lento persino di Verstappen in qualifica e nelle fasi iniziali della gara non ne ha per stare con i primi tre. Davvero poca roba per uno che ad inizio anno pareva intenzionato a voler sfidare Hamilton.
CHARLES LECLERC – 7,5. Sontuoso nelle qualifiche, è ligio ai propri doveri lungo gli oltre 800 metri che dal via portano fino a Curva 2. Non tiene fede alle promesse di silenzio via radio fatte dopo Singapore, ma si può anche immaginare come non gli facesse troppo piacere veder andare via Vettel. Tornato davanti al #5 dopo il pit, vede sfuggirgli il 1° posto per via della VSC e a quel punto decide di tentare il tutto per tutto con quella sosta – che lo rende 3° – fatta per montare le Soft. L’azzardo non paga, e dell’ottimo stato di forma mostrato da lui e dalla Ferrari a Sochi non resta altro che un terzo posto piuttosto insipido.
MAX VERSTAPPEN – 7. Parte 9°, finisce ai piedi del podio: direi che gli ingredienti per una domenica tutto sommato positiva – viste le premesse – ci siano tutti. Si ritrova tra le mani una Red Bull che probabilmente non è così efficace come avrebbe voluto, ma non si perde d’animo e fa comunque tutto quello che può con quello che ha. Stavolta, però, manca l’acuto.
ALEXANDER ALBON – 9. Raddrizza un weekend disastroso con una gara decisamente ottima, che lo porta immediatamente alle spalle del compagno di team nonostante una partenza dalla pit lane. Non commette errori nei sorpassi, sfrutta bene assieme al muretto l’ingresso della Safety Car e porta così a casa – con merito – un risultato in cui forse neppure lui sperava troppo alla vigilia.
CARLOS SAINZ – 7,5. Il #55 mette in mostra un’altra gara solida. Scatta in maniera esemplare al via – decidendo di non tentare l’affondo su Hamilton in Curva 2 -, tiene un ritmo costante indipendentemente dal tipo di mescola utilizzata ed alla fine è costretto a piegarsi solamente al ritorno di Albon, sulla carta dotato di una monoposto più veloce della sua.
SERGIO PEREZ – 8. Le 5 posizioni guadagnate rispetto al via la dicono lunga su come il messicano riesca a far funzionare molto bene la propria RP19 in gara. Non sbaglia nulla pur sgomitando costantemente a centro gruppo, e come al solito gestisce alla perfezione le gomme. Ha la meglio su Stroll nello scontro diretto, ma ormai non fa più notizia.
LANDO NORRIS – 7. Stava disputando un weekend sugli stessi livelli del proprio compagno di squadra, ma l’ingresso della VSC subito dopo la sua sosta consente a chi lo inseguiva di perdere meno tempo ai box e quindi di sopravanzarlo. A quel punto, perso il contatto con Sainz, non ne ha per riprendere chi lo precede. Chiude 8° anche grazie ai 5″ di penalità comminati a Magnussen, ma la sensazione è che con un pizzico di fortuna in più avrebbe potuto chiudere più avanti.
KEVIN MAGNUSSEN – 8. Mezzo voto in più di incoraggiamento, perché era da tempo che non si vedeva il danese mettere in scena una gara combattiva – ma allo stesso tempo corretta – come quella vista in Russia. Scattato da una ben poco esaltante 14^ posizione, il #20 lotta con il coltello tra i denti per tutta la gara, e gli ottimi tempi fatti segnare di pura rabbia dopo l’ufficialità dei 5″ di penalità gli consentono di conservare la 9^ posizione su Nico Hulkenberg. Quando corre così è un ottimo pilota. Peccato che capiti raramente.
NICO HULKENBERG – 6. “Tutto quello che poteva andare storto è andato storto”, dice mogio mogio il #27 una volta terminato il GP. Ed effettivamente ha ragione, perché il tempo perso al pit e la VSC chiamata in causa proprio dopo quella sosta a rilento di certo non hanno fatto bene alla sua gara, già comunque complicatasi a seguito di una partenza non proprio felice. Chiude con un punticino un GP che forse immaginava leggermente diverso.
LANCE STROLL – 6,5. Anche lui guadagna diverse posizioni rispetto al posto occupato in griglia, ma a differenza del suo compagno di team il canadese non riesce a chiudere in zona punti. Soffre molto per via del traffico, non riuscendo a gestire quelle gomme che alla ripartenza dalla Safety Car lo lasciano disarmato di fronte a Nico Hulkenberg, e pur non commettendo errori neppure stavolta riesce ad esaltare davvero.
DANIIL KVYAT – 8. Visto il modo in cui era iniziato il suo weekend, riuscire a vedere la bandiera a scacchi potrebbe essere considerato già un ottimo risultato. Scattato dal fondo dello schieramento, mette in mostra un discreto passo gara (forse galvanizzato anche dal tifo casalingo) e riesce anche a risalire discretamente la china. Dà vita a parecchi duelli a centro gruppo, ed alla fine della fiera la 12^ posizione è anche un discreto risultato: data la sua posizione di partenza e la velocità messa in mostra dalla Toro Rosso in Russia, fare di più sarebbe stato oggettivamente fuori portata.
KIMI RAIKKONEN – 4. Incappa nel più classico degli orrori al via, commettendo una falsa partenza che si traduce in stallo nel tentativo di mettere una pezza ad un errore comunque sanzionato. Ultimissimo dopo il patatrac, non riesce a rimettere in piedi la propria corsa neppure tramite VSC ed SC e chiude mestamente 13°. Da qualche gara sembra quasi che abbia spento la luce: che abbia già iniziato a pensare al 2020?
PIERRE GASLY – 5. Dopo una qualifica tutto sommato positiva, il #10 si perde tra i cordoli di Sochi e non riesce a concretizzare quello che apparentemente sembrava il buon potenziale della Toro Rosso. Incapace di tenere il ritmo dei primi dieci, scivola pian piano indietro in classifica fino a farsi sopravanzare – al termine di un bel duello – da Kvyat, che gli partiva ben alle spalle. Peccato, perché fino a sabato il suo pareva essere un weekend interessante.
ANTONIO GIOVINAZZI – 6,5. Scattato molto bene al via, il #99 guadagna subito alcune posizioni riuscendo ad entrare in zona punti. Parrebbe il preludio ad un’altra gara positiva, ma la sua Alfa Romeo finisce nel sandwich di Grosjean e Ricciardo ed a quel punto per Antonio il GP di Russia si trasforma in incubo: chiamato ad un pit ampiamente anticipato – dal quale esce oltretutto con delle gomme Hard ben poco utili in quel di Sochi -, si ritrova tra le mani un’auto danneggiata che lo spedisce sempre più indietro in classifica fino a farlo terminare addirittura ultimo. Peccato.
ROBERT KUBICA – 5. Sempre alle spalle di Russell, il polacco si limita a vagare con la sua FW42 tra i muretti di Sochi fin quando la sua scuderia, temendo che un eventuale incidente possa causare la rottura di pezzi privi di ricambi, non decide di ritirarlo preventivamente. Serve davvero aggiungere altro?
GEORGE RUSSELL – 6,5. Lui il suo lo fa, nel senso che non consente a Kubica di mettergli le ruote davanti. Ma tra le mani ha pur sempre una Williams, e dunque più che veleggiare nelle ultime posizioni il #63 proprio non riesce a fare. Il problema tecnico che lo costringe al ritiro mette forse provvidenzialmente fine ad un’altra gara di sofferenza.
SEBASTIAN VETTEL – 8. Ancora una volta sottotono in qualifica, parte benissimo e mette in scena una prima parte di gara fenomenale. Rispedito alle spalle di Leclerc dal muretto Ferrari, sembrava avere tutte le carte in regola per insidiare la leadership del monegasco in pista: la parte ibrida della sua SF90 lo abbandona però proprio sul più bello, ed è costretto quindi a sventolare bandiera bianca ben prima di quanto lui stesso avrebbe voluto.
DANIEL RICCIARDO – 5. L’unica colpa del #3 – peraltro da lui stesso ammessa – è quella di non essere riuscito a qualificarsi in una posizione migliore in modo tale da poter evitare il caos delle prime fasi. Per il resto, l’incidente di gara che lo vede coinvolto senza particolari responsabilità assieme a Giovinazzi e Grosjean gli taglia gambe e speranze di far bene, causandogli una foratura e danni al fondo. A quel punto, la sua Renault diventa inguidabile ed il team opta ragionevolmente per un mesto ritiro anticipato.
ROMAIN GROSJEAN – 6,5. Leggasi quanto scritto poco più sopra per Daniel Ricciardo. Autore di una qualifica più che discreta, il #8 pareva finalmente in grado di esibirsi in una buona prestazione visto il ritmo mostrato dalle Haas. Tutto sfuma però dopo poche centinaia di metri, quando si ritrova ad essere il pilota che ha la peggio nel crash assieme al #3 ed al #99. Stavolta fa bene a recriminare, perché vista la gara di Magnussen il potenziale per far bene c’era eccome.