Immaginate per qualche secondo di essere un Commissario di Gara della Dakar. Siete al bivacco, ormai è notte da qualche ora e state aspettando che arrivino al traguardo i piloti che partono in seconda griglia. E’ tutto il giorno che vedete arrivare le auto più disparate, e da tutte avete visto scendere, dopo kilometri e kilometri di folle corsa tra nuvole di sabbia e nugoli di sassi, due persone: un pilota ed un navigatore. Siete talmenti assuefatti a questa routine che, quando arriva il Ford Raptor T2 dell’R Team di Renato Rickler, quasi non fate caso al numero che porta stampato sulla fiancata: 362. Vi girate, un po’ annoiati perché è una scena che in fondo avete visto ripetersi per parecchie volte nel corso di quella stessa giornata, e all’improvviso strabuzzate gli occhi. Dal Raptor scendono sì due persone, ma una delle due corre subito a prendere una carrozzina, ed è solo in quel momento che scende anche il pilota. Perché sì, il Ford Raptor 362 ha tre membri dell’equipaggio. Ed uno di loro è Gianluca Tassi, il pilota umbro disabile che lotta per portare a termine un’impresa che è già epica.
Che le due settimane della Dakar non sarebbero state semplici, per Gianluca e gli altri due membri dell’equipaggio – il fido navigatore Massimiliano Catarsi e l’amico Alessandro Brufola Casotto che si occupa dell’assistenza -, lo si era capito sin dalla presentazione del percorso dell’edizione 2017. L’altitudine elevatissima, così come le temperature desertiche e gli improvvisi acquazzoni, preoccupavano non poco l’equipaggio del Raptor #362, ovviamente chiamato a far fronte ad esigenze diverse rispetto a quelle di tutto il resto dello schieramento di partenza. Ma ciò non è bastato a frenare l’entusiasmo, la grinta e la voglia di rivalsa di Gianluca, che vuole vedere la bandiera a scacchi della Dakar dopo aver dovuto abbandonare anzitempo l’edizione del 1999, che lo vide partecipare in sella ad una Cagiva prima che una clavicola fratturata lo costringesse al ritiro.
Perché, come per la PanDAKAR, l’obiettivo principale dell’equipaggio #362 è riuscire a vedere l’agognato traguardo di Buenos Aires. Attenzione però, ho detto “principale”, non “unico”. Perché è vero che Gianluca vuole arrivare fino in fondo, ma è altrettanto vero che non si accontenterà di certo di svolgere un ruolo da comprimario. E la Classifica Generale al termine del Day 8 non fa che confermare quest’attitudine: Tassi è 46° assoluto, a 25:58’36” di ritardo dal leader Peterhansel, ma ha dietro di sé non solo il suo compagno di Team Scandola, ma anche altri 15 piloti normodotati che, sulle dune e le pietraie di questa prima settimana di Dakar, non sono riusciti ad avere lo stesso ritmo di Gianluca. La differenza, probabilmente, è stata fatta nel corso delle prime giornate, caratterizzate da parecchie difficoltà dal punto di vista della navigazione, nel corso delle quali Tassi ha potuto far valere la sua esperienza da corridore solitario in epoche in cui i GPS non erano accurati come ora per lavorare in sinergia con il fido Catarsi, riuscendo a guadagnare tempo prezioso proprio lì dove gli altri lo perdevano.
Il doppio turno di riposo di cui i piloti hanno potuto godere, grazie alle avverse condizioni climatiche boliviane, ha permesso all’equipaggio del Raptor #362 di fare un po’ il punto della situazione circa la settimana di gara appena trascorsa. “E’ stato un rodaggio piuttosto intenso” – ha dichiarato Massimiliano Catarsi nel corso di un’intervista rilasciata ai microfoni di Motorsport.com – “abbiamo sofferto molto il caldo durante i primi giorni, ma poi con il passare del tempo abbiamo trovato un discreto feeling in macchina, soprattutto dopo che Gianluca si è ripreso dallo stress e dal caldo iniziali”. “Nel Day 2 c’erano 47° gradi all’esterno, quindi vi lascio immaginare quale potesse essere la temperatura all’interno dell’abitacolo“, ha confermato nel suo comunicato stampa Tassi, che negli ultimi giorni se l’è anche dovuta vedere con qualche linea di febbre e con un colpo di calore che non ne hanno però minimamente scalfito la determinazione. Il pilota perugino si dice soddisfatto del mezzo, che nonostante la mole imponente ha retto bene sia alle alte altitudini sia sui numerosi passaggi di dune, dove gli interventi di assistenza meccanica sono stati finora minimi. Ma la fatica, nonostante le tappe siano state prive di particolari problemi, si fa sentire per tutti. “Si dorme poco” – prosegue Gianluca – “a volte non più di due ore a notte, soprattutto noi piloti in seconda griglia di partenza che iniziamo a gareggiare dopo ed arriviamo la notte. E’ dura tenere questi ritmi“. Gli fa eco Alessandro, il ragazzo che accompagna Gianluca e Massimiliano con l’incarico di supportare ed assistere durante la gara il pilota umbro: “Una volta arrivati al bivacco, dopo una giornata di gara, per me ne inizia una seconda, e non è sempre facile. Il meteo poi complica ulteriormente le cose, perché per esempio l’altra sera, con la pioggia, è stato tutto più difficile”. Ma il morale dell’equipaggio è alto, soprattutto perché c’è soddisfazione nella consapevolezza di essere passati indenni attraverso tappe che hanno fatto vittime ben più illustri, partendo da Sainz ed arrivando ad Al-Attiyah. “Sono stanco, ma sono anche contento” – continua Alessandro – “e voglio assolutamente arrivare alla fine. Bisogna arrivare a Buenos Aires“.
E così come Alessandro, anche Gianluca e Massimiliano hanno ben chiaro l’obiettivo. La prima tappa Marathon (priva di assistenza notturna, ndr), quella del Day 8 che ha portato i piloti da La Paz ad Uyuni, è stata accorciata di parecchio a causa delle difficili condizioni meteorologiche che hanno reso impraticabile il tracciato, e questo è stato sicuramente un vantaggio per tutti. Ma la Dakar è una gara infida, che può tradire in ogni momento, e quindi l’attenzione e la concentrazione non possono scemare mai. Gianluca, Massimiliano ed Alessandro, questo, lo sanno bene. E si preparano a dare il massimo nel corso dei prossimi giorni, quando le Speciali – meteo permettendo – torneranno ad avere un kilometraggio importante, superiore anche ai 400 km. “Superate le prossime tre tappe” – conclude infatti Gianluca – “potremo gestire al meglio la parte finale della Dakar“.
Ed arrivare così, dopo due settimane intense fatte tanto di sacrifici e sofferenze quanto di gioie e soddisfazioni, fino in Argentina, fino a Buenos Aires. Fino a veder sventolare, davanti ai loro occhi, una bandiera a scacchi che li consacrerebbe per sempre nella Storia della Dakar.