L’Hungaroring sembrava potesse essere una pista alleata della SF23, ma la qualifica e un passo meno convincente del previsto hanno confermato la rossa come quarta forza
La coperta della SF23 pare essere abbastanza corta. Se Vasseur aveva affermato alla vigilia del GP ungherese che la monoposto di Maranello avrebbe potuto lottare per un risultato ben migliore, vale la pena analizzare come troppo spesso in questa stagione il TP francese si sia aspettato performance migliori rispetto quanto poi è stato riscontrato in pista.
Questo fattore non è da classificarsi come una “mancanza” di Vasseur, ma più nel profondo come i sistemi di simulazione utilizzati in GES non siano tarati adeguatamente e forniscano talvolta informazioni troppo buone rispetto al reale funzionamento della macchina.
Vedendo il passo complessivo, quello della Rossa non è stato poi così male: ha retto in modo dignitoso il confronto con Mercedes a parità di gomma nel primo stint, dove i tempi di Hamilton e di Leclerc si sono equivalsi, perdendo solamente nell’ultimo stint per via della differenza di mescola (Hamilton su media e Leclerc/Sainz su dura). Rispetto a McLaren situazione identica, con l’unica differenza del calo consistente di Piastri nell’ultimo stint su medie, a cui le due rosse guadagnavano dai 6 ai 9 decimi al giro.
Scrutando attentamente i dati della telemetria lungo l’intera gara disputata da Sainz e Leclerc, si evince come una concreta mancanza di performance a centro curva (specialmente nei curvoni veloci a lunga percorrenza) penalizzi fortemente Ferrari nei confronti delle dirette rivali, specialmente contro la risorta McLaren.
Tutto il gap accumulatosi nel corso della gara contro i rivali di Woking è da ricercarsi nel terzo settore di ogni tornata: fino a quel punto, la Rossa ha retto bene il confronto sia con Mercedes che con McLaren, ma giunta alle uniche curve veloci il gap accumulato era ben maggiore rispetto al vantaggio preso da Ferrari nelle pur buone fasi di frenata e trazione, doti indiscusse di cui può ancora far vanto la SF23.
La macchina era ben guidabile, ma semplicemente lenta. Segno di come i piloti debbano necessariamente scendere ad un compromesso sulla guidabilità per ovviare alla mancanza di velocità.
Si può vedere chiaramente dalla mappa come i micro-settori a favore del monegasco nei confronti di Norris siano tutti nelle zone di trazione e frenata, merito delle buone doti dell’impianto frenante Ferrari e della buona strategia di deployment dell’ERS (il modo in cui la parte elettrica distribuisce la coppia aggiuntiva durante il giro), assieme al turbocompressore di dimensioni inferiori della PU Ferrari.
Ma per quanto la SF23 perda in qualunque percorrenza di curva, le buone doti in queste due fasi non bastano a compensare la particolare mancanza nei curvoni veloci, dove le frenate sono ristrette e le accelerazioni altrettanto. In questa fase conta parecchio la piattaforma telaistica ma specialmente aerodinamica, in cui il fondo ha un ruolo particolarmente importante, elemento su cui Vasseur si è espresso in modo critico riguardo alla sofferenza di esso al vento trasversale (ed è una cosa di cui vi parliamo da parecchio tempo, come potete leggere qui: Ferrari: problemi di “fondo”?)
Ferrari è stata l’unica scuderia ad abbandonare il doppio T-Tray, elemento che consentiva una generazione anticipata del vortice nel canale più interno dell’ingresso Venturi per adottare un fondo più “piatto”, capace di ospitare una struttura vorticosa di diametro complessivamente minore.
Non resterà che aspettare le gare successive per vedere come il team di Maranello porrà rimedio a questa situazione, che rischia di condizionare gravemente anche lo sviluppo della vettura per la prossima stagione se non compresa in tempi brevi.